vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
EMOTIVI O PASSIONALI ART. 90 C.P.
Art.88 c.p. Vizio totale di mente: non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto,
era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità d’intendere o di volere(non
imputabilità, al soggetto non sarà applicata la pena ma eventualmente una misura di sicurezza se
si tratta di infermità psichica) .
Art.89 c.p. Vizio parziale di mente: chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per
infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità
d’intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita(soggetto imputabile
nonostante la sua capacità di intendere e di volere sia grandemente scemata, ma per questo il
legislatore gli riconosce una diminuzione della pena, abbiamo quindi una circostanza attenuante
che secondo l’art. 60 2° comma è una circostanza inerente alla “persona del colpevole”).
Art.90 c.p.: gli stati emotivi o passionali non escludono né diminuiscono
l’imputabilità(apparentemente una situazione di assoluta irrilevanza di stati emotivi e passionali che
non influiscono sull’imputabilità.
Come affermato dalla corte costituzionale l’accertamento dell’imputabilità ruota attorno al concetto
di “infermità”, quindi il primo dubbio che dobbiamo fugare è il concetto di infermità ai sensi dell’art.
88 e 89.
Inoltre dobbiamo vedere se nel concetto di infermità ex art. 88 e 89 c.p. possano ricomprendersi i
c.d. “gravi disturbi della personalità”.
Andiamo a vedere cosa ha statuito la corte di cassazione in questo caso:
la vicenda trae origine nella classica lite condominiale a esito della quale il signor raso uccide a
colpi di pistola il vicino di casa, minaccia la moglie e resiste agli agenti intervenuti sul fatto.
In primo grado viene condannato però gli riconoscono la diminuente dell’art. 89 c.p. perché “egli è
affetto da disturbo paranoideo e da disturbo narcisistico della personalità per effetto del quale la
sua capacità di intendere e di volere pur non esclusa viene riconosciuta compromessa.
In secondo grado i giudici della corte di appello di Roma affermano l’inesistenza dell’art. 89 c.p.
perché le anomalie comportamentali del signor. Raso non trovano origine in una “alterazione
patologicamente accertabile corrispondente al quadro clinico di una determinata malattia, non si
tratta di una alterazione anatomico - funzionale della sfera psichica ma semplicemente un disturbo
della personalità che non rileva ex art. 89”.
La difesa propone ricorso e questo viene rimesso alle sezioni unite della cassazione penale.
Queste dopo una ampia premesse sulla centralità e l’importanza dell’imputabilità, aderendo alla
concezione tripartita(diversa rispetto a quella che studiamo noi) collocano l’imputabilità come
presupposto di colpevolezza, non c’è colpevolezza senza imputabilità.
Le sezioni unite vanno a ricostruire il contratto giurisprudenziale a fronte del quale il ricorso è stato
rimesso alle stesse e individuano due grandi indirizzi contrapposti sulla nozione di infermità:
- Indirizzo medico:
• Medico – organicista: è infermità soltanto la malattia mentale in senso stretto cioè le
insufficienze celebrali originarie o derivate da conseguenze stabilizzate di danni
celebrali di varia natura, nonché le psicosi acute o croniche contraddistinte queste
ultime da un complesso di fenomeni psichici che differiscono da quelli tipici di uno
stato di normalità non per quantità ma per qualità, mentre le anomalie del carattere i
disturbi della personalità le nevrosi, le psicopatie non sono infermità perché non
hanno un sostrato organico, una base anatomica sono un sostrato naturale di stati
emotivi e passionali, quindi irrilevanza ex art. 90 c.p.
• Medico – nosografico: occorre guardare a se sia o meno possibile ricondurre il
disturbo del soggetto sotto una delle categorie previste dalla nosografia(studio
descrittivo delle malattie) se il disturbo corrisponde ad una certa malattia mentale
sicuramente accertata come tale dalla scienza psichiatrica il giudice
automaticamente applica l’art. 88 o 89 e questo è non solo necessario ma anche
sufficiente. Quindi abbiamo una netta contrapposizione tra psicosi(malattia mentale
vera e propria)e psicopatia che è una caratteropatia, un disturbo della personalità
che non rileva.
- Indirizzo giuridico: ritiene che debba guardarsi non alla sussumibilità o meno del disturbo in
un categoria nosografica ma alla concreta incidenza del disturbo sulla capacità di intendere
o di volere.
Tale impostazione tuttavia potrebbe portare ad un eccessivo ampliamento della nozione di
infermità e ingenerare quella sorta di aspettativa di impunità e quindi la giurisprudenza
individua una serie di criteri correttivi che vanno a circoscrivere questo rischio:
Patologicità del disturbo: anche stati emotivi e passionali possono rilevare ex
articolo 88 e 89 c.p. eccezionalmente quando a questi si aggiunga un quid pluris
che dia luogo ad un fattore determinante un vero e proprio stato patologico
sebbene transeunte e sebbene clinicamente indefinibile.
