Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
CAPITOLO 6: PROCESSAZIONE E PRESENTAZIONE DELL’ANTIGENE AI
LINFOCITI T
Per poter attivare una risposta immunitaria acquisita, i linfociti T naive devono
essere attivati tramite il riconoscimento di un complesso MHC:peptide
specifico, presentato da una cellula APC. Una volta attivate, le cellule T
prolificheranno e si differenzieranno in cellule T effettrici che saranno libere di
fuoriuscire dall’organo linfoide secondario nel quale si sono attivate, ed andare
nei tessuti infetti. Riconosceranno una cellula infettata dalla presenza, sulla
loro superficie, di complessi MHC:peptide e, dopo essersi legate ad esse (se il
complesso è specifico per quella T) agiranno tramite la loro azione cellulo-
mediata.
Alcuni patogeni infettano e si replicano all’interno del citoplasma di una cellula
ospite, producendo proteine citosoliche, come ad esempio alcuni virus e
batteri, mentre altri possono essere fagocitati dai fagociti e rimanere vivi
all’interno del fagosoma (vescicola) nel quale continuano a riprodursi e a
sintetizzare proteine.
O addirittura può capitare che una proteina extracellulare derivante da un
patogeno può essere internalizzata durante una macropinocitosi o una
fagocitosi mediata da recettore e rimanere all’interno della vescicola.
A seconda del compartimento nel quale il patogeno ha infettato, o nel quale è
presente una proteina derivata da un patogeno, avvengono due diverse vie di
processazione e presentazione dell’antigene peptide che ne deriverà, sulle
glicoproteine MHC.
VIA CITOSOLICA
Nel caso in cui una cellula è stata infettata da un patogeno citosolico, le
proteine che esso produrrà verranno processate nella via citosolica, con
conseguente presentazione del peptide derivato sulla MHC di classe 1. In
questo modo, le cellule T CD8 (specifiche per le MHC 2) potranno riconoscere
un’infezione in quella determinata cellula ed ucciderla.
Le proteine neosintetizzate che devono essere trasportate sulla membrana
cellulare vengono ad essere poste nel reticolo endoplasmatico, nel quale
avverrà il loro corretto ripiegamento, e dove legheranno il peptide.
Le proteine citosoliche prodotte dai patogeni, vengono ad essere degradate dal
proteasoma, una struttura citoplasmatica costituita da 3 subunità, due esterne
19S e una centrale 20S, responsabile dell’attività proteolitica. Il proteasoma
costitutivo possiede 3 anelli nella regione centrale, Beta1-2-5, ma nelle cellule
stimolate da interferoni questi 3 anelli vengono sostituiti in maniera da
ottenere un immunoproteosoma, specifico nell’effettuare maggiori tagli dopo i
residui idrofobi e meno tagli dopo i residui acidi. In questa maniera si
otterranno dei peptidi che legheranno meglio l’MHC e saranno anche meglio
trasportati all’interno del RE.
Nel caso in cui i peptidi formati dal proteasoma saranno troppo lunghi, essi
verranno comunque trasportati nel RE e li una amminopeptidasi (EERAP)
scinderà la loro porzione amino-terminale per ridurne la dimensione. Questi
peptidi, per non essere degradati nel citosol prima di entrare nel RE, vengono
protetti dalla chaperon TCP1
Le proteine adibite al trasporto all’interno del RE sono le TAP-1 E TAP-2, che
attraversano il RE, ed hanno un dominio citoplasmatico che lega l’ATP.
Nel RE, la catena Alfa dell’MHC 1 lega la chaperon calnexina, fino a quando non
si associerà non covalentemete con la catena Beta -microglobulina, quando si
2
distaccherà da essa e il complesso si legherà al complesso di caricamento del
peptide, di cui fa parte la calreticulina, chaperon, la tapasina, proteina ponte
tra le TAP e l’MHC utile nel momento del caricamento, ed un’altra chaperon
ERp57.
A questo punto, il peptide si lega alla molecola MHC-1 e questa si staccherà dal
complesso, uscirà dal RE tramite esocitosi e procederà verso la superficie
cellulare gemmando da un compartimento all’altro del Golgi.
I peptidi prodotti durante la via citosolica non possono sbagliare e legarsi ad
una MHC-2 presente nel RE in quanto questa ha la tasca per il peptide bloccata
da (Li).
CROSS PRESENTAZIONE
Virus come l’HIV non infettano le cellule dendridiche, che sono le APC
specializzate nel presentare l’antigene alle T e quindi provocare una risposta
immunitaria acquisita. Se questi virus non le infettano, come potranno le T
venire attivate per poi rispondere alla presenza dello stesso nell’organismo?
Tramite la cross-presentazione, le cellule dendridiche riescono lo stesso a
processare e presentare tramite la via citosolica, i peptidi derivanti da virus
come questi, ottenendo una loro proteina dall’esterno. Le DC possono
fagocitare una cellula infettata dall’HIV e da questa ottenere la proteina stessa,
per poi degradarla, oppure possono ottenerla entrando in contatto con delle
cellule infettate, e farsi passare una proteina virale tramite le GAP-JUNCTION.
Le DC sono le uniche cellule in grado di effettuare una cross-presentazione.
VIA ENDOCITICA
Nel caso in cui una cellula abbia fagocitato un patogeno e non sia riuscita a
distruggerlo permettendogli di moltiplicarsi e di produrre proteine proprie
all’interno della vescicola (endosoma), oppure nel caso in cui si sia fagocitata
una proteina di un patogeno tramite macropinocitosi, questa verrà degradata e
il peptide derivante verrà processato e presentato su una MHC di classe 2, in
maniera tale da segnalare la presenza di una infezione ad una T-CD4 effettrice,
oppure nel caso di una DC, di attivare una T-CD4 naive.
