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I Galati erano una popolazione di origine celtica che si era stabilita intorno al terzo
secolo a. C. in una regione più o meno estesa del centro dell'Asia Minore, corrispondente per
sommi capi all'attuale Turchia. Centro nevralgico di questa regione era la città di Ancyra
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(oggi Ankara), che nel 25 a. C. divenne la capitale della provincia romana della Galazia .
Ci sono diverse ipotesi sulla collocazione esatta del territorio in cui vivono i destinatari
della Lettera, anche perché la provincia galatica era molto estesa, affacciandosi sul
Mediterraneo a sud e arrivando quasi al Mar Nero, a nord. C'era dunque la Galazia del nord o
1 Cfr. U. VANNI, voce Galati (lettera ai), in P. ROSSANO-G. RAVASI-A. GIRLANDA (a cura di),
Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1996, p. 561. 2
settentrionale, quella propriamente detta, e quella del sud, che comprende anche la Pisidia, la
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Licaonia, il Ponto e l'Armenia minore . La maggior parte degli studi propende per la prima
ipotesi, e cioè che i destinatari della lettera fossero gli abitanti della regione settentrionale
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corrispondente al triangolo Ancyra-Pessinunte-Tavio, ossia i Galátai propriamente detti .
Queste comunità appartenenti “alle chiese della Galazia” (Gal 1,2) sono sorte grazie
all'opera evangelizzatrice di Paolo nel suo secondo viaggio missionario, dove si trattenne più
del previsto a causa di una malattia. Quando lasciò quei territori, le comunità erano molto
fiorenti; anche in un successivo terzo viaggio missionario, come raccontano gli Atti (18,23),
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Paolo potè constatare che questi fedeli perseveravano nel loro cammino di fede .
2. Occasione e data dello scritto
Secondo le ipotesi più accreditate, la Lettera fu scritta durante il soggiorno di Paolo ad
Efeso, nel 54-55 d. C.. C'è anche chi la colloca nei due anni successivi, 56-57, in questo caso
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quando l'autore si trovava in Macedonia e Corinto . In ogni caso, è certo che risale al suo
terzo viaggio missionario.
La lettera fu dunque scritta dopo aver appreso della presenza di alcuni missionari
itineranti provenienti da Gerusalemme, che si erano infiltrati nelle chiese della Galazia e con
la loro predicazione avevano messo in dubbio l'apostolato del loro predecessore, gettandovi
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discredito e condannandone il metodo. Questi affermavano, ad esempio, che Paolo non
avesse ricevuto alcuna investitura ufficiale da parte delle autorità della Chiesa, che facevano
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capo al gruppo dei dodici apostoli .
Si trattava dei cosiddetti “giudaizzanti”, giudei convertiti al cristianesimo, che
sostenevano la necessità della legge mosaica e di tutto il contesto giudaico – a cominciare ad
2 Cfr. R. FABRIS, Introduzione alla lettura di Paolo, Istituto Superiore di Scienze Religiose 'Ut unim
sint', Roma 1985, pp. 136-137.
3 Cfr. U. VANNI, voce Galati (lettera ai), in P. ROSSANO-G. RAVASI-A. GIRLANDA (a cura di), op.
cit., p. 561.
4 Cfr. U. VANNI, voce Galati (lettera ai), in P. ROSSANO-G. RAVASI-A. GIRLANDA (a cura di), op.
cit., p. 561.
5 Cfr. P. DEBERGÉ-J. NIEUVIARTS (a cura di), Guida di lettura del Nuovo Testamento, EDB, Bologna
2009, p. 19. Vedi anche F. BIANCHINI, Lettera ai Galati, Cittá Nuova, 2009.
