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L’opera comincia con una descrizione analitica del porto, una carrellata dal generale al particolare, alla fine della quale
il narratore entra in scena. [2] riassume il paragrafo precedente; è un’offerta ex voto. Si capisce che il
pubblico prevalente di Achille Tazio è greco, che tutte le descrizioni sono percepite come esotiche; dell’autore
conosciamo qualcosa solo dal Suda, enorme lessico enciclopedico bizantino del X sec., in cui è chiamato Achille Stazio
e a cui vengono attribuiti il romanzo, un trattato Sull’etimologia, una Storia mista e scritti di matematica: alla fine della
sua vita sarebbe divenuto cristiano e fatto vescovo (probabilmente per rivalutare la sua persona). Nei manoscritti il
nome oscilla fra Achille Tazio, che prevale, e Stazio, facilmente motivabile da un errore del copista; la Suda dice che
era alessandrino, ed emerge in effetti dall’opera la passione per l’Egitto. Negli altri romanzi greci non si ha mai una
presentazione in prima persona dell’autore, o comunque del narratore, che rompe il principio di onniscienza, ma presto
scompare dalla storia: la vicenda verrà poi narrata da Clitofonte; vi è una precisa corrispondenza fra l’inizio del
paragrafo 1 e la fine del 2. In termini letterari l’inizio del romanzo è un’: in greco essa è una descrizione (scudo
di Achille, mantello di Giasone, coppa di Teocrito nel primo idillio), che i narratologi definiscono “elemento statico ed
informante”, mentre al giorno d’oggi indica solo la descrizione di un’opera d’arte. Nei Progymnasmata di Elio Teone
(fine I d.C.), importante retore antico, ove si danno esercizi per i ragazzi che si avviano alla retorica, uno di questi
esercizi è l’, di cui viene data una definizione teorica: non si parla di descrizioni di opere d’arte (il primo trattato
in cui emerge anche questo valore è di Nicolao di Mira, del V d.C.), ma di mettere vividamente () sotto gli occhi
ciò che si vuole mostrare; vengono poi enunciate le caratteristiche stilistiche (le , in campo retorico “le buone
qualità dello stile”; in età imperiale si userà il termine idea, p.e. in Ermogene di Tarso, del II d.C.): la chiarezza, la forza
icastica, la brevità su elementi inutili, l’appropriatezza (). Fra gli autori antichi Luciano è quello che meglio si
intende di arte, ed è il principale autore per la conoscenza della pittura; Achille Tazio segue questi principi, non solo
nella descrizione del quadro ma anche della città e del porto. [3] La prima frase è nominale ( non è termine
tecnico); impf. da ; = “avere lunghi capelli, essere ricco”. Ricomincia una serie di frasi
nominali; impf. da ; è reiterato, in verbi e aggettivi, ma l’insistenza fonica è anche sul suono /f/. [4]
Si fa riferimento al pittore, sconosciuto (l’autore è sempre ignoto tranne in un caso, in cui forse è inventato); è
l’artista, ma significa anche “artigiano”: nel mondo greco la differenza fra arte e artigianato esiste ma non è così
centrale come nella sensibilità moderna; per il greco importante era la concretezza (ma non considerando la molteplicità
del risultato) basata sulla conoscenza teorica; indica anche il manuale teorico sull’arte, p.e. il Canone di Policleto,
che ne è una summa, a livello pratico e teorico; infine il termine significa anche “artificio, trucco” (cfr. Od. VIII, e
Contro Eratostene di Lisia). Il dipinto dunque è identificato dal verbo , che comunque indica lo scrivere, e non il
dipingere: “la poesia è come un quadro” (Ars Poetica), un della tecnica retorica, estremamente produttivo;
la formulazione originaria non è di Orazio, ma di Simonide, come si evince da Plutarco: “la pittura è poesia muta, la
poesia pittura parlante”, entrambe accomunate dal fine della , il cui significato è diverso da quello moderno,
indica l’accurato rapporto fra realtà e sua rappresentazione; p.e. nella descrizione dello scudo la capacità mimetica di
Efesto è ben esemplificata dal continuo riferirsi del poeta alla realtà materiale, forme, suoni e colori. Si ritrovadi nuovo
un chiasmo fra i termini che determinano l’artista; aor. da o . [5] indica lo spazio
recintato, etimologicamente il “gettare qualcosa intorno ad un’altra”, p.e. nella tecnica retorica chiamata dai latini
amplificatio; impf. da; significa “canna”, estensivamente “tetto”. Si trae l’idea di un giardino
estremamente ordinato. [6] piuc. da ; è termine raro dall’Iliade, indica una persona che
procede all’irrigazione con l’aiuto di un canale. Si hanno diverse indicazioni spaziali, ma non sulla posizione degli
oggetti nel quadro. Si dà una collocazione delle ragazze, ma comunque non è chiaro dove siano nel quadro stesso: da un
punto di vista contemporaneo le descrizioni artistiche antiche sono, sia oggettive che soggettive, insoddisfacenti, ma
anche perché non rispondono ad un’esigenza di documentazione, ma comunicativa. Della coppa descritta da Teocrito
nel primo idillio non si evince la forma della stessa, siamo inclini a credere che sia un bicchiere, ma con due manici,
elemento strano; le scene rappresentate, nella cornice vegetale, sono tre: una donna corteggiata da due uomini, un
pescatore anziano su una roccia che tira le reti e un ragazzino che intreccia una gabbia per grilli mentre due volpi
cercano di rubargli la colazione. [7] Si apre con una frase nominale con dativo di possesso; indica un’apparenza
artificiosa, l’intenzione del pittore. Prima di descrivere l’atteggiamento si descrive l’abbigliamento: part. perf.
