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UST IN TIME E LEAN SYSTEM
Premessa : Contesto di sviluppo del lean management
Nasce in Giappone negli '50, e si basa su tradizione e cultura, influenzate dal contesto economico disastrato del 2° dopoguerra:
-povertà e carenza di risorse -alto tasso di disoccupazione, quindi manodopera a basso costo
-arretratezza industriale, sviluppatasi più tardi dei competitors internazionali, dato il protezionismo a difesa delle industrie locali
- una dom. diversificata e difficile, non soddisfabile con di prodotti standard fordisti, e sensibile all'innovazione e alla qualità
-keiretzu orrizzontali: istituti fin. con partecip. nelle impr. locali propensi a innovazione e fin. delle az. in cui sono inserite
-rapporti lavorativi longevi e collaborativi e sostegno pubblico alle imprese
La lean production, introdotta dall'ingegnere Taiichi Ohno nell'azienda Toyota, si basa sul fordismo da lui analizzato,
eliminando i suoi difetti (detenzione di un gran quantitativo di scorte (sistema m.t.s.), difetti e rilavorazioni, assenteismo)
e adattato a cultura/situazione giapponese con l'introduzione di best practices. La sua adozione permette: tanto van.comp. in
modo rapido, produttività delle risorse raddoppiata, riduzione del 90% del flow time e del livello di stoccaggio, aumento di
qualità Per questo il Sistema di produzione Toyota è divenuto un benchmark per il lean manufacturing.
La logica lean production (produzione snella)
E' un insieme integrato di attività progettate per ottenere elevati volumi di prod. con scorte minime di mat. 1°, WIP e prod.
finiti. E' una filosofia di gestione che include la progettazione di prod. e processi, il coordinamento della s.c. e il miglioramento
della produttività. E' associata alla produzione JIT,che incorpora sia il pensiero di "non produrre nulla finchè non vi è
un'effettiva domanda", sia la logica pull. Per consentire ciò, sono necessari elevata qualità, solide relazioni coi fornitori e dom.
prevedibile.I principi cardine sono: La caccia ed eliminazione degli sprechi
Il rispetto delle persone o "Muda", sono qualsiasi cosa diversa dal quantitativo
Tradizionalmente, si assume personale a vita con salario min di ft.prod. necessari. Eliminandoli si può ottenere un
costante: i dipendenti sono più fedeli e fanno tutto il possibile flusso continuo di attività che generano valore, usando al
per supportare l'impresa. I sindacati servono ad aumentare la meglio le risorse disponibili. Porta alla riprogettazione
collaborazione col management, che li considera un asset e del sistema prod. Tipi di Muda:
non macchine. Ricevono premi annuali e pay for performance -sovraproduzione -prodotti difettosi
dell'azienda. Le mansioni più ripetitive e logoranti sono -processi -scorte -movimentazioni
affidate ai macchinari. -tempi di attesa -trasporti
Il Value stream mapping
E'un metodo grafico che permette di analizzare i processi, concepisce l'org. come un sistema concatenato di attività a valore
aggiunto (permette quindi di evidenziare gli sprechi) e finalizzato a creare output di valore per il cliente. I suoi principi sono :
-mantenere il value stream, ovvero il nerwork di stadi successivi che fornisce il risultato finale al cliente, alla massima velocità
-individuare ed eliminare gli sprechi che lo interrompono, rallentano o deviano, e concentrarsi su essi anzichè
sull'accellerazione delle attività a valore aggiunto.
I 6 elementi che conducono all'eliminazione degli sprechi sono :
Nerwork di fabbriche focalizzate: predilizione vs piccoli impianti specializzati, dato che fabbriche estese/complesse hanno
maggiore burocrazia, difficile da governare e non in linea con lo stile lean
Group technology: accorpa in celle il ciclo prod. di famiglie di componenti, invece che spostare i lotti da lavorare fra più
reparti. Eliminando tempo di movimentazione e attesa fra operazioni, riduco scorte e addetti necessari. Utilizza macchinari
flessibili che garantiscano varietà, per soddisfare esigenze di dom. differenziata. Non comporta tecnologie sofisticate.
Qualità alla fonte: volta alla perfezione (Total Quality Management: insieme di pratiche che mirano alla qualità totale) tramite
il miglioramento continuo (kaizen). Grazie all'empowerment, i lavoratori sono direttamente resp. della qualità dell'output, e per
realizzarlo correttamente fin dall’inizio possono bloccare il proc.prod. in presenza di disfunzioni. Flessibili nelle competenze e
nel numero, specializzati e problem solvers, sono capaci di manutenzioni in modo autonomo, effettuano job rotation per
condividere conoscenza (Total Quality Control). I lavoratori sono così più motivati e coinvolti: ciò elimina il problema fordista
dell'assenteismo. Il proc.prod. assume una linea ad S o ad U invece che dritta, sempre per controllare ogni sua fase e risolvere i
problemi all'origine, per produrre senza difetti.
Produzione JIT: E' chiave della lean production e si ricollega ad una logica m.t.o, per organizzare il proc.prod. e realizzare un
flusso di valore (e quindi output soddisfacenti) per il cliente. Avere poche scorte manifesta le inefficienze della prod., un loro
eccesso cela i problemi (assenteismo, imperfezioni, tempi di buffering lunghi, ritardi nelle decisioni, pratiche inevase,
inaffidabilità dei fornitori, scarti, rindondanze..). Nel fordismo invece non ci si preoccupa della produttività, ma di
sovraprodurre a costi bassissimi. La dimensione ideale del lotto è unitaria, perchè permette rapidità di evasione degli ordini
(contrario del fordismo), non vi sono scorte e i clienti sono difficili ed impazienti: è necessaria una diminuzione radicale della
difettosità e velocità data da tempi di set-up brevi. I fornitori possono effettuare consegne più volte al giorno, così da
minimizzare costi di immagazzinaggio e accorciare il lead time.