6 Cfr. R. FABRIS, Introduzione alla lettura di Paolo, op. cit., p. 139.
7 Cfr. Cfr. P. DEBERGÉ-J. NIEUVIARTS (a cura di), Guida di lettura del Nuovo Testamento, op. cit., p.
19. 3
esempio dalla circoncisione –, per poter essere dei veri cristiani. Mentre Paolo aveva invece
indicato nella fede e nel battesimo la via diretta per arrivare a Cristo, senza la necessità di
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sottostare alle norme e alle pratiche giudaiche . In sostanza, a dire dei giudaizzanti, si trattava
di un vangelo del tutto soggettivo, che per essere accettato facilmente dai pagani (cfr. Gal
1,10) era stato ammorbidito nei suoi dettami. In ogni caso, la presenza dei nuovi missionari
aveva senz'altro provocato un forte turbamento spirituale nelle popolazioni di quei territori.
Anche perché la “legge” rappresentava una modalità di verifica umana a differenza della sola
fede, e quindi se da una parte poteva rappresentare un “peso”, dall'altra era anche un elemento
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di “garanzia” e sicurezza .
Paolo reagisce con forza e, potremmo dire, veemenza alle accuse e all'operato
destabilizzante dei giudaizzanti, riproponendo e difendendo sia la sua identità di apostolo
quanto la validità del vangelo da lui proclamato. Lo stile, il tono e le argomentazioni che
l'Apostolo utilizza sono anche una certificazione dell'autenticità del testo e del fatto che a
scriverlo sia stato realmente lui.
3. Suddivisione e contenuto
La Lettera, come è facile evincere, è suddivisa in sei capitoli, ma le parti che la
caratterizzano sono sostanzialmente cinque, come propone Vanni. C'è l'indirizzo di saluto (1)
– dove tra l'altro non vi è traccia del ringraziamento abituale che l'Apostolo rivolge ai suoi
destinatari –, la presentazione dell'argomento oggetto della missiva (2), riferimenti
autobiografici per avvalorare la sua “autorità” (3), l'insegnamento dottrinale vero e proprio
con le conseguenti esortazioni etiche (4) e la conclusione, con un saluto vergato di propria
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mano, in cui questa volta si rivolge ai Galati in maniera più distesa chiamandoli “fratelli” .
Questa suddivisione può essere a sua volta racchiusa in due grandi tappe, come
argomenta invece Fabris. Una prima parte, in cui si evidenzia che all'origine della missione di
Paolo e al centro del suo messaggio c'è Gesù Cristo (cfr. Gal 1,1-2,21), e una seconda parte,
dove lo stesso Messia rappresenta il compimento del progetto salvifico di Dio – dalla
promessa fatta da Abramo (cfr. Gal 3,6-14) al compimento della salvezza stessa (cfr. Gal 4,1-
8 Cfr. U. VANNI, voce Galati (lettera ai), in P. ROSSANO-G. RAVASI-A. GIRLANDA (a cura di), op.
cit., p. 561.
9 Cfr. Ibidem.
10 Cfr. U. VANNI, voce Galati (lettera ai), in P. ROSSANO-G. RAVASI-A. GIRLANDA (a cura di), op.
cit., p. 562. 4
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7) . Altri autori, come ad esempio Betz, propongono una suddivisione diversa della Lettera,
facendola appartenere al genere giudiziario dell'apologia e attribuendole uno schema che
corrisponderebbe ai modelli della retorica antica: exordium (introduzione), narratio
(descrizione del problema), probatio (le riflessioni sulla discendenza di Abramo), exortatio
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(“Cristo ci ha liberato perché restassimo liberi”, Gal 5,1) e conclusio (saluti finali) . Questa
attribuzione, però, ha il grosso limite di considerare il testo paolino esclusivamente come
discorso apologetico, quanto invece ciò ne costituisce – come vedremo tra poco – soltanto una
delle parti.
