vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
IV
Ambr. , di mano del Reina
6
IV
Ambr. , di mano del Reina
7
IV
Ambr. bis, di mano del Parini.
7
Fanno parte del Meriggio (ovvero il titolo che assume il Mezzogiorno dopo la seconda redazione:
IV
Ambr. , con il titolo non autografo Meriggio
8
IV
Ambr. , identico al precedente, di mano del Parini, mentre di altra mano il titolo.
9
Fa parte del Vespro:
IV
Ambr. , con il titolo non autografo.
10
Fanno parte della Notte:
IV
Ambr. 11
IV
Ambr. , con il titolo non autografo La Notte. È una miscellanea di appunti.
12
IV
Ambr. bis, consistente in una serie di foglietti racchiusi in un sesto foglio che funge
12
da coperta; vi si leggono appunti e versi in prosa a matita o a penna
IV
Ambr. , di mano del Reina il titolo La Notte
13
IV
Ambr. , identico al precedente
14
IV
Ambr. , identico al precedente
15
IV
Ambr. , titolo autografo
16
IV
Ambr. , titolo non autografo
17
IV IV IV
Ambr. , , , presenti nella stessa coperta del precedente, di mano
/2 /3 /1
17 17 17
del Parini.
Il Mattino II.
Dei cinque manoscritti del Mattino II, solo l’Ambr. IV 4 riporta il testo completo, mentre degli altri
il più estero risulta essere l’Ambr. IV 5; seguono spezzoni più o meno consistenti con l’Ambr. IV 6,
IV 7 e IV 7 bis. Tutti risultano essere posteriori al ’63 e mettono capo alla seconda redazione del
poemetto, come risulta dall’assenza concorde dei primi trentadue versi, ma anche per via delle
lezioni.
Il fatto che Parini nel suo lavoro correttorio spesso abbandoni innovazioni momentanee per
restaurare la lezione più antica comporta la necessità che il senso del suo lavoro sia da riconoscere
non già su elementi isolati ma sul sistema nel suo insieme.
Probabilmente accadde che, fondandosi sull’alto numero di recuperi di lezioni del ’63 attuati dal
Parini negli Ambr. IV 3 e 4, il Reina avesse pensato che quest’ultimo fosse il più vicino alla prima
redazione, addirittura in dara intermedia tra 1770 e 1780, mentre è dimostrabile che rappresenta
l’ultima volontà del Parini, quindi intorno al 1790.
Si tratta di individuare delle serie irreversibili, che servano da chiavi interpretative del sistema, al di
là dei fenomeni non pertinenti, il quale può occultare le linee fondamentali a non vietarcene il
riconoscimento.
Una tale ricerca è già stata intrapresa, con risultati persuasivi, da Pietro Citati, che ha indicato
alcune chiavi essenziali per l’interpretazione della varia lectio dei manoscritti; senonché la sua
lettura è stata condotta non direttamente sugli autografi, ma sull’apparata dell’edizione critica del
Bellorini, notevolmente inficiato da errori di stampa e da omissioni: dato che, quindi, la sua analisi
si è tenuta ad alcuni fatti essenziali, senza proporsi una valutazione esaustiva delle varianti,
maggiori e minori, è bene riprendere l’esame da capo. 4
Una prima chiave ci è offerta dall’espunzione o dall’italianizzazione di tutte le voci straniere che il
Parini, fino al ’65, non aveva avuto difficoltà a usare nel contesto sia delle Odi sia dei due primi
poemetti; nomi propri e nomi comuni, in particolare si nota toilette e monsieur, che vennero
utilizzati nella sua produzione e, in seguito, o modificati o eliminati, se non l’intero verso. La
toilette diviene la tavoletta, la teletta o speglio, mentre monsieur è adattato in monsù.
Nel Mattino II, in particolare, si trova un altro caso, nel passo in cui si discorre in relazione alle
crudeltà delle conquiste del Nuovo Mondo; la stampa del ’63 contiene i nomi Cortes e Pizzarro,
quattro dei cinque manoscritti, ovvero gli Ambr. IV 5, 6 e 7, riportano ancora i due nomi, mentre
l’Ambr. 3 riporta Pizzarro e Cortese. Se ne deduce, quindi, che l’Ambr. 3 deve essere per forza
successivo agli altri.
Una seconda chiave è offerta, in una zona del testo in cui il numero di testimoni sale a cinque,
dall’eliminazione di parole che ricorrono più volte sia in posizione ravvicinata sia a distanza in
luoghi nettamente divaricati, per via della nota insofferenza della tradizione poetica italiana, dal
Petrarca in poi, per le ripetizioni.
Un esempio del primo tipo si riscontra nella stampa del ’63 e gli Ambr. 5/1, 5 e 7 bis, nella zona in
cui si parla del villano che si alza di buon’ora dal letto, in cui vi è sposa, mentre negli Ambr. IV 6, 7
e 3 si trova moglie; il cambiamento da sposa in moglie si deve al fatto che la parola viene, più o
meno sempre 15 versi sotto, ripetuta.
Quando si stabilisce questo tipo di cortocircuito in un verso, il Parini tende a porre riparo
intervenendo al primo termine, mutando la voce più aulicamente classicheggiante con quella più
dimessa, che nel caso sopra citato è perfettamente concorde anche al contesto del villano.
Il problema sopraggiunge nel fatto che le modifiche necessarie alla formazione di suddetto verso,
ovvero il passaggio da “letto cui la fedel sposa” a “letto che la fedel moglie” (presente in Ambr. 6 e
7), causino un abbassamento di tono (si passa da un pronome oggetto a un generico che). Ciò
quindi, se in un primo momento aveva soddisfatto il poeta, lo porta in un secondo momento a
riappropriarsi di quel cui con “letto cui la fedel moglie”, lezione presente in Ambr. IV 3. Si
comprende quindi la ricerca di una sorta di equilibrio tra i due eccessi, a cui Parini tende, che è
anche dimostrazione di una lunga elaborazione del testo.
