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Esistono delle malattie che sono in fortissima associazione con i geni
dell’HLA, il gene associato è , a differenza delle precedenti che testimoniano la
malattia, direttamente responsabile della malattia.
La più frequente è la 21idrossilasi, responsabile di gravi alterazioni del sistema di
produzione di cortisone per cui deve esser curata immediatamente, ed è stata una
delle prime malattie ad esser curata in utero, grazie a iniezioni in utero di cortisone
che evitano modificazione fenotipiche patologiche.
Altre sono causate da deficit del complemento, come la iperplasia surrenale.
Tutto ciò e fondamentale per i trapianti, per cui è fondamentale l’Istocompatibilità
che regola la risposta immunitaria in modo altamente specifico.
I trapianti sono compatibili quando si usa un sistema di tipizzazione per valutare la
similitudine tra chi dona e chi riceve e si verifica che i soggetti sono Istocompatibili.
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Questo è possibile solo se il paziente può attendere, perché può sopravvivere grazie a
delle terapie( ed es. il rene artificiale, per aspettare la persona giusta, macchine salva
vita).
Quando questo non è possibile si può bloccare il sistema precendentemente descritto
in due modi:
Bloccando il sistema TCR contro il suo antigene con anticorpi; tuttora è utilizzata
questo metodo (OKT3 è l’anticorpo).
Oppure tramite meccanismi molto meno precisi che prevedono l’accetazione di
tessuti anche se derivante da un donatore non compatibile al 100%( solitamente
moduliamo la risposta spegnendola, pur se ci sono effetti collaterali come numero più
alti di tumori e bassa risposta immunitaria, nonostante ciò stai dando ad un paziente
un aspettativa di vita molto Sistema con PRO e CONTRO)
ALCUNE TIPOLOGIE DI TRAPIANTI
Trapianti da cadaveri: il più importante è la cornea, che ha la caratteristica di non
aver alcun HLA, ciascuna cornea va bene per tutti, e ciascun centro ha delle banche
delle cornee, con un successivo spostamento dell’età di accettazione.
Negli ultimi anni ci sono investimenti su immunosoppressori quanto meno dannosi
possibile e si sta investendo anche in trapianti da animali, ad esempio il fegato dal
maiale, che viene utilizzato in trattamenti preoperatorio per pulizia del sistema
interno che è gravissimo.
I limiti sono rappresentanti dal fatto che non si sa ancora che esitano malattie non al
momento note, che possono insorgere dopo il trapianto: organi ad esempio infetti da
HIV, per questo chi dona deve esser sano.
I trapianti di midollo formano una categoria a parte e sono di pertinenza degli
ematologi che hanno osservato che durante una leucemia è bene utilizzare un
trapianto, in cui viene preso il midollo adeguato e viene azzerato il midollo al
paziente, che vive un periodo di aplasia in ambienti sterile.
Successivamente viene iniettato il midollo delo stesso paziente o di un familiare
simile, questo è uno dei più difficili trapianti, perché tocchi tutte le cellule staminali
ed è importantissimo fare delle valutazioni accurate nei familiari.
Sono necessari dei controlli che hanno portato ad una situazione estremamente
favorevole, e la trapiantologia è una delle più brillanti negli anni, e si va avanti anche
nelle metodologie chirurgiche, ad esempio ultimamente i reni
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MALATTIE COMPLESSE
malattie complesse
Si definiscono quelle malattie multifattoriali ovvero in cui è
chiaramente riconoscibile una doppia componente: da un lato una suscettibilità
genetica e dall’altro una componente ambientale che agisce spesso come fattore
scatenante. Ne sono esempi il diabete di tipo 2, alcune forme di cancro, l’ipertensione
e probabilmente le malattie neurodegenerative, malattie cognitive anche infantili
come l’autismo. La complessità è situata proprio nel comprendere quanto incidono i
fattori genetici e quanto i fattori ambientali. Inoltre spesso non si parla di un singolo
fattore genetico determinante, e quindi di malattie monofattoriali, in cui tutti gli
individui affetti presentano la mutazione e al contempo tutti i non affetti non la
presentano: ci sono infatti molteplici fattori genetici che contribuiscono ad aumentare
la predisposizione. Quindi risulta importante e anche difficile riconoscere il
contributo di questi geni, dal momento che spesso sono molti e ciascuno di essi ha
poca influenza. polimorfismi
Occorre quindi parlare non tanto di mutazioni quanto di (si ricorda che
tali concetti indicano entrambi una variazione nella sequenza, ma la mutazione è rara
e porta spesso con sé il concetto di malattia, di patologia, mentre il polimorfismo è
meno raro, ed è legato al concetto di variabilità interindividuale). Infatti la presenza
di molti elementi variabili all’interno del patrimonio genetico di una persona può
aumentare la suscettibilità ad una determinata malattia, ma questi elementi sono
molti, e spesso hanno un contributo piccolo. Un raro esempio di gene che incide
molto nello sviluppo di una malattia è quello che codifica per la variante E4 della
apolipoproteina E, il quale pur essendo presente nella metà degli individui affetti da
morbo di Alzheimer, non determina la patologia in tutti gli individui che la
presentano. Quindi riconoscere i soggetti geneticamente a rischio non risulta
semplice, a tal punto che risulta forse più facile correggere e migliorare le influenze
ambientali. Tali malattie complesse sono molto frequenti nella popolazione adulta, e
rappresenteranno un peso notevole per i sistemi sanitari in quanto la popolazione
mondiale sta invecchiando.