Entrando nel merito del contenuto, già sin dall'indirizzo di saluto Paolo si definisce
apostolo “per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre” (Gal 1,1) e non da parte di uomini,
rivendicando così la sua autorità al pari dei Dodici. Ciò gli concede il diritto a dirsi in qualche
modo “sorpreso” per la deriva in cui era occorsa la comunità di Galazia, che aveva
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abbandonato “così in fretta” il vangelo di Cristo per seguire “un altro vangelo” (1,6) . Invece,
afferma Paolo, il vangelo è uno soltanto ed è quello da lui annunciato, il quale “non segue un
modello umano” (1,11) e gli è stato rivelato direttamente da Gesù Cristo (cfr. 1,12).
Per avvalorare queste tesi, Paolo fa anche dei riferimenti autobiografici, come il
racconto dell'incontro avuto con Cefa e con le persone più autorevoli della comunità di
Gerusalemme (cfr. 1,18-24), o di quando vi ritornò quattordici anni dopo portandosi anche
Tito, al quale, pur essendo greco, non gli fu imposto di farsi circoncidere (cfr. 2,1-6). Un
ultimo episodio autobiografico raccontato riguarda la sua opposizione “a viso aperto” a Pietro
ad Antiòchia, il quale aveva assunto un atteggiamento incoerente visto che, “per timore dei
circoncisi”, cominciò a non prendere più il cibo insieme ai pagani (2,11-14).
La successiva parte della lettera (3,1-5,12) è prettamente dottrinale e presenta i
principali tratti caratteristici dell'insegnamento paolino. Come ad esempio, che la
giustificazione viene dalla fede e non dalle opere della Legge. Abramo, infatti, fu benedetto a
motivo della sua fede e la promessa della ricompensa (poi mantenuta) – e non la Legge –
rappresenta la garanzia dell'eredità e della discendenza avuta. Quanto alla Legge, invece,
questa fu introdotta “a motivo delle trasgressioni” (3,19) prima della venuta di Cristo, il quale
Cfr. R. FABRIS, Introduzione alla lettura di Paolo, op. cit., pp. 140-141.
11 Cfr. P. DEBERGÉ-J. NIEUVIARTS (a cura di), Guida di lettura del Nuovo Testamento, op. cit., p.
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408. Vedi anche G. THEISSEN, Il Nuovo Testamento, Carocci, Roma 2003.
Quando non diversamente specificato, i riferimenti in parentesi si riferiscono sempre a Galati (Gal).
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ha riscattato il popolo dalla maledizione della stessa, “diventando lui stesso maledizione per
noi” (3,13). In altre parole, la Legge “è stata per noi come un pedagogo” (3,24), del quale,
venuto Cristo, non se ne ha più bisogno. .
L'altro argomento è quello della filiazione divina dell'uomo, che “si realizza quando
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Dio, nella pienezza dei tempi, invia il proprio Figlio e dà il dono dello Spirito (4, 1-7)” . Ma
poiché i Galati hanno perso la fede, Paolo afferma di doverli partorire di nuovo nel dolore,
“finché Cristo non sia formato” in loro (cfr. 4,19). Detto ciò, chiarisce che riporre le proprie
speranze nella circoncisione (“nella Legge”) equivale ad essere “decaduti dalla grazia” e
quindi a porsi nuovamente sotto “il giogo della schiavitù”, che invece Cristo ha spezzato con
il Suo sacrificio (cfr. 5,1-4).
Vi sono poi le esortazioni etiche che occupano tutta la quarta parte (5,13 – 6,10).
Innanzitutto, la libertà alla quale si è stati chiamati non deve diventare “un pretesto per la
carne”, ma la condizione per realizzare il comandamento dell'amore: “Amerai il tuo prossimo
come te stesso” (5,13-14). La vita nello Spirito, infatti, porta a una costante vigilanza su se
stessi (cfr. 6,1), a portare “i pesi gli uni degli altri” (6, 2) e a operare “il bene verso tutti”
(6,10). Diversamente, la carne “ha desideri contrari allo Spirito” e chi compie queste opere
(fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, ec