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L’estrema flessibilità della nuova S.r.l., rappresenta la caratteristica e lo
strumento fondamentale per la gestione dell’impresa collettiva e consente a
ciascun imprenditore o gruppo di imprenditori di ritagliarsi la propria veste
societaria come un abito su misura.
Peraltro, la sinteticità della normativa richiede l’intervento del professionista per
meglio prevedere le esigenze dei soci e superare così eventuali criticità.
1.4 L’attività di impresa
Il Codice Civile non fornisce la definizione di «impresa» ma quella di
«imprenditore» (art. 2082 c.c.).
«È imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata
al fine della produzione o dello scambio di beni e di servizi».
È evidente che l’attività di cui sopra (economica, organizzata, diretta alla
produzione o allo scambio di beni e di servizi, esercitata professionalmente) non è
altro che l’“impresa”. Quest’ultima viene perciò definita come l’attività esercitata
dall’imprenditore.
In base alla precedente definizione risulta chiaro che, affinché vi sia impresa,
devono ricorrere le seguenti condizioni:
- l’esercizio di una attività economica diretta alla produzione o allo scambio
di beni e di servizi;
- l’organizzazione dell’attività;
- la professionalità.
1.4.1 Le caratteristiche dell’impresa
Esercizio di un’attività economica diretta alla produzione o allo scambio di beni e
di servizi: l’attività economica è un’attività diretta alla creazione di nuova
ricchezza, non solo attraverso la produzione di nuovi beni ma anche aumentando
il valore di quelli esistenti (commerciandoli o in altro modo). Non rientrano in
questa definizione le attività culturali, intellettuali o sportive: ad esempio lo
scrittore, lo scienziato, il calciatore non sono considerati imprenditori.
1.4.2 Organizzazione dell’attività
L’attività economica si considera «organizzata» - e può assumere quindi
caratteristiche d’impresa - quando è svolta attraverso un’«azienda».
In proposito il Codice Civile (art. 2555) definisce l’azienda come il «complesso
dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa»: macchinari,
impianti, attrezzature, locali, arredi, ecc., o più genericamente capitali. Tuttavia
oltre che di capitali l’azienda è fatta anche di lavoro, cioè di risorse umane,
ognuna con una propria funzione, coordinate e dirette dall’imprenditore.
L’organizzazione assume un ruolo determinante nell’esercizio dell’attività;
infatti, se quest’ultima è esercitata con strumenti modesti e senza ricorrere al
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lavoro altrui non potrà essere considerata attività organizzata (e non potrà quindi,
in questo senso, considerarsi impresa).
1.4.3 La professionalità
La professione è l’esercizio abituale e prevalente di un’attività: per
«professionalità» s’intende quindi la sistematicità, la non sporadicità dell’attività
esercitata. Ad esempio, uno studente che occasionalmente faccia lezioni a studenti
di scuole inferiori non svolge attività professionale, quindi non è considerato
imprenditore.
Non è necessario, invece, che l’attività sia svolta ininterrottamente: una attività
stagionale, quando sia esercitata in forma organizzata al fine della produzione o
dello scambio di beni e servizi (per esempio la gestione di uno stabilimento
balneare) costituisce attività d’impresa.
In genere, il requisito della professionalità implica anche lo «scopo di lucro», che
in senso stretto è l’intento di ottenere dei ricavi superiori ai costi e conseguire
quindi un utile.
1.4.4 Quando l’attività non è imprenditoriale
Quando si presenta:
- con un fine non economico (ad esempio un circolo bocciofilo);
- non organizzata tramite un’azienda (ad esempio un fotografo ambulante
con un’attrezzatura modesta);
- esercitata non in forma professionale (ad esempio delle ripetizioni private
a tempo perso);
pertanto non si è in presenza di attività economica.
Gli enti che hanno un obiettivo non economico quale quello morale, ricreativo,
culturale, sportivo, scientifico, ecc., sono inquadrati in apposite figure giuridiche
(«Associazioni», «Fondazioni», ecc.).
1.4.5 L’imprenditore secondo il Codice Civile
Il Codice Civile distingue tre figure fondamentali di imprenditore:
- imprenditore commerciale (art. 2195 c.c.);
- imprenditore agricolo (art. 2135 c.c.);
- piccolo imprenditore, di cui l’imprenditore artigiano rappresenta la figura
più tipica (art. 2083 c.c.).
Le prime due figure vengono individuate in base al genere di attività; la terza in
base alle dimensioni e alle caratteristiche aziendali.
Queste distinzioni non sono puramente accademiche: appartenere all’una o
all’altra di queste figure giuridiche comporta una serie di conseguenze rilevanti
sul piano amministrativo, fiscale, previdenziale e creditizio.
