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MEDIANA
integrale è esattamente pari a 1, ha probabilità di non superamento pari 0,5. Quindi è il valore che mi
spacca l’integrale in due parti uguali ma non è il baricentro. Le due quantità, come è evidente, sono fra di
loro numericamente molto vicine e molto vicine alla moda, cioè il massimo della funzione densità di
probabilità. Nella legge di Gauss moda, media e mediano coincidono, mentre nelle nostre distribuzioni no
perché sono asimmetriche avendo un ramo ascendente più ripido di quello discendente e di conseguenza
moda, media e mediana fra di loro si sfasano, ma sono sempre grandezza centrali nella distribuzione di
probabilità. Se per approssimazione dico che la media è circa uguale alla mediana posso associare un
tempo di ritorno alla media. Poiché la mediana ha probabilità di non superamento pari a 0,5, quando vado
a calcolare il tempo di ritorno che è T=1/1-P(x) e quindi T=2 anni.
Attraverso questo modo associo approssimativamente un tempo di ritorno alla media, cosa che vale solo
per la legge di Gauss, ma è approssimativamente esatto.
Attraverso l’analisi regionale stiamo giungendo allo stesso risultato che potevamo ottenere anche con le
distribuzioni a due parametri con dei metodi locali.
Se devo ricavare l’altezza di pioggia rispetto la durata e tempo di ritorno con classiche curve di possibilità
climatiche, nell’ambito dell’analisi regionale devo fare la media della h moltiplicato per il fattore di crescita
T
dipendente dal tempo di ritorno: .
Facendo il parallelo fra la nuova curva di possibilità climatica e la vecchia curva di possibilità climatica,
ottengo che la relazione è semplice. Primo risultato ho che n della vecchia curva di possibilità climatica non
T
dipende più dal tempo di ritorno ma è costante rispetto al tempo di ritorno. Il coefficiente della curva di
possibilità climatica “a”, invece, dipende dal tempo di ritorno secondo la seguente: .
La media curva di possibilità climatica la ritrova uguale nel VaPi avendo l’esponente della legge di potenza
costante rispetto al tempo di ritorno e il coefficiente moltiplicativo ottenuto così: .
Di conseguenza non sconvolgo nulla ma sto ricodificando il tutto con misure statisticamente più robuste da
utilizzare nell’analisi regionale.
Vediamo come determinare i parametri all’interno della formula fissato il valore di t:
Si specifica che “h” rappresenta la quota del punto considerato sul livello del mare. Quindi adesso
spieghiamo quali sono le quantità dalle quali dipende la media, prima fra tutte la quota che mi spiega
proprio la variabilità spaziale della media.
Il valore di “α” è 0.89 sempre in tutte le zone e rappresenta il coefficiente di correlazione fra le piogge
giornaliere e le piogge a 24 ore.
Il valore di “a” cambia e rappresenta il valore medio delle piogge massimi annuali di durata pari a 1 ora. Se
vado nella formula e metto t=1 viene fuori che E[x]=a quindi all’interno di quelle 6 sottozone, la media di 1
ora è costante e vale quanto espresso nella tabella (valore maggiore sul Gargano in zona 1, sul
subAppenino-Dauno in zona 3). All’interno di ogni sottozona il parametro “a” viene ritenuto costante.
I valori di “C” “D” e “n” hanno una caratteristica differente. Dalla tabella infatti si nota che ci sono zone in
cui abbiamo o solo i valori di “C” e “D” (ZONA 1 e ZONA 3) o solo il valore di “n” (ZONA 2 e ZONA 4). Ciò
significa che in zona 2 e zona 4 la legge è . Quindi la tabella ci dà i valori semplificati di “a” e “n”
quindi “C” e “D” non esistono e quindi non c’è dipendenza statistica dalla quota e abbiamo “a” e “n” unici
nell’ambito nella sottozona. Nella zona 1 e nella zona 3 invece, dove ci sono i rilievi più consistenti come il
Gargano e SubAppenino-Dauno, viene inserita la dipendenza della quota. Ecco perché è importante
individuare il punto in cui ci troviamo.
Tutto ciò ci porta alle curve di possibilità climatica però relative a valori medi. Si tratta di curve del tipo
n
h=at dove siamo in una zona in cui c’è la dipendenza dalla quota. Tali curve ci dicono come varia la
relazione valida per la media in funzione della durata per diverse quota (50 è 50 metri sul livello del mare in
ZONA 1).
Sul VaPi abbiamo una figura come questa in tutte le zone in cui c’è la dipendenza dalla quota, diversamente
avremmo un’unica legge per quelle zone in cui non c’è dipendenza dalla quota.
Lezione 27-11-2013
Abbiamo da guardare un po’
l’ultimo capitoletto che
riguarda l’analisi regionale.
Va detto, per altro, che la
scorsa lezione e questa sono
quelle più applicative, su cui
molto spesso ci si concentra a
livello di domande d’esame
perché, dalla conoscenza
dell’applicazione del VAPI-
Piogge e del VAPI-Piene della
Puglia, si vede un po’ quali
sono gli elementi che voi
necessariamente dovete
conoscere, nel senso che
nell’ambito delle diverse cose che potete imparare a fare da questo corso, il minimo
sindacale che io richiedo è che voi sappiate calcolare la portata con il prefissato
tempo di ritorno per tempi di ritorno elevati. E’ chiaro che, poi, l’analisi regionale in
tutte le sue impostazioni metodologiche, teoriche, verifiche delle ipotesi, etc… ha
tutta una sua complessità che abbiamo esaminato.