Intensità del disturbo: dobbiamo guardare quando si tratta di disturbo non
clinicamente definito o definibile all’intensità con cui esso si presentava nel caso
concreto, se questa intensità è tale da escludere o scemare grandemente la
capacità di intendere o di volere sarà applicabile l’art. 88 o 89 c.p.
Valore di malattia: si prende come punto di riferimento la psicosi, la malattia
mentale vera e propria, quanto più il disturbo si avvicina alla psicosi per gravità o
complessità tanto più ciò potrà rilevare ex art. 88 e 89 c.p.
Nesso eziologico tra disturbo e azione delittuosa commessa: se c’è tale nesso
eziologico potrò ritenere il disturbo rilevante.
Per ricomporre il contrasto le sezioni unite partono da una premessa: gli art. 88 e 89 c.p. non
danno rilevanza all’infermità in se e per se considerata ma danno rilevanza ad un tale stato di
mente determinato dall’infermità che sia tale da escludere o scemare grandemente la capacità di
intendere e di volere.
Quindi un primo punto va chiarito, quando il legislatore agli art. 88 e 89 c.p. parla di infermità non ci
descrive solo la sua attenzione all’infermità tipica ma anche all’infermità fisica, tanto è vero che se
voi prendete gli articoli 147 o 148, 219 o 222 c.p. vedrete che il legislatore parla o di infermità fisica
o di infermità psichica, specificando. Laddove non specifica vuol dire che le comprende entrambe.
Qui gallo è completamente d’accordo anche perche G. dice che sarebbe assolutamente contrario
alla lettera, al senso della legge ritenere ad es. che il delirio cagionato da una febbre altissima
possa rilevare per infermità fisica ex art. 88 o 89 c.p.
Secondo punto, il concetto di infermità è più ampio di quello di malattia, i due termini non sono
esattamente sovrapponibili, tant’è vero che per esempio in tema di lesioni il legislatore parla di
malattia nel corpo o nella mente, se il concetto di infermità è più ampio di quello di malattia allora
non è vero come diceva l’indirizzo medico – organicista che infermità sono solo le malattie aventi
base anatomica, aventi base organica, quindi tale indirizzo viene sconfessato.
Terzo punto, l’art. 85 c.p. in relazione al quale vanno letti gli articoli 88 e 89 c.p. non dà rilievo alla
sussumibilità o meno del disturbo in una determinata categoria medica, ma dà rilievo all’incidenza
che il disturbo possa vere sulla capacità di intendere o di volere, cosi anche l’indirizzo medico -
nosografico viene scartato.
Per arrivare alla conclusione la cassazione prendono le mosse dalla nozione “c.d bifronte di
imputabilità”(fiandaca). L’imputabilità è bifronte perche è empirica e normativa al tempo stesso,
spetta cioè alle scienze empirico - sociali individuare il complesso di fattori biopsicologici in
presenza dei quali il soggetto è incapace di intendere o di volere, spetta poi al legislatore fissare le
condizioni di rilevanza giuridica di quei fattori. Se così è l’interprete deve guardare alle più recenti
acquisizioni della scienza psichiatrica, questa scienza psichiatrica nel momento in cui scrivevano le
sezioni unite era compendiata nel manuale di diagnostica e statistica dsm 4(da maggio è uscita
anche la versione 5, ulteriormente aggiornata) riconosce attitudine ai disturbi della personalità ad
incidere sulla capacità di intendere e di volere, quindi non v’è più dubbio che questi disturbi
possano rilevare, poiché non è questione di compiere un giudizio in astratto(il giudice non deve
vedere in astratto un certo disturbo se sia o meno rilevante, ma guardare al caso singolo, concreto,
specifico, se il disturbo abbia o meno inciso sulla capacità di intendere e di volere. In questo caso
allora anche i disturbi della personalità possono rilevare ex art. 88 e 89 ad alcune condizioni che
preciseremo.
Prima di rilevare le condizioni di rilevanza occorre dire che, come afferma la cassazione, questa
conclusione oltre a trovare conferma nelle recenti legislazioni di altri paesi, che utilizzano formule
più ampie rispetto a quelle di infermità(ed anche nelle stesse ipotesi di riforma del codice italiano
pur non andate in porto)è innanzitutto pienamente conforme all’art. 85 c.p. cosi come interpretato
in maniera conforme a costituzione, perché non si può non dare rilevanza a quella situazione
atipica che renda il soggetto incolpevolmente incapace di rendersi conto di quel che fa
semplicemente perché quella situazione non è riconducibile ad una malattia prevista come tale.
In secondo luogo, gli art. 88 e 89 c.p. non dicono che è sufficiente l’accertamento dell’infermità, il
giudice può anche accertare che l’imputato è infermo e affetto da una malattia gravissima, questo
non è sufficiente, è necessario vedere come il singolo caso concreto quella infermità abbia o meno
compromesso, escludendola o facendola scemare grandemente la capacità di intendere o di
volere.
Condizioni di rilevanza dei vari disturbi della personalità, il giudice deve accertarne la:
- Gravità
- Intensità
- Persistenza
Tali per cui essi abbiano nel caso singolo conc