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Il ribaltamento, invece, prevede un distacco iniziale lento di colonne di roccia
separate da discontinuità ad alto angolo, seguito poi da una rotazione estremamente
rapida verso l’esterno del blocco stesso, su superfici basali ben definite (presenza di
una litologia a comportamento plastico), quando la verticale passante per il baricentro
cade al di fuori della base della massa interessata dal movimento. (fig. 2)
(Fig. 2)
I fattori che provocano entrambi i tipi di cinematismo sono: l’erosione e la perdita di
appoggio o scalzamento dei blocchi precedentemente separati, l’azione dell’acqua
nelle discontinuità e nelle fratture, le scosse sismiche, etc.
Gli accumuli derivanti da tali fenomeni sono pressoché identici e, quindi, non è
possibile distinguere i due tipi di cinematismo analizzando solo la falda di detrito al
piede del versante. Il volume di roccia interessato da questi fenomeni è variabile, ma
ciò che li rende potenzialmente pericolosi è la velocità quasi istantanea con cui
avvengono.
Lineamenti geologico-strutturale e tipi di interventi
Allo scopo di valutare l’attuale situazione di degrado della placca rocciosa si effettua
un rilevamento geomeccanico di dettaglio mirato a censire le discontinuità presenti.
4)
Nell’effettuare tale rilievo si tiene conto dei suggerimenti I.S.R.M. per la
determinazione delle caratteristiche sia dei giunti che dell’ammasso roccioso.
Le principali caratteristiche dei giunti possono essere così riassunte:
Giacitura
Tipologia
Spaziatura
Rugosità (JRC)
Persistenza
Apertura
Riempimento
Resistenza a compressione semplice delle pareti dei giunti (JCS)
Stima del grado di alterazione di tutte le discontinuità
Dopo aver definito da un punto di vista geomeccanico l’ammasso roccioso, si
stabilisce il tipo di intervento più idoneo. Per quanto riguarda la stabilizzazione e
protezione da crolli e ribaltamenti di roccia, distinguiamo misure attive e misure
passive.
Nelle prime rientrano tutte quelle opere che servono per la stabilizzazione di
potenziali crolli come:
I tiranti sono formati da trefoli a barre d’acciaio che vengono intestati nelle
a) zone stabili del pendio (ad una profondità che varia tra i 15 e i 40 m), lavorano
a trazione fornendo una forza di contrasto al movimento (tra 45 e 120
tonnellate per ancoraggio) e di conseguenza aumentano le tensioni normali alla
superficie di rottura;
b) i bulloni sono una tipologia di tiranti utilizzati esclusivamente in roccia. Si
collocano in perforazioni realizzate nella roccia e sigillate con malte, boiacche
o resine. Le lunghezze sono comprese tra i 3 e i 6 m con diametri variabili tra i
25 e i 40 mm e sviluppano una forza ammissibile che oscilla tra le 5 e le 15
tonnellate per bullone;
________
4) (International Society for Rock Mechanics, 1978)
c)i chiodi, infine, sono ancoraggi non pretesi che vengono installati per
migliorare la resistenza a trazione e al taglio dell’ammasso.
d) la posa in opera di sistemi di cavi metallici fissati o ancorati a pendii per zone
molto fratturate.
e)utilizzo di reti metalliche a doppia o tripla torsione alla quale si sovrappongono
una serie di cavi intrecciati ancorati alle estremità della roccia e messi in
trazione.
Nelle seconde, invece, rientrano tutti gli interventi utili per evitare i danni causati dai
crolli alle infrastrutture, come:
reti metalliche formate da cavi d’acciaio che si tendono dalla testata
del pendio ricoprendo tutta la superficie fino al piede. Hanno la
3
funzione di contenere blocchi con dimensioni inferiori a 0,5 m ;
grosse cunette o piccole valli scavate al piede di pendii per la
raccolta di massi rocciosi di modeste dimensioni;
muri di calcestruzzo o di gabbioni che costituiscono un ostacolo
all’avanzata dei blocchi crollati;
barriere statiche formate da pali metallici infissi o cementati, ai quali
vengono fissate reti metalliche resistenti posizionate alla base o
sulla superficie del pendio;
barriere dinamiche o flessibili in grado di assorbire l’energia da
impatto delle masse rocciose mediante le deformazioni elastiche e
plastiche delle reti metalliche. Consistono in reti di cavi d’acciaio
intrecciato, supportate da pali di acciaio cementati e ancorati al
versante.