da , è acc. di relazione, come . Di è noto solo il perf. , usato come pres.,
significa “aprire le labbra e mostrare i denti chiusi”; una paretimologia antica collegava il termine a questo
termine; e part. perf. da . [8] La duplicità dei sentimenti viene spesso sottolineata nelle opere
d’arte come dote del pittore (p.e. nella descrizione dei centauri nello Zeusi di Luciano); la tecnica di mescolanza dei
colori è chiamata da Luciano , che da Plinio apprendiamo essere termine tecnico; il linguaggio tecnico non è,
stranamente, sempre preciso, è molto ampio, in modo tale che un tecnico possa capirlo appieno, ma anche un profano
possa coglierne degli aspetti (p.e. la ). Si trova ancora una frase nominale, che ben esemplifica la mescolanza
dei colori; è termine difficile da tradurre, quello degli occhi di Atena, fra azzurro e grigio: i greci avevano una
differente percezione dei colori, non percepivano solo la tinta, ma anche la quantità di luce di essa. [9] piuch.
ind. pass. di . Fino a qui Achille Tazio scrive in modo chiaro, , ma in altri punti lo stile è molto più
complesso, usa diversi registri, al contrario dell’uniformità di altri romanzieri. [10] indica “tenendo i piedi
uniti”, è seguito da un acc. di relazione. è part. pr. di , “tirare”, difficile da tradurre. Nella descrizione
dell’abbigliamento si usano di nuovo frasi nominali, con un chiasmo. [11] Nuove brevissime frasi nominali, che danno
l’idea dell’occhio che velocemente coglie i dettagli del fisico di Europa. Nell’Iliade l’unico accenno alla descrizione
fisica è la teicoscopia nel terzo libro, in base alla statura; Odisseo è meglio descritto, in quanto dalla statura non tipica,
bassa, eccezione alla , come lo è Paride, ma questa volta per quanto riguarda la virtù, non l’aspetto. Altra
descrizione fisica, ma non di un eroe, è quella di Tersite, che forse determina la seriorità del secondo canto. La vaghezza
in Omero è dovuta probabilmente alla mancanza nel lessico omerico di un vocabolo unitario per indicare il corpo vivo.
[13] In una scena affollata, si arriva al personaggio principale, Eros, dipinto come un bambino alato con una fiaccola,
tipico nell’ellenismo. In realtà Eros è personaggio profondamente ambiguo, specie nell’antichità, senza età, anche
aggressivo.
Capitolo II
[1] L’io narrante torna in primo piano, usa il pronome per dare maggiore soggettività. [2] Vi è forse un richiamo
platonico nel paragone con lo sciame. [3] La cornice si conclude nel segno di Eros e del , racconto di fantasia, ma
anche nell’. La cornice è aperta, non verrà poi chiusa, il dialogo fra Clitofonte ed autore non avrà una fine; forse si
tratta di incuria dell’autore, o danneggiamento della tradizione manoscritta, o artificio narrativo: il romanzo si apre a
Sidone e si chiude a Tiro, forse è un invito dell’autore a supplire con la fantasia il non detto. La funzione narrativa della
cornice è ben chiara, dà un marchio di credibilità al racconto, che pure è ; altra funzione che si può rilevare è l’idea
di contemporaneità, Clitofonte, al contrario degli altri romanzi ambientati nel passato, è coevo all’autore.
Libro III
Capitolo VI
[1] Si trova una nuova , di una statua di Zeus Casio a Pelusio, in Egitto, che somiglia più ad Apollo. In questa
descrizione si comincia a comprendere una dimensione allusiva, un divario fra realtà ed apparenza, che si chiarirà alla
luce della terza . [3] Già nelle prime righe della descrizione successiva, del quadro, si evince come il pittore
colleghi le quattro figure in esso rappresentate, con antitesi e parallelismi.
Capitolo VII
[1] Achille Tazio è molto interessato alla descrizione della natura, già all’i