Occorre, al fine di comprendere meglio tali patologie, parlare di caratteri , in quanto
la complessità si applica a tutta una serie di caratteri che sono sotto il controllo di più
continue
geni. Tali caratteri presentano delle variazioni che non sono discrete, ma
ovvero aventi una distribuzione del fenotipo da un estremo ad un altro con tutta una
serie di gradazioni di piccole differenze. Si può quindi organizzare la popolazione che
si sta studiando tracciando una curva “a campana”, che può essere più o meno stretta
a seconda della variabilità della popolazione, con valori estremi organizzati attorno
ad un valor medio centrale. Ciascun gene agisce su quel carattere in maniera additiva
o nulla e la sua trasmissione è comunque regolata dalle leggi di Mendel. Esistono poi
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variabilità nella penetranza e nella espressività di alcuni geni, inoltre le mutazioni in
taluni geni possono essere dominanti oppure recessive.
Quindi, riassumento, i caratteri poligenici hanno le seguenti caratteristiche principali:
1) I caratteri poligenici sono solitamente misurati più che contati;
2) Due o più geni contribuiscono al fenotipo in maniera additiva. L’effetto esercitato
da alcuni alleli può essere minimo o addirittura nullo;
3) L’espressione fenotipica dell’ereditarietà poligenica varia nell’ambito di un
intervallo molto ampio. Questa variazione è analizzabile più adeguatamente a livello
di popolazione piuttosto che di individui, i quanto ampie coorti di pazienti
permettono di cogliere le più piccole differenze.
Per caratteri influenzati da un singolo gene la cui presenza determina fenotipi con
variazioni discrete è possibile quindi distinguere fenotipi diversi, Molti tratti tuttavia
non cadono in categorie discrete, ma continue. Esempi sono l’altezza, il BMI, il
colore della pelle, ecc. Questi tratti sono definiti quantitativi.
Il concetto che non tutta la variabilità di un carattere venga determinata da differenze
“Nature vs Nurture”
genetiche fra individui ha aperto il dibattito (Ovvero natura vs
coltura, allevamento, predisposizione ambientale), con le dovute implicazioni in
campo sociale e politico.
Come è possibile quindi determinare quanto influisca la predisposizione genetica e
quanto influisca l’ambiente?
Josef Gottlieb Kolreuter, botanico contemporaneo a Mendel, incrociando piante di
tabacco appartenenti a popolazioni con fenotipi opposti e distinti (Piante alte e piante
basse) si attendeva risultati simili a quelli ottenuti dagli esperimenti mendeliani.
Tuttavia egli otteneva una F1 il cui fenotipo era intermedio ai due estremi della
generazione parentale, e una F2 che presentava i due fenotipi della P1, più una serie
di fenotipi intermedi. Questo tipo di risultato si può spiegare solo se ipotizziamo che
l’altezza sia controllata non da un solo gene, ma da più geni, ad esempio due. Quindi
al fenotipo “pianta alta” corrisponderà un genotipo AABB, al fenotipo pianta bassa
un genotipo aabb. Si può dunque immaginare che la variante allelica di ciascun gene
indicata con le lettere maiuscole aggiunga all’altezza base, rappresentata dalla
variante indicata con le lettere minuscole e quantificata ad esempio in 2 piedi, una
misura discreta, quantificata ad esempio con 1 piede.
Pertanto il fenotipo della F1 originato da un incrocio aabb X AABB, avrà genotipo
AaBb, ovvero un altezza pari a 2+1+1 piedi, ovvero 4, altezza intermedia a quelle
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parentali. E ancora, la F2 presenterà tutta una serie di fenotipi intermedi dovuti alle
varie combinazioni di queste due varianti alleliche di questi due geni.
Se più geni ancora influenzassero un determinato carattere si dovrebbero immaginare
ancora più classi fenotipiche, le cui discontinuità sono così minime da renderli
continui.
Si ricorda inoltre l’esperimento di Johannsenn condotto sui fagioli, in cui egli
incrociò piante che davano origine a fagioli estremamente pesanti a piante che
davano origine a fagioli estremamente leggeri, ovvero due fenotipi opposti e distinti.
Tuttavia egli da questi incroci otteneva piante i cui fagioli non avevano mai lo stesso
fenotipo estremo della generazione parentale. Anche incroci di piante che davano
fagioli molto pesanti con piante dello stesso tipo davano come risultato piante con
fagioli leggermente più leggeri. Il risultato di questo esperimento può essere spiegato
tenendo conto delle interazioni ambientali: è possibile infatti che quella determinata
pianta che avuto fagioli eccezionali abbia beneficiato di condizioni ambientali
relativamente eccezionali che non si riproducono nella generazione successiva. Nella
l’interazione
manifestazione di un carattere complesso interviene quindi anche
ambientale, che modifica il modo di esprimersi di un fenotipo.
EREDITÀ COMPLESSA DI CARATTERI
QUANTITATIVI: IL MODELLO ADDITIVO A SOGLIA
La malattia invece è qualcosa che noi arbitrariamente
definiamo, che ha un confine prestabilito e ben
definito, oltre il quale si &eg