Minimizzazione dei tempi di riattrezzaggio: Poichè i lotti sono piccoli e vari, si necessitano di tempi di set-up minimi. Per
farlo essi vengono divisi in attività interne (fatte a macchina ferma) ed esterne (a macchina operativa).
Controllo della produzione con Kanban: sistemi di controllo delle scorte/produz. che utilizza dispositivi visivi
(kanban=segnale, cartellino) per regolare i flussi, associati ad una logica
"pull" ed al JIT. Funzionamento di un sistema kanban a due cartellini:
-La linea di assemblaggio preleva il componente A da un contenitore pieno
-un addetto prende il kanban A di prelievo e lo porta all'area di stoccaggio del centro
di lavorazione, dove lo sostituisce col kanban A di produzione, autorizzando lo
spostamento del contenitore pieno alla linea di assemblaggio.
-il kanban di produzione liberato viene inserito in un rack nel centro di lavoro,
autorizzando una nuova produzione. I kanban sul rack rappresentano la sequenza di
scheduling del centro di lavorazione.
Funzionamento di un sistema kanban a contenitori: i contenitori fungono da segnale visivo, i vuoti necessitano di essere
riempiti, determinando così l'avvio della produzione. La quantità di scorte è regolata aggiungendo o rimuovendo contenitori.
Funzionamento di un sistema kanban a palline colorate: un tubo collega la linea di assemblaggio al centro di lavorazione.
Quando un componente necessita di scorte, l'addetto mette la pallina del colore relativo nel tubo, così la sua prod. inizia.
Assieme ai principi cardine, sono elementi integrati e complementari tra loro e guidano il sistema della lean production.
Relazioni con i fornitori
Sono cruciali nel processo perchè se affidabili l'azienda può permettersi di ridurre le scorte e i controlli sulle merci in entrata. Si
tengono perciò relazioni stabili, collaborative e di lungo periodo (vs fordismo, che intratteneva relaz. basate sul prezzo più
basso), selezionando 2 fornitori, situati vicino al cliente (l'ambiente distrettuale risulta perciò adatto). Spesso hanno magazzini
condivisi e vi è un fitto scambio di info. per pianificare le consegne (supply chain management). Anche i mezzi di distribuzione
sono condivisi, per abbassare costi e ridurre sprechi. L'imballaggio segue regole standard, che permette di riconoscere subito la
quantità di materie rimanenti/ordinate (es. pacchi rossi =20 pezzi, blu=10 pezzi..)
Lean in Italia
Negli anni '90 era presente solo nelle grandi impr., poi lo hanno diffuso ed ora è adottato anche per far fronte a periodi di crisi.
Oggi solo il 20% delle aziende lo pratica, per problemi di adattamento, date differenze di contesto e cultura: in Italia sono
presenti per lo più piccole imprese con mezzi limitati e un differente sistema di leadership (autoriatario e burocrativo)
I DISTRETTI INDUSTIALI
Sono aree territoriali con alta concentrazione di piccole/medie imprese ad elevata specializzazione produttiva, con forte
interdipendenza tra loro e con l'ambiente socio-economico in cui operano. Si innestano in un tessuto di relazioni (anche sociali)
preesistenti in aree geografiche ben determinate, perciò formano un sistema reticolare di cooperazione informale e
collaborazione di lungo periodo, che permette alle imprese di distribuirsi ordini di produzione, realizzare insieme servizi,
accomunare conoscenze e innovarsi.
Sono modelli organizzativi tipici italiani, fondati sulle attività tipiche del Made in Italy (tessile e abbigliamento, meccanica
tradizionale, arredo casa, pelletteria e calzature, elettrodomestici e packaging del settore alimentare); ve ne sono 156, la maggior
parte nel Centro Italia e nel Nord-est e coprono circa il 27% del PIL e il 37% delle export nazionali. Nati nel boom ecomomico
degli '50-'60, da metodi produttivi tramandati a livello famigliare, hanno portato sviluppo in aree allora arretrate. Il loro
successo è dato dalla spontaneità con cui si sono addensate le imprese in certe zone, data l'iniziativa degli imprenditori di
sviluppare conoscenze specialistiche e creare reti di relazioni; questa naturalezza sembra escludere la loro replicazione in altre
zone attraverso politiche industriali intenzionali.
Le imprese distrettuali
Imprese bloccate (fornitrici di cap.prod.): di piccole e piccolissime dimensioni (laboratori artigiani) specializzati in
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singole fasi prod., garantiscono bassi costi e alta qualità, ma incapaci di inserirsi autonomamente nel mercato, data la debolezza
contrattuale e l'incapacità di sviluppare strategie. Dipendono dalle committenti e subiscono di più gli effetti della crisi.
Imprese trainate: eseguono le fasi critiche della prod. ricorrendo anche a fornitori locali, ma si limitano ad imitare
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innovazioni. Per la loro limitata org., la loro strategia competitiva si basa sullo sfruttamento di opportunità del distretto, e spesso
sono esposte alla concorrenza di fornitori esteri con manodopera a basso costo.
Imprese specializzate (fornitori di 1° livello): elevate competenze pr