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RGB - VISUALIZZAZIONE DEI DATI
RGB è un modello di colori di tipo additivo: i colori sono definiti come somma dei tre colori Rosso (Red), Verde
(Green) e Blu (Blue), da cui appunto l'acronimo RGB, da non confondere con i colori primari sottrattivi Giallo, Ciano e
Magenta. Altri 5 colori notevoli di questo tipo di modello sono il Giallo (Rosso + Verde), il Magenta (Rosso + Blu) e il
Ciano (Verde + Blu), inoltre la somma dei tre colori costituisce il Bianco, e la loro totale assenza il Nero.
Per le sue caratteristiche, è un modello particolarmente adatto nella rappresentazione e visualizzazione di immagini
in dispositivi elettronici. Difatti, la maggior parte dei dispositivi, normalmente, usa combinazioni di Rosso, Verde e
Blu per visualizzare i pixel di un'immagine, tuttavia ciò fa anche sì che lo stesso sia particolarmente dipendente dal
dispositivo in sé: la stessa immagine potrebbe essere visualizzata in maniera diversa, se visualizzata su due dispositivi
differenti, in quanto i materiali usati per realizzare gli schermi variano in base al produttore.
Inoltre, si possono notare differenze nel corso del tempo anche nello stesso dispositivo, per via del naturale
deterioramento dello stesso. Quasi tutte le tipologie di schermi usano il modello RGB per visualizzare le immagini,
miscelando pixel dei 3 colori sopracitati e regolandone la rispettiva luminosità per mostrare il colore voluto.
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Dati numerici espressi in una scala compresa tra 0 e 255 (8 bit 2 = 256 valori).
Singola banda scala di grigi: 0 = nero (massimo assorbimento); 255 = bianco.
Combinazione di bande color composite: sintesi adattiva del rosso, verde e blu (RGB) 16.777.216 colori
disponibili (256x256x256 combinazioni possibili) Sintesi additiva (a):
blu+verde=ciano;
blu+rosso=magenta;
verde+rosso=giallo;
Sintesi sottrattiva (b):
ciano-giallo (o viceversa) = verde;
giallo-magenta (o viceversa)=rosso;
magenta-ciano (o viceversa)= blu.
I colori fondamentali per la sintesi additiva sono i tre a cui sono sensibili i recettori dell'occhio umano: rosso, verde e
blu (RGB). Tutti gli altri colori vengono a crearsi come somma di componenti RGB.
Addizionando, in varie percentuali, i colori fondamentali otteniamo tutte le possibili tinte, fino alla luce bianca.
La sintesi additiva viene naturalmente effettuata dall’occhio umano, che è dotato di ricettori sensibili ai tre colori
fondamentali (cellule cono), e da molti dispositivi che imitano l'occhio umano, come le fotocamere digitali, le
telecamere e i monitor, che sintetizzano i colori affiancando pixel colorati diversamente.
In pratica un'immagine digitale viene realizzata affiancando tanti puntini alternativamente rossi, verdi, blu.
Si ha sintesi additiva anche quando si sovrappongono le luci provenienti da fari diversamente colorati.
Nella sintesi sottrattiva i tre colori fondamentali sono i complementari dei tre colori fondamentali della sintesi
additiva: giallo, complementare del blu; magenta, complementare del verde; ciano complementare del rosso.
L'esempio più semplice di sintesi sottrattiva si ha sovrapponendo più filtri colorati: il colore che giunge al nostro
occhio è quello che riesce ad attraversare tutti i filtri; ogni filtro sottrae una parte della luce che lo attraversa e
questo giustifica il termine sottrattivo.
CRITERI PER GENERARE E INTERPRETARE LE SINTESI RGB
Sintesi RGB si generano in funzione dell’obiettivo dell’elaborazione. La selezione delle bande viene effettuata sulla
base dei comportamenti spettrali degli oggetti che si vogliono indagare. Se ad esempio lo studio ha come obiettivo
l’analisi dello stato della vegetazione, nella sintesi si includerà la banda del rosso e dell’infrarosso. L’interpretazione
di questa sintesi "falso colori" dovrà tenere conto dell’intensità della colorazione magenta dei pixel in cui sia
presente vegetazione.
DALLE IMMAGINI TELERILEVATE ALLE MAPPE
CLASSIFICAZIONE DELLE IMMAGINI
L’analisi numerica di immagini del territorio ha come scopo la descrizione della scena osservata in termini
quantitativi, attraverso un prodotto che è detto mappa tematica.
La mappa tematica ottenuta mediante il processo di classificazione è costituita da un insieme di elementi (pixel) ai
quali è associata, oltre all’informazione di tipo spaziale, anche una informazione che non è più semplicemente
spettrale, ma di tipo semantico che specifica un attributo relativo ad un particolare tema di interesse, detto classe o
categoria.
MAPPE D’USO E COPERTURA DEL SUOLO
La risposta spettrale è perciò influenzata
dalle caratteristiche delle superfici; sotto
questa ipotesi è perciò possibile attraverso
l’analisi automatica dei dati (Classificazioni)
identificare nell’immagine i differenti
elementi e le diverse categorie al suolo
producendo mappe con dettagli e
accuratezze differenti in funzione delle
caratteristiche dei sensori.
MAPPE DELLE SINGOLE SPECIE
Utilizzando sensori iperspettrali è invece possibile
raggiungere un maggior dettaglio.
Si possono perciò ottenere mappe della vegetazione e
addirittura distinguere le diverse specie presenti al suolo.