Il patogeno o la proteina, all’interno dell’endosoma, verrà ad essere degratata
non dal proteasoma, bensì da delle proteasi presenti proprio dell’endosoma
stesso, ma che sono inattive ad un ph alto. Nel momento in cui l’endosoma
procederà verso il centro della cellula, il ph diminuirà attivando le proteasi, che
genereranno peptidi da presentare. La MHC-2 neosintetizzata viene posta
all’interno del RE, e per evitare che queste possano legare antigeni (peptidi)
sbagliati, queste si legano con una catena invariante (li) formando un
complesso costituito da 3 MHC-2 legate a 3 (li), che occludono il solco per il
peptide. Finchè il legame con li non è completo, ogni MHC lega una calnexina.
Avvenuto il legame, il complesso fuoriesce dal reticolo e la catena (li) lo
indirizza verso un endosoma tardivo. Le due vescicole si fondono e il complesso
rimane stabile per circa 2-4 ore, finchè le proteasi (soprattutto catepsina S),
non degrada poco a poco la catena li. A questo punto rimane soltanto il
segmento CLIP nella tasca per il peptide ad impedire il legame con un peptide,
ma questo verrà rimosso tramite il legame di una MHC-2 simile chiamata HLA-
DM, la cui associazione causerà il suo distacco. Il caricamento avviene, e
successivamente il complesso neoformato arriverà sulla superficie cellulare.
Maggiore è forte e stabile il legame MHC:peptide, più efficiente sarà la
presentazione nel momento in cui una T si legherà alla APC.
POLIGENIA E POLIMORFISMO DELLE MHC
Le catene delle MHC sono codificate dai geni presenti nel locus del complesso
maggiore di istocompatibilità, che contiene più di 200 geni e si estende per più
di 4 milioni di paia di basi. All’interno di questo locus, presente nel cromosoma
6, sono presenti 3 geni che codificano per la catena alfa delle MHC-1, chiamati
HLA-A, HLA-B e HLA-C, e 3 coppie di geni che codificano per le catene alfa e
beta delle MHC-2, HLA-DP, HLA-DQ, HLA-DR. Quest’ultimo possiede un ulteriore
segmento che codifica per una diversa catena beta (HLA-DR ) cosicchè
beta2
possono essere prodotte ben 4 diverse MHC-2 dalle interazioni di questi 3 geni,
e 3 diverse MHCA-1.
Per questo motivo, definiamo le molecole MHC poligeniche, perché ci sono
diversi geni che codificano per le stesse.
Il gene per la B2-microglobulina e per la catena invariante non sono presenti
nel locus del complesso maggiore di istocompatibilità.
Nell’MHC sono presenti anche i geni codificanti le HLA-DM e molte altre
proteine utili nel processamento e nella presentazione dei peptidi.
Definiamo le MHC anche polimorfe, in quanto ogni singolo gene che codifica
per una delle diverse catene, è presente in un numero veramente alto di alleli
in natura, ed ogni allele ha una bassa frequenza di presenza, cosicchè è molto
difficile che in una vasta popolazione di persone qualcuno sia omozigote per
uno stesso allele.
Inoltre, l’espressione degli alleli MHC è codominante, così ogni allele presente
su ogni cromosoma omologo viene codificato, formando una diversa MHC per
ogni cromosoma, in grado di presentare senza problemi il peptide. La
combinazione degli alleli MHC che si trova su un singolo cromosoma è detta
aplotipo MHC, ed entrambi gli aplotipi presenti su entrambi i cromosomi della
medesima coppia 6 genereranno diverse molecole MHC in quanto la loro
espressione è codominante.
I polimorfismi MHC sono vantaggiosi per la risposta immunitaria. I prodotti dei
singoli alleli MHC possono avere fino a 20 AA differenti l’uno dall’altro e ciò
rende ogni proteina diversa dall’altra.
Le differenze si concentrano maggiormente nella tasca per il peptide (più
polimorfica).
Molti dei polimorfismi nelle molecole MHC alterano gli AA che rivestono le
tasche per i peptidi, modificando cosi la specificità di legame.
Cambieranno cosi i residui che i peptidi useranno per legarsi alle ancore
presenti nelle tasche.
Conoscendo le ancore codificate da ogni allele, si possono predire i peptidi e
come essi si legheranno alle tasche (utile per i vaccini).
Talvolta la processazione di una proteina può dare origine a peptidi che non
sono capaci di legarsi a nessuna delle MHC prodotte dall’organismo, perché
non hanno residui adatti. In questo caso l’organismo non riuscirà a processare
quel peptide e non ci sarà alcuna presentazione e nessuna conseguente
risposta immunitaria dei linfociti T, inducendo quindi la malattia.
Ma il polimorfismo fa si che questa possibilità, per un determinato antigene,
avvenga soltanto in pochi individui di una popolazione, cosi che soltanto questi
siano suscettibili al patogeno, mentre la maggior parte della popolazione riesce
a combatterlo, impedendo cosi una diffusione esagerata dello stesso, nella
popolazione.
Esiste una sezione del locus MHC detto MHC-3 che possiede dei geni codificanti
per C4, C2 e fattore B, proteine del complemento.
CAPITOLO 7: LA TRASMISSIONE DEL SEGNALE ATTRAVERSO I
RECETTORI DEL SISTEMA IMMUNITARIO
Il legame che avviene tra un recettore e il suo ligando, generalmente porta ad
una trasduzione del messaggio, ovvero una trasmissione del messaggio<