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1.4.6 L’imprenditore commerciale
Sebbene il Codice Civile distingua tra imprenditore commerciale, imprenditore
agricolo e piccolo imprenditore, la figura più importante, che produce cioè le
conseguenze giuridiche di maggior rilievo (per esempio la possibilità di fallire) è
quella di imprenditore commerciale.
Per opinione corrente il concetto di imprenditore commerciale si ottiene per
esclusione, sottraendo dalla nozione generale di imprenditore la figura
dell’imprenditore agricolo e (quando ricorre) del piccolo imprenditore: in parole
povere, sono imprenditori commerciali tutti gli imprenditori che non sono né
agricoli né piccoli.
Ai sensi del Codice Civile, è imprenditore commerciale (art. 2195 c.c.) chi
esercita:
- attività industriali dirette alla produzione di beni e servizi (ad esempio una
fabbrica automobilistica, un’emittente televisiva privata);
- attività intermedie nella circolazione dei beni (cioè le attività
«commerciali» comunemente intese):
commercio all’ingrosso;
o commercio al dettaglio;
o commercio ambulante;
o pubblici esercizi commerciali (bar, ristoranti, ecc.);
o
- attività di servizi:
attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;
o attività bancaria o assicurativa;
o altre attività ausiliarie delle precedenti (ad esempio agenzie di
o mediazione, di pubblicità, ecc.).
Come sopra accennato, rientrare in questo quadro giuridico produce una
conseguenza molto importante: l’imprenditore commerciale è assoggettato al
fallimento.
Il fallimento può avere conseguenze molto pesanti sul piano patrimoniale, ma
anche personale, dell’imprenditore.
1.4.7 L’imprenditore agricolo
Sempre secondo il Codice Civile, è imprenditore agricolo (art. 2135 c.c.) chi
esercita una o più delle seguenti attività:
- coltivazione del fondo;
- selvicoltura;
- allevamento di animali;
- attività connesse (es. produzione e vendita diretta di olio, vino, miele,
funghi, formaggi, ecc.).
Due casi particolari sono costituiti da: 9
- attività agrituristica (quando cioè un imprenditore agricolo offre ai turisti,
nei propri fondi, vitto e alloggio, utilizzando prodotti propri e
organizzando talvolta attività ricreative o culturali);
- vendita di prodotti agricoli al di fuori del luogo di produzione: può essere
effettuata solo dopo aver fatto una apposita comunicazione al Comune (ciò
non comporta necessariamente l’acquisizione della natura di imprenditore
commerciale anziché agricolo: l’inquadramento nell’una o nell’altra figura
sarà legato alla prevalenza del reddito commerciale o agricolo).
Si intendono «connesse» le attività, esercitate dal medesimo imprenditore
agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione,
commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto:
• prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o
dall'allevamento di animali;
• attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente
di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola
esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio
rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità.
1.4.8 Il piccolo imprenditore
A proposito del piccolo imprenditore il Codice richiama esplicitamente alcune
figure (coltivatore diretto, artigiano, piccolo commerciante).
Queste figure sono state oggetto di disciplina speciale a vari fini (previdenziali,
creditizi, ecc.). In particolare, per la sua importanza, si richiama la disciplina
dell’artigianato (con una avvertenza: le definizioni di artigiano - per il Codice
Civile e per la Disciplina speciale, pur sovrapponendosi in larga parte - non
coincidono esattamente).
L’attività artigiana, per l’importanza economica che tradizionalmente riveste nel
nostro Paese, è regolata da una Legge speciale sull’Artigianato (L. 443/85 e
successive modifiche e integrazioni). Tale Legge precisa le caratteristiche sia
dell’imprenditore artigiano che dell’impresa artigiana.
È considerato imprenditore artigiano chi:
- esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare l’impresa
artigiana;
- assume la piena responsabilità dell’impresa, con tutti gli oneri e i rischi
inerenti la sua direzione e gestione;
- svolge prevalentemente in prima persona l’attività, intervenendo, anche
manualmente, nel processo produttivo.
L’imprenditore artigiano può essere titolare di una sola impresa artigiana.
Si considera impresa artigiana quella che:
- assume esclusivamente una delle forme giuridiche consentite dalla Legge
Speciale; 10
- ha un numero di dipendenti non superiore a determinati limiti, che variano da 8
a 40 secondo il tipo di contratto (apprendisti o non apprendisti), di lavorazione
(in serie o non in serie) e di settore (edilizia, trasporti, abbigliamento, ecc.);
- è rivolta alla produzione di beni (anche semilavorati) e di servizi, ad esclusione
delle seguenti attività:
attività agricola;
o attività di intermediazione commerciale (somministrazione al pubblico di
o alimenti e bevande, commercio all’ingrosso, al