INDICI DI VEGETAZIONE
Dallo studio del comportamento spettrale della vegetazione sono state definite una serie di relazioni quantitative
fra dati telerilevati e parametri della vegetazione mediante indici che si basano sul rapporto tra le bande tipiche di
assorbimento e riflessione. Queste relazioni algebriche vengono indicate come indici di vegetazione e si basano
soprattutto sulle lunghezze d’onda del Rosso e dell’IR vicino. Sono correlati alla quantità di biomassa vegetale, del
LAI, della concentrazione di clorofilla etc. e danno indicazioni sullo stato di salute, sulla produttività delle colture,
ecc.
sulla densità e copertura e sullo stato nutrizionale
LAI (LEAF AREA INDEX)
Il LAI è stato inizialmente definito come l'area totale di una faccia del tessuto fotosintetizzante per unità di superficie
di terreno. Questa definizione può essere applicata senza problemi alle latifoglie, perché entrambe le facce della
foglia hanno la stessa area. Nel caso delle conifere, caratterizzate da aghi a sezione circolare o semicircolare, questa
definizione non può essere accettata perché non rappresenta l'effettiva superficie di scambio. Anche le latifoglie
possono presentare problemi in determinate situazioni, come, ad esempio, quando le foglie sono accartocciate
prima di cadere. Per evitare il problema dovuto alla forma delle foglie, alcuni autori proposero di modificare il
parametro, introducendo l'area fogliare proiettata. In questo modo si riducevano i problemi dovuti alla forma di aghi
e foglie ma sorgeva quello dell'angolo di proiezione, poiché il parametro risentiva molto della sua variazione. Lang et
al. e Chen & Black, diversamente, definirono l'indice di area fogliare come metà dell'area di intercettazione per
unità di superficie. Questa definizione si basava sulla capacità degli elementi della pianta di intercettare le radiazioni
e sul calcolo di alcuni coefficienti di proiezione, che dipendono dai vari angoli di inclinazione dei raggi solari.
Nella letteratura odierna, in particolare per le latifoglie, l'indice di area fogliare è definito come metà dell'area
fogliare totale (tutte le facce fogliari) per unità di superficie. Da tutte le definizioni si nota come il LAI è sempre dato
dal rapporto di due aree, quindi, da un punto di vista strettamente matematico, è da considerarsi come un
parametro adimensionale. In realtà, dato che il rapporto è tra superficie fogliare e superficie del suolo, da un punto
di vista fisico, le due unità di misura non si annullano. Quindi il LAI è più correttamente espresso in metri quadrati di
fogliame su metro quadro di suolo (m²/m²). L'indice di area fogliare dipende da alcuni fattori quali: la composizione
specifica, la fase di sviluppo del bosco, le condizioni del sito in cui si misura il parametro ed il metodo tramite il quale
viene misurato. Per quest'ultimo fattore ha un peso anche l'abilità di chi lo misura. Il LAI è estremamente variabile, in
primavera ed in autunno può cambiare anche giorno per giorno, e seguendo la dinamica di sviluppo del bosco
cambia di anno in anno. In boschi maturi varia in risposta alla variabilità climatica, in seguito ad annate secche o
umide, in presenza di gelate tardive e precoci e altri fattori che esercitano la loro variabilità nel corso degli anni.
NDVI
Il Normalized Difference Vegetation Index (NDVI) è un semplice indicatore grafico che può essere utilizzato per
analizzare le misurazioni ottenute dal telerilevamento, tipicamente ma non necessariamente da un
apposito satellite, e valutare se la zona osservata contiene della vegetazione viva.
L’indice di vegetazione normalizzato è il principale indicatore da satellite della presenza di vegetazione sulla
superficie terrestre e del suo evolversi nel tempo. Nell’ambito della siccità viene utilizzato come indicatore poiché,
in caso di stress idrico, le piante riducono l’attività fotosintetica, diminuendo quindi il valore dell’indice.
L’indice viene calcolato partendo da immagini satellitari prodotte da sensori che acquisiscono nel rosso (R: 0.7 µm) e
vicino infrarosso (NIR: 0.9 µm). Valuta la presenza di attività fotosintetica, in quanto mette in relazione lo spettro del
rosso, in cui c’è assorbimento da parte della clorofilla, e quello del vicino infrarosso in cui le foglie riflettono la luce
per evitare il surriscaldamento. I valori dell’indice sono tipicamente compresi tra -1 e +1. La presenza di vegetazione
assume valori maggiori di 0.2. L’indice viene calcolato con la formula in seguito riportata:
È il più usato e comune. Assume valori tra -1 e 1, in particolare inferiori a 0 per l’acqua, poco superiori a 0 per i suoli
e tra 0.4 e 0.7 per la vegetazione. Solo vegetazioni molto dense arrivano a 0.8.
ALTRI INDICI DI VEGETAZIONE
SR (Simple Ratio, valori compresi tra 0 e infinito); RED-EDGE che considera i valori di riflettanza della vegetazione tra
Rosso e Infrarosso. Quest’ultimo permette un’analisi approfondita delle condizioni di salute della vegetazione perché
maggiormente influenzato dal contenuto di clorofilla, consente la classificazione della vegetazione (permette di
distinguere piante giovani da piante mature e conifere da caducifoglie).
SCATTEROGRAMMI
Gli scatterogrammi sono diagrammi con 2 variabili che permettono di correlare o separare l’andamento di queste 2
variabili ed interpretare la nuvola di punti. Lo scatterogramma della riflettanza del red/NIR del suolo evidenzia una
correlazione delle 2 variabili: all’aumentare dell’una aum