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Paesi esteri.
Crollò la fiducia nei sistemi monetari (si grattava l’oro dalle monete, i re erano più
- ricchi degli altri per questo motivo.
Significativo fu proprio che a partire dall’Inghilterra e dalla Francia, Paesi padri del
mercantilismo, questo sistema fu messo in crisi. Pur se con sfumature diverse, e talvolta
accentuate, la nascente economia politica cominciò a identificare la ricchezza di una
nazione con la produzione ed il lavoro (nasceva in quegli anni in Francia la teoria
fisiocratica), anziché con i metalli preziosi e lo scambio, e a compiere, così, i primi passi
verso la teorizzazione del nascente capitalismo.
Capitalismo ( )
da fine XVIII sec : è un sistema economico caratterizzato dalla coesistenza
di: Formazione e impiego produttivo del capitale
- Divisione internazionale del lavoro
- Fondato sull’impresa, sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e
- sull’economia di mercato.
Il commercio su grandi distanze aveva fatto sì che la borghesia mercantile avesse
accumulato denaro. Ciò portò i mercanti ad allargare la propria sfera di azione alla
produzione, prima domestica poi manifatturiera. I prodromi risalgono al basso Medioevo,
anche se vi si presentarono in modo non sistematico.
“Putting-out” system (XV sec) dei mercanti-imprenditori fiamminghi: essi acquistavano la
lana grezza inglese, ne facevano curare la tessitura e filatura ai contadini e provvedevano,
poi, in proprio o presso altri lavoranti, alla rifinitura del prodotto. Il mercante-
imprenditore, cioè, vendeva al tessitore la materia prima per poi acquistarla manufatta. Il
tessitore dipendeva pressoché totalmente dai capitalisti.
Il putting-out rappresentò anche un esempio di divisione internazionale del lavoro: gli
allevatori inglesi vendevano la propria lana ai mercanti fiamminghi, che la vendevano alle
famiglie contadine per la trasformazione in panno, e lo riacquistavano manufatto. Poi lo
vendevano a mercanti italiani, che li davano a mastri specializzati per la rifinitura, e poi lo
smerciavano nelle città musulmane del Mediterraneo.
Nelle campagne inglesi il putting-out introdusse uno degli elementi peculiari del
capitalismo moderno: il salario, seppur nella fattispecie di cottimo.
In questo sistema, definito anche domestic system, gli operai-artigiani non erano
sottoposti ad una rigida disciplina come nelle fabbriche, poiché potevano assimilarsi a dei
salari a contratto, sempre più dipendenti dai capitalisti.
Questi ultimi, tra ‘500 e ‘600, spostarono i telai in edifici appositamente adibiti – le
manifatture – dove reclutavano lavoranti liberi, non appartenenti a corporazioni. Diedero
così inizio al factory system, che in quegli anni, dove il mercantilismo era al suo apice, era
frequentemente gestito direttamente dallo Stato.
Nella seconda metà del Settecento, in Inghilterra divampò la prima rivoluzione
industriale grazie alle innovazioni tecnologiche. La prima rivoluzione industriale decretò
la proprietà privata dei mezzi di produzione e del rapporto salariale, e permise l’inizio del
processo di massificazione dei beni, grazie all’ampliamento del mercato generato da un
consistente incremento demografico non solo inglese. L’esigenza di manodopera a basso
prezzo scardinò definitivamente il sistema corporativo, e fece affermare la divisione del
lavoro come metodo organizzativo della fabbrica.
Ma fu la proclamazione della libertà così come sancita dalla Dichiarazione
d’Indipendenza degli Stati Uniti e dalla Rivoluzione francese che indirizzerà il capitalismo
verso la libera concorrenza, il rifiuto dell’intervento Statale, la tutela della proprietà
privata, l’uso non vincolato dei fattori di produzione. La scuola “classica” (la cui
fondazione viene fatta risalire al 1776, data simbolo della pubblicazione de “La ricchezza
delle nazioni” di A. Smith) teorizzò in forma compiuta il capitalismo come sistema
economico.
Incredibile contributo diede il pensiero fisiocratico, nato in Francia nella seconda metà
del ‘700 e il cui maggior esponente è il francese Quesnay, dottrina economica che si
ispirava alla filosofia giusnaturalista e utilitaristica, incentrata sul principio dell’ordine
naturale: il mondo è governato da leggi che si possono scoprire ma non modificare, poiché
esse sono il portato dell’opera di Dio e dunque finalizzate alla felicità dell’uomo. In questo
contesto, l’interesse individuale è anch’esso espressione del disegno divino e dunque
conforme all’interesse generale, perciò il diritto positivo deve uniformarsi al diritto
naturale e lo Stato non può intervenire se non in casi critici (“lassez faire- lassez passer”).
I fisiocratici individuarono nella terra l’origine del c.d. “prodotto netto”: il surplus era la
differenza tra produzione agricola totale e le spese sostenute per ottenerla. Quanto
necessario alla sussistenza dei lavoratori, sommato ai costi naturali complessivi, era
inferiore a quanto raccolto.
Il celebre motto “laissez faire-laissez passer” sintetizza il principio dell’ordine naturale
propugnato dai fisiocratici, e divenne il vessillo della scuola classica contro il
mercantilismo. Getta le basi alla c.d. “mano invisibile” successivamente teorizzata dal
pensiero capitalista inglese nel corso del XVIII sec.
