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2. COSA ACCADE ALL’INTERNO DI UNA STELLA
Le reazioni evidenziate nel capitolo precedente avvengono all’interno di una stella. Queste
reazioni, che dall’idrogeno danno elio oppure danno deuterio, sono fondamentali per la vita della
stella stessa. Oltre a quello sono fondamentali i γ, che indicano la liberazione di energia da parte
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delle reazioni. La temperatura di soglia, ossia 10 K, corrisponde alla differenza di energia tra
l’energia zero e il picco massimo (per superare la barriera di legame è necessaria quella
temperatura). All’interno del nostro Sole, per esempio, ci sono almeno 10 milioni di Kelvin; se si
prova a utilizzare come oggetto di partenza […] si avrà una reazione nella quale, aggiungendo un
protone alla volta, si ottengono elementi sempre più pesanti.
→
42 42 84
He + He Be -16
Ciò non avviene perché il berillio è radioattivo, e ha un tempo di dimezzamento molto rapido (10
sec), quindi viene considerato un nucleo molto instabile.
Allora il problema si aggira ponendoci all’interno di una stella molto più calda, nella quale usiamo
-16
questi 10 secondi in modo differente; nonostante sia un tempo molto piccolo, esso è
sufficientemente ‘grande’ affinché sia possibile aggiungere un’altra particella α (o protone) e quindi
è possibile effettuare una reazione del tipo
→
84 42 126 8
Be + He C (in una stella avente temperatura T 10 K)
∼
→
42 126
3 x He C 8
Questa reazione di porta al di la del problema. Ciò avviene alla temperatura di 10 K. In una stella
dove la densità interna è sufficientemente grande e vi sono un numero sufficiente di particelle di
elio che si muovono abbastanza velocemente, riesco a porre tre di esse nello stesso punto in un
-16
tempo minore di 10 sec, è possibile produrre carbonio (al carbonio è possibile aggiungere
particelle α o protoni singoli ed è quindi poi possibile raggiungere l’ossigeno e così via).
Per ‘salire’ ulteriormente nella scala della costruzione di atomi pesanti (quindi costruire nuclei
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atomici superiori al Si) è necessaria una temperatura molto maggiore, di circa 3x10 K.
Questo fa si che ci siano differenti studi sui nuclei più o meno stabili degli atomi (fig. 1.1-30, pag.1):
è possibile vedere la distribuzione degli nuclei degli atomi conosciuti.
La composizione del pianeta solare ci è nota grazie agli spettri: esistono tredici ordini di grandezza
tra gli elementi più abbondanti e quelli meno abbondanti; quando trattiamo di elementi rari
indichiamo quegli elementi che sono difficili da trovare nel nostro sistema. Osservando lo schema
riguardante l’abbondanza degli elementi (fig. 2.2, pag.3), possiamo notare che idrogeno ed elio,
che sono presenti soprattutto sul Sole (sulla Terra non ce ne sono tanti), sono molto abbondanti.
Esiste un andamento generale della distribuzione di questi atomi:
- Gli elementi più leggeri sono più facilmente ‘creabili’, rendono più energia e quindi una stella ha
tutto l’interesse a fare un elemento leggero piuttosto che uno pesante;
- Esiste un buco in corrispondenza della massa 4 (il Be) a causa dell’effetto sopra citato - ossia
che è un nucleo instabile con tempo di decadimento molto breve - e di conseguenza il sistema
solare ne contiene una quantità molto limitata (ecco perché il berillio è una pietra preziosa);
- Esiste un andamento a zig-zag: da sinistra in altro a destra in basso si ha una continua
oscillazione, causata dall’effetto pari-dispari; è una costante di tutti gli elementi ed il motivo è
che se si aggiunge un numero dispari di protoni è difficile rendere stabile il nucleo (quindi ha
costi energetici maggiori produrre nuclei dispari rispetto ai pari);
- 43 61
Esistono ‘elementi mancanti’ che sono il Tc (Tecnezio), Pm (Promezio), i quali si trovano tra
gli atomi stabili anche se in realtà sono instabili. Gli elementi stabili della parte più bassa del
92 90
grafico sono U (Uranio) e il Th (Torio);
Inoltre, è molto importante sottolineare il fatto che tra l’andamento dei ‘pari’ e quello dei ‘dispari’ vi
è un ordine di grandezza: per esempio, se si confronta l’abbondanza sulla Terra tra K e Ca o tra Al
e Si vi è appunto un ordine di grandezza. Questo è dato dal fatto che gli elementi meno abbondanti
erano presenti in quantità minori nella nebulosa solare che ha dato origine al sistema solare
(quindi i rapporti presenti tra la nebulosa primordiale e il sistema solare sono rimasti invariati).
Trattando un altro tipo di grafico (fig. 1.1-02a, pag.3), possiamo notare che vi sono delle ‘gobbette’
lungo l’andamento della linea; queste gobbette corrispondono a nuclei che sono particolarmente
‘amati’ dalla stella che li ha prodotti perché sono energeticamente convenienti. Questi sono il Fe
(Ferro) e il Pb (Piombo). La posizione del Piombo è errata, in quanto la sua presenza dovrebbe
essere molto meno abbondante se seguisse l’andamento generale, e il Ferro a maggior ragione.
Sono i cosiddetti ‘numeri magici’ e sono nuclei prodotti in grandi quantità dalle stelle in quanto
energeticamente convenienti.