I fenomeni franosi di Ceri
Il centro abitato di Ceri sorge su una rupe di origine vulcanica costituita per la
maggior parte della sua estensione dalla formazione “Tufo Rosso a scorie nere”,
prodotta dal Distretto Vulcanico Vicano circa 449.000 anni fa.
Nel dettaglio, è questo litotipo ad essere interessato da un sistema di fratture (nello
specifico si tratta di “fratture che verso la periferia dell’affioramento si
da trazione”)
vanno ad allargare, come testimonianza diretta di un’instabilità della parete. Queste
lesioni si sono generate principalmente per un detensionamento laterale causato
dall’assenza, per erosione, del materiale intorno alla rupe; secondariamente, anche la
presenza della vegetazione ha giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo di queste
fessure. Di conseguenza si sono resi necessari interventi di consolidamento alla
parete per attenuare i fenomeni franosi che negli anni hanno ridotto l’estensione
della rupe e generato lesioni alle abitazioni soprastanti.
(Colonna stratigrafica non in scala della parete al di sotto del centro abitato di Ceri.)
I fenomeni di instabilità della rupe di Civita
Castellana
Civita Castellana è una cittadina situata a 148 m s.l.m. su un plateaux vulcanico cinto
da profondi valloni (Fosso Maggiore, torrente Vicano e Treia).
nell’area dal basso verso l’alto è
La successione stratigrafica (fig.4) affiorante
costituta da:
–
formazione del Chiani Tevere, formata principalmente da argille di ambiente
fluvio-lacustre;
formazione di Civita Castellana, un’unità conglomeratici, attribuita al
paleotevere, con ciottoli di selce (derivante dal Macigno Toscano), di calcare
diasprigno, di areneria e calcarenite e con livelli siltosi e argillosi non
cartografabili;
depositi epiclastici, costituiti da brecce immerse in una matrice vulcanica in cui
si sovrappongono livelli pomicei argillitificati;
formazione del Tufo Rosso a Scorie Nere del Distretto vulcanico Vicano.
(Fig. 4. Schema non in scala della successione stratigrafica dell’area di Civita Castellana )
La morfologia di tutta l’area è caratterizzata da processi di erosione lineare che hanno
intaccato le superfici strutturali fino a raggiungere il substrato sedimentario, isolando
così vari settori, come quello del centro storico e il colle del Mignale. (foto 5)
(Foto 5. La rupe del Mignale con il contatto stratigrafico, alla base, tra i Tufo Rosso a Scorie Nere
e l’Unità di Civita Castellana.)
Le valli non si presentano con la classica forma a “V”, ma sono a fondo piatto con
versanti subverticali interessati da fenomeni di instabilità, i quali regolano
l’evoluzione morfologica delle valli stesse. (foto 6)
(Foto 6. La valle del Torrente Treia a fondo piatto e fianchi subverticali.)
La litologia interessata da fenomeni di instabilità è quella del Tufo Rosso a Scorie
Nere, sede di intensa fatturazione venutasi a creare principalmente per:
a) il raffreddamento del materiale, una volta messo in posto;
il detensionamento per stress release a causa dell’erosione molto spinta
b) dei sedimenti circostanti le rupi;
c) la presenza della vegetazione che, in misura minore, influisce nello
sviluppo di queste fessure.
Quindi sia le fratture che le famiglie dei giunti di discontinuità, così createsi, giocano
un ruolo fondamentale per l’isolamento di blocchi rocciosi, soggetti poi a crolli o
ribaltamenti (foto 7). Inoltre, queste lesioni conferiscono al Tufo una permeabilità
secondaria con l’opportunità di ospitare falde isolate nel caso in cui sono siano a
contatto con una litologia meno permeabile, che, nel nostro caso, è rappresentata
dall’Unità di Civita Castellana.
(Foto 7. La rupe del Mignale interessata da fratture subverticali che isolano i blocchi soggetti ai
fenomeni di crollo e ribaltamento.)
Quindi per ridurre ed attenuare la pericolosità e la frequenza di questi fenomeni
franosi si predispongono interventi, che, nel caso specifico di Civita Castellana, sono
stati: reti metalliche formate da cavi d’acciaio stese su tutta la superficie della
parete, (foto 8)
(Foto 8. Particolare delle reti metalliche, poste sulla parete al di sotto dell’ospedale.)