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ANZIANO

Si verifica l’idrocefalo normoteso dell’anziano, con un quadro simile a quello

dell’idrocefalo ex-vacuo.

Mima molto spesso una demenza.

I sintomi sono:

Demenza;

 Incontinenza urinaria;

 Difficoltà alla deambulazione (come il Parkinson).

La diagnosi viene fatta con la TAC, in cui si vedono le cavità ventricolari

dilatate.

È detto normoteso perché nella maggior parte delle ore della giornata la

pressione presente all’interno dei ventricoli è normale.

La pressione aumenta soprattutto di notte.

Per fare diagnosi si è costretti a fare un monitoraggio della misurazione della

pressione intracranica di 24-48 ore.

Si vedrà così normalmente una pressione normale, ma in certe ore si

osserverà un aumento della pressione che poi ritornerà normale.

DIAGNOSI

La diagnosi viene fatta soprattutto con la TAC.

Il segno iniziale di un idrocefalo è la visualizzazione dei corni temporali.

Quando i corni temporali sono molto visibili significa che molto probabilmente

si sta sviluppando un idrocefalo.

Inoltre le cisterne silviane ed emisferiche non sono visibili.

I solchi non sono visibili perché i ventricoli spingono il parenchima, che a sua

volta spinge verso l’alto la corteccia facendo scomparire i solchi.

A volte il muso del III ventricolo spinge verso la sella turcica.

Uno dei segni di idrocefalo ipertensivo è la presenza di ipodensità, di una

macchia sfumata, scura, intorno ai ventricoli. Il liquor, vista la sua pressione,

trasuda attraverso le pareti del ventricolo nel parenchima. Questo processo

viene detto trasudazione transependimale.

Il corpo calloso a volte è spostato verso l’alto.

TERAPIA

L’idrocefalo è una patologia da trattare soprattutto quando è di tipo

ipertensivo.

Nei casi conclamati si procede con certi tipi di intervento chirurgico. Nei casi

dubbi, come l’idrocefalo normoteso si esegue la misurazione della pressione

intracranica. gli shunt del ventricolo.

Si possono eseguire

Viene messo un catetere nel ventricolo a monte dell’ostacolo. Nell’idrocefalo

ostruttivo, per esempio, per chiusura del terzo ventricolo si avrà una

dilatazione del primo e secondo ventricolo. Quindi si mette un catetere in uno

di questi due ventricoli.

Il catetere viene poi portato sottocute, viene agganciato ad una valvola dalla

quale parte un altro catetere che termina

o nel peritoneo (il peritoneo è una membrana semi permeabile che può

riassorbire il liquor).

o nell’atrio destro(Si decide di portare il catetere in atrio destro perché

comunque il liquor viene riassorbito a livello del seno sagittale

superiore, per passare poi nella giugulare, nella vena cava superiore e

quindi in atrio destro).

Si parla perciò di shunt ventricolo-peritoneale e ventricolo-atriale.

Questi due tipi di shunt vengono anche chiamati derivazioni ventricolari

extracraniche.

È necessaria la valvola perché se si mettesse solo una serie di tubicini il

ventricolo si svuoterebbe completamente oppure il liquor tornerebbe indietro.

Le valvole prima erano a pressione determinata. Esistevano valvole che

aprivano a 60 mmHg, altre a 120 mmHg, altre ancora a 360 mmHg. La

pressione di apertura di una valvola deve essere superiore alla normale

pressione intracranica.

Oggi invece ci sono delle valvole che si autoregolano (cioè che si regolano in

base alla pressione che sentono d’istinto) o che si regolano dall’esterno con

un magnete.

Attraverso questo magnete c’è la possibilità di aprire e chiudere la valvola.

Quindi ci si può regolare anche senza fare la misurazione della pressione

intracranica.

Il rischio di svuotare troppo il ventricolo

è la sindrome d’ipotensione endocranica che dà quasi gli stessi sintomi

della sindrome da ipertensione endocranica.

Se il parenchima si affloscia, cala, si stirano le vene a ponte, cioè tutte

le vene di scarico della superficie cerebrale nel seno sagittale

superiore.

Queste vene nell’adulto, nell’anziano sono particolarmente fragili, per

cui basta un colpo di tosse o uno starnuto per romperle. La

conseguenza è un ematoma subdurale. La valvola è fatta da un

sistema che ne regola la pressione e da un reservoir dal quale si può

prelevare il liquor.

ventricolo-cisternostomie (derivazioni ventricolari intracraniche.)

Un idrocefalo per stenosi dell’acquedotto determinerà il dilatarsi del terzo

ventricolo e dei ventricoli laterali.

Il muso del terzo ventricolo si poggia sull’aditus ad sellam dove si trova la

cisterna ottico-chiasmatica.

Si è pensato così di creare una fenestrazione, un foro tra il muso del terzo

ventricolo e la cisterna ottico-chiasmatica, invece di inserire una valvola.

Questi interventi vengono detti ventricolo-cisternostomie.

Si può eseguire la ventricolo-cisternostomia sopraottica o posteriore.

Si parla in questo caso di derivazioni ventricolari intracraniche. Ovviamente le

derivazioni interne sono molto più complicate da eseguire rispetto alle

esterne, in quanto bisogna andare in endoscopia nel ventricolo, individuare il

muso del terzo ventricolo, bucare e osservare che il liquor circoli.

Bisogna stare molto attenti perché intorno ci sono strutture molto importanti

come l’ipotalamo.

Se per sbaglio si bucasse l’ipotalamo, il paziente non si sveglierebbe.

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
10 pagine
SSD Scienze mediche MED/26 Neurologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Mari81a di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Neurologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Catanzaro - Magna Grecia o del prof Quattrone Aldo.