Questo grafico ci permette di verificare, in funzione della massa atomica, l’energia di legame che si
libera in una reazione esoenergetica oppure endoenergetica. Per i primi 26 elementi, questa curva
cresce: se aggiungo un nucleone, una particella o un protone ad un nucleo, per esempio di
ossigeno, libero energia; quando arrivo al ferro i rapporti energetici virano e passo da una reazione
esoenergetica ad una reazione endoenergetica. Quindi se aggiungo altri nucleoni l’energia di
legame scendo (in quanto perdo energia) e quindi ho ottenuto qualcosa che mi costa più energia. Il
regime endoenergetico peggiora via via che le masse atomiche aumentano: aggiungere un
neutrone ad un atomo di Uranio non rende energeticamente.
Ciò è di nostro interesse in quanto ha permesso l’esistenza del sistema solare. Considerando una
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normale stella (che raggiunge 10 K al suo interno, quindi di 10-15 masse solari) ha una zonazione
di temperatura, quindi pressione, quindi energia, degli atomi che si possono formare e queste zone
4 16 40 56
sono descritte da indicatori (per esempio He, O, Ca, Fe).
Cosa succede all’interno di una stella nel momento in cui si passa da una reazione esoenergetica
ad una endoenergetica? 40
Ad esempio, all’interno della stella si sta producendo Ca. Questa reazione è una reazione
esoenergetica, quindi all’interno della stella essa fa aumentare la temperatura: siccome PV=nRT,
se aumenta T aumenta anche la pressione verso l’esterno. Ciò permette alla stella di stare in
equilibrio statico.
→
40 52
Ca + α Cr (esoenergetica)
→
52 56
Cr + α Fe (esoenergetica) 52 56
Quando vado troppo in là comincio a bruciare Cr per produrre Fe: la reazione è ancora
esotermica anche se di poco. La stella riesce ancora a stare in equilibrio; ma quando si comincia a
56
bruciare il Fe, questa reazione è endoenergetica.
→
56 58
Fe + α Ni (endoenergetica)
A questo punto si ha un’inversione di tendenza, ossia che, essendo la reazione endoenergetica, si
inverte il senso della pressione; quello che succede è che la stella collassa su se stessa, perché
non ha più il nucleo che la ‘tiene su’ e si trova ad implodere e a compiere un movimento centripeto.
Questo movimento non la porta immediatamente a tramutarsi in un buco nero, ma si ha una fase
intermedia che è un’onda d’urto; questa cosa avviene nel giro di qualche secondo (frazione
leggermente diversa dalla velocità della luce) e una buona parte degli atomi viene ‘rimbalzata’ fuori
→
(effetto meccanico) dalla stella e viene espulsa ad alte velocità dal nucleo supernova. La stella
inoltre perde massa e crea una nebulosa.
3. IL SISTEMA SOLARE
Il sistema solare è possibile visualizzarlo come una serie continua, schematizzata in differenti
tappe. Oggigiorno la composizione attuale del SS è di pianeti, asteroidi e stelle delle dimensioni
macroscopiche, ma come è stato evidenziato, non è sempre stato così.
Come siamo arrivati dalla nebulosa all’avere degli oggetti della dimensione di qualche centinaio di
chilometri è stato possibile grazie all’aggregazione di micro particelle dell’ordine di qualche
nanometro; ciò che conosciamo è frutto dello studio di materiali che provengono dallo spazio
interplanetario e che ha raggiunto la superficie terrestre, anche perché noi abbiamo accesso a
solamente pochi pianeti (Luna, Marte e pochi altri).
La fase iniziale del SS non è preservata, ma è possibile osservarla in stelle a noi vicine. In una
nebulosa (pulviscolo che assorbe l’infrarosso) che si sta contraendo sono visibili centri di
aggregazione di particelle, i quali emettono in infrarosso. In queste nebulose è possibile osservare
oggetti definiti ‘getti’, i quali sono centri di formazione di stelle che, per motivi loro, spiralano ed
espellono ai propri poli (Nord e Sud) materia che noi vediamo con i vari telescopi. L’emissione di
getti avviene perché la velocità delle stelle - in questo caso - raggiunge quella di fuga dall’oggetto
centrale.
Altre stelle che si stanno formando sono rintracciabili, per esempio, nella nebulosa di Orione;
questa nebulosa è un luogo nel quale supernovae stanno comprimendo la nebulosa circostante e
si stanno formando dozzine di nuove stelle intorno a quella zona.
Quando si parla di pulviscolo interstellare (IDPs) si intendono oggetti della scala micrometrica che
non sono reperibili - o meglio - non si possono formare sulla superficie terrestre e men che meno
nel centro della Terra. Le particelle che sono state studiate sono state rintracciate grazie a ricerche
oceanografiche e a ricerche legate agli aerei militari; le prime sono state studiate in quanto esse
arrivano dallo spazio interplanetario fino alla
superficie terrestre perché attratte dalla
gravità: normalmente toccano l’atmosfera
(arrivano a più di 8 km/sec - che è la velocità
di fuga della Terra) e si fondono per poi
scendere verso la superficie terrestre. Esse
poi scendono verso il fondo dell’oceano,
vengono carotate dagli oceanografi e
raccolte sotto forma di ‘palline’ fuse che
hanno una composizione mineralogica (e
chimica) che non è terrestre. Queste
particelle sono state poi trovate anche prima
della fusione, questo perché gli aerei spia,
che serv