Altro esempio di cambiamento di un termine a causa di uno uguale ravvicinato vi è con “valletti
gentili” (v. 101/69), poiché il termine veniva ripetuto qualche verso più giù con “in sì gentile atto”
(v. 116/84); Parini quindi modificò in “in sì vezzoso atto”. Così facendo però si andava ad avere un
altro problema, poiché qualche verso dopo veniva utilizzato “le vezzose membra” (v. 138/105).
L’Ambr. IV 5 ancora non ha coscienza di questa modificazione, mentre gli Ambr. 6, 7 e 3 cambiano
in “le divine membra”.
Da questi primi elementi si comprende quindi che i testimoni si suddividono in due gruppi:
1. Ambr. IV 5 e Ambr. IV 7 bis
2. Ambr. IV 6, Ambr. IV 7, Ambr. IV 3 (più evoluto).
Rimangono oscuri, per il momento, i rapporti che intercorrono tra i manoscritti del primo gruppo e
quelli tra gli Ambr. 6 e 7, ma, prima di precisare la posizione di ciascun componente della serie, è
opportuno controllare sui dati dell’intera collazione la validità dell’ordine stabilito per gli autografi
principali.
L’Ambr. IV 5, sia in accordo con la sua terna (Ambr. IV 5/1 e 7 bis), sia preso singolarmente, risulta
essere portatore di lezioni definitivamente abbandonate da tutto il secondo gruppo. Particolare
valore hanno i casi in cui la sua lezione è la stessa dell’edizione del ’63; altro caso importante è
quello in cui l’Ambr. IV 5 si è scostato dalla stampa, ma si oppone agli Ambr. 6 e 7, i quali o
presentano la lezione portata anche dall’Ambr. IV 3 o ne preparano l’avvento.
Accade anche che l’Ambr. IV 5 si distacchi dalla versione dell’edizione del ’63, che però, in
seguito, viene recuperata; l’evento di un’innovazione che non si fissa stabilmente, oltre che
statisticamente, più raro, è facile da isolare nel sistema di tutte le altre varianti, dove si lascia ormai 5
riconoscere per quello che è, senza più creare prospettive illusorie e di volta in volta mutevoli.
Un esempio illuminante si riscontra nel caso del Mattino I, nel momento in cui si parla del maestro
di ballo che guida e corregge, verso che viene modificato negli Ambr. IV 5, 6, 7 e 3. Gli Ambr. 6, 7
e 3 riportano una lezione molto simile a quella della prima edizione, mentre l’Ambr. IV 5 se ne
scosta. Potrebbe sembrare quindi che l’Ambr. IV 5 sia testimone di una lezione posteriore a quella
degli altri, quando in realtà è vero il contrario; l’innovazione che Parini apportò a questo venne in
seguito abbandonata nella realizzazione degli altri, che quindi si confermano successivi. Ciò è
dimostrato anche da un richiamo a questo verso presente nella Notte; cosa che conferma anche la
teoria secondo cui durante la realizzazione di ogni poemetto Parini tenesse presente l’intera opera.
So ha la prova evidente che le innovazioni apportate al testo non possono essere prese in
considerazione come attestazione di anteriorità.
Per la posizione estrema dell’Ambr. IV 3 bisogna invece prendere in considerazione i rapporti che
intercorrono tra gli Ambr. IV 6 e 7 con gli Ambr. IV 5/1 e 5, dove i primi due fanno da teste e gli
altri due vanno contro l’Ambr. IV 3. Gli Ambr. IV 6 e 7 sono solitamente concordi l’un con l’altro e
rappresentano una fase intermedia tra l’Ambr. IV 5 e l’Ambr. IV 3, con una particolare spinta
classicheggiante, sistematicamente riassorbita dall’ultimo Parini con il recupero, per lo più, di
lezioni anteriori. Bisogna anche dire che diverse sono le lezioni unicamente appartenenti all’Ambr.
IV 6, in particolare dal verso 150, dove il suo gemello si arresta; si riconosce comunque la sua
anteriorità rispetto l’Ambr. IV 7, ciò sulla base di molti luoghi dove la lezione comune ad entrambi
nasce, nella prima, da una lezione diversa, la stessa già presente nell’Ambr. IV 5, oppure di luoghi
in cui l’Ambr. IV 7 è portatore di lezioni individuali, che si oppongono alla testimonianza degli
Ambr. IV 5, 6 e, per recupero, 3.
Rimane quindi da valutare il legame tra gli Ambr. IV 5/1, 5 e 7 bis, appartenenti al primo gruppo.
Da una prima variante macroscopica ai versi 27 e 28, si nota un grande cambiamento che investe
l’intero verso (cambia completamente); alla stampa del ’63 si avvina in particolare l’Ambr. IV 5/1,
mentre gli Ambr. IV 5/1 e 7 bis riportano una lezione molto simile a quella degli Ambr. 6, 7 e 3.
Potrebbe sembrare quindi che il primo sia più vicino alla prima edizione, mentre gli altri all’ultima
versione; ma, conoscendo appunto la tecnica di composizione pariniana, sarebbe poco saggio
fermare la propria analisi a questa sola variante. Prendendo infatti in considerazione altre variazioni
appare evidente che l’Ambr. IV 7 bis sia precedente agli Ambr. IV 5 e 5/1.
L’Ambr. 5/2, un foglio contenente dei versi già attestati dagli Ambr. IV 5 e 5/1 è semplice da
collocare, e si riconosce facilmente la sua anteriorità agli Ambr. IV 5 e 3.
Concludendo, l’ordine cron