Dal punto di vista applicativo, però, ciò che alla fine serve strettamente sapere,
anche per presentare la relazione di compatibilità di un’opera al piano di assetto
idrogeologico, è quello che stiamo vedendo in questi giorni: come si applica il VAPI-
Piene o il VAPI-Piogge per quello che abbiamo visto precedentemente, cioè come si
applica in pratica tenendo conto che lo studio è già disponibile. Non è detto, non è
neanche escluso, che nella vostra vita professionale dovrete poi occuparvi di
aggiornare il VAPI; ma, invece, è assolutamente probabile che vi troviate ad
applicarlo e, di conseguenza, quello che certamente dovete sapere è come si fa (per
quello che riguarda le piogge lo abbiamo visto ed è inutile ritornarci sopra).
Ricordiamo che nel VAPI-Piogge c’è questa suddivisione tra Puglia settentrionale e
Puglia centro-meridionale: queste due diverse regioni sono, al loro interno, uniche
sia al primo che al secondo livello di analisi regionale ed, invece, rispetto al terzo
livello di analisi regionale complessivamente vengono fuori sei sottozone in ognuna
delle quali vale una legge del tipo i cui parametri ed possono o meno
dipendere dalla quota del bacino. Sappiamo che quest’ultima relazione è riferita ai
valori medi dei massimi annuali delle precipitazioni di diversa durata e, di
conseguenza, per ottenere poi la precipitazione avente prefissato tempo di ritorno,
dobbiamo moltiplicarla per il fattore di crescita e, quindi, complessivamente,
otteniamo la nostra classica legge di potenza che chiamiamo curva di possibilità
climatica e, cioè, otteniamo un’altezza di pioggia per prefissato tempo di ritorno e
durata variabile, moltiplicando un certo fattore di crescita, che dipende dal tempo di
ritorno, per una legge del tipo scritto sopra:
dove ed dipendono dalle
6 sottozone in cui ci si
trova, in particolare in
alcune di queste sottozone
dipende dalla quota del
bacino sul livello del mare;
cambia a seconda che ci si
trovi in Puglia settentrionale
o in Puglia centro-
meridionale.
Tutto questo è quanto ci
serve per calcolare una
precipitazione avente prefissato tempo di ritorno e durata variabile da 1 fino a 24
ore.
Dobbiamo adesso vedere quali sono gli strumenti da mettere in campo per calcolare
la portata avente prefissato tempo di ritorno, sapendo che qui abbiamo un
compito un po’ più semplice nel senso che, in questo caso, abbiamo un “grado di
libertà” in meno perché la durata non ci interessa dato che i colmi che consideriamo
sono istantanei.
Di tutto questo si trova trattazione in quello che viene chiamato VAPI-Piene. Questo
se non sbaglio è il capitolo 10 del VAPI. Qui vengono trattate le seguenti stazioni, di
cui abbiamo già esaminato qual è la numerosità abbastanza variabile e abbiamo già
fatto le nostre considerazioni sulla media , il coefficiente di variazione e il
coefficiente di asimmetria , cioè G.
Quindi, abbiamo già detto che sicuramente la media è molto variabile e abbiamo
già, a sensazione, sondato il fatto che la media sicuramente dipende dalla superficie
del bacino e abbiamo detto che, per il coefficiente di variazione e per il coefficiente
di asimmetria, tutto sommato, potremmo ancora mettere in campo l’ipotesi di
omogeneità statistica e, quindi, provare a verificare se è vero che questa zona si
possa considerare statisticamente omogenea e che, quindi, e siano unici a
livello di intera ragione.
Il VAPI-Piene, come vi ho anticipato, è stato sviluppato dall’Università della
Basilicata negli anni 90. In realtà, prima ancora di questo studio che mette a fuoco
questa zona pugliese, c’era stato uno studio precedente condotto a livello di intera
Italia meridionale - che quindi aveva messo insieme le stazioni, non solo tutte quelle
Pugliesi, ma anche quelle di Calabria, Basilicata e Campania - che aveva, a sua volta,
già provato a testare l’ipotesi che fosse omogenea addirittura tutta l’Italia
meridionale peninsulare (escluse le isole) e queste valutazioni erano state sempre
fatte secondo il criterio della regionalizzazione gerarchica, anzi, per la verità,
l’ipotesi di omogeneità era stata verificata solo al primo livello di analisi regionale ed
era stata, anche, ottenuta una verifica positiva. Quindi, il primo livello di analisi
regionale delle piene ci dice che, pur essendo effettivamente vero e accettabile dal
punto di vista statistico l’ipotesi che questi coefficienti di asimmetria siano diversi
tra di loro solo per effetto di varianza campionaria, il coefficiente di asimmetria è
unico; questo, però, non deriva da studi fatti specificatamente sulla Puglia, ma da
studi fatti su tutta l’Italia meridionale, che attestano che l’omogeneità è ammissibile
a livello di intero distretto, possiamo dire oggi. primo livello di analisi
Quindi, per conseguenza, si ha che il risultato del
regionale delle piene è un’unica coppia di parametri dei valori e che sono i
segu