Legge di Say (o “legge degli sbocchi”) – 1803: l’offerta è sempre in grado di generare
la propria domanda. Dunque, in un regime di concorrenza perfetta, non sono possibili crisi
di sovrapproduzione.
Come funziona? Come nel circuito economico: se si incrementa la produttività, si deve
incrementare la remunerazione dei fattori in maniera pari all’apporto produttivo, cosicché
il sistema raggiunga da solo l’equilibrio, generando una domanda sufficiente all’acquisto di
tutti i beni prodotti. Indi l’impossibilità di crisi di sovrapproduzione.
In questa legge, la moneta ha solo funzione transattiva (finalizzata solo alla
compravendita di beni), non è prevista nessuna tesaurizzazione (nessun risparmio).
Thomas Malthus (1803) critica questa legge, dicendo che possono esserci crisi di
sovrapproduzione, seppur temporanee: anticipando Keynes di 130 anni, sostiene che può
esserci un eccesso di risparmio o una riduzione del potere d’acquisto, perciò i consumi non
basteranno a soddisfare l’eccesso di offerta: è necessario aumentare la domanda effettiva,
lasciando invariata l’offerta attraverso i c.d. “consumi improduttivi”: viene creato reddito
per produrre qualcosa che non aumenta l’offerta, cioè impiegando e remunerando le
persone per beni di pubblica utilità (costruzione di scuole, strade, ospedali, ecc.): in questo
modo, aumenta il reddito e dunque il potere d’acquisto dei consumatori. Le somme per il
finanziamento di queste opere potevano essere ottenute mediante un’imposta.
Legge malthusiana della demografia (1803): poiché la popolazione aumenta a un
ritmo geometrico, nel futuro ci sarà un periodo in cui i beni di sussistenza, che crescono a
ritmo aritmetico, non basteranno per sfamare l’intera popolazione: ci saranno epidemie,
crisi e la popolazione verrà falcidiata (ma si era dimenticato l’innovazione tecnologica,
elemento che ha proprio evitato questo). Soluzione: contenimento delle nascite mediante
l’astinenza sessuale, bisognava fare figli solo se si era in grado di mantenerli.
La teoria mainstream riprende questa legge solo con il piccolo correttivo del prezzo.
Il 1776 è la data simbolo della nascita della scuola classica, che ha dato una
sistemazione teorica all’economia capitalistica. In quell’anno veniva pubblicato “La
ricchezza delle nazioni” di Adam Smith, il quale, assieme a David Ricardo e Thomas
Malthus, viene considerato uno dei maggiori esponenti della scuola classica.
Smith, a differenza dei fisiocratici, ravvisava nel lavoro produttivo (cioè quello capace di
generare un surplus) l’elemento in grado di fornire ricchezza, e in particolare quello
impiegato in settori che producevano beni materiali, tangibili. La produttività del lavoro
era fornita dalla divisione del lavoro stesso, conseguenza diretta della meccanizzazione.
Smith riteneva che il mercato fosse guidato da una “mano invisibile” in grado di trovare
l’equilibrio da sé senza necessità di un intervento pubblico, ed era convinto che il
perseguimento degli interessi personali contribuisse a realizzare anche un maggiore
interesse collettivo.
Qualche decennio più tardi, Ricardo, con la sua teoria dei costi comparati, dimostrò che
due Paesi potevano derivare reciproci vantaggi dalla divisione internazionale del lavoro e
del commercio: due nazioni, con differenti produttività del lavoro, potevano scambiare i
loro prodotti con reciproci benefici se si fossero specializzate nel bene su cui avevano un
vantaggio comparato, cioè in quel bene la cui produzione ha un costo di opportunità
minore rispetto agli altri beni.
Infatti, ipotizzando che ci siano due Paesi che producono due differenti beni, ad un Paese
conviene specializzarsi nella produzione di quel bene il cui costo di opportunità è minore in
termini dell’altro bene (cioè in quel bene in cui è relativamente più bravo a produrre)
anche se produce entrambi i beni a costi minore rispetto all’altro Paese. Questo perché se
produce quel bene in cui ha un “vantaggio relativo” e lo scambia con l’altra nazione, il
vantaggio che ne deriva è maggiore di quello ottenuto se avesse dovuto produrre entrambi i
beni.
La costruzione teorica del capitalismo, e la sua esaltazione, erano ormai compiute.
L’economia di mercato, attraverso la libera concorrenza, permetteva sempre di
raggiungere nel lungo periodo l’equilibrio, che la produttività del lavoro consentiva di
sviluppare grazie alla divisione interna e internazionale del lavoro stesso. I vantaggi
comparati si concretizzarono in un sempre maggior saggio di accumulazione e di un
accelerato sviluppo.
Proprio le contraddizioni del capitalismo, nella sua configurazione dottrinaria e nei suoi
lati pragmatici, posero le premesse per l’elaborazione di Marx.
Marxismo (1848, Manifesto del partito comunista di Marx ed Engels): la critica al
sistema capitalistica di Karl Marx muove dalla teoria valore-lavoro elaborata da Smith e
corretta da Ricardo e dalla filosofia dialettica di Hegel, che reinterpreta in termini
economici.
(Teoria valore-lavoro) Smith aveva ravvisato nel lavoro produttivo, applicato a tutti i
settori che producono beni tangibili, l’unico elemento all&rs