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ESPERO E FOSFORO.
a.Espero è identico a Espero
b.Espero è identico a Fosforo
Dato che essi hanno il medesimo significato/Bedeutung, si potrebbe sostenere che
dicono la medesima cosa.
Espero e Fosforo pur avendo la stessa Bedeutung hanno Sinn differenti. Venere è
visibile in cielo a volte la sera e viene chiamata Espero, altre la mattina e viene usato il
nome Fosforo ENUNCIATI
Un enunciato è l’abbinamento tra un termine singolare ed un predicato.
In senso logico è
la composizione linguistica che
attribuisce una qualità/valore al
termine singolare
es. Il pennarello di Maria è rosso
termine singolare predicato.
In questo caso descrizione definita
La stessa Bedeutung della descrizione definita non può valere per l’enunciato; le parti
che compongono un enunciato non possono essere sommate, ma bisogna seguire dei
criteri particolari.
Il Sinn di un enunciato è il pensiero che esso esprime; i pensieri sono caratterizzati
dall’essere veri o falsi. I due valori, vero e falso, sono abbinati alla Bedeutung; ciò
significa che oggettivizza la nozione di verità e vero e falso devono essere oggetti dal
momento che li abbina alla B e non al S.
Solo derivatamente si possono attribuire verità e falsità agli enunciati. Un enunciato
può essere detto vero solo in quanto esprime un pensiero vero e può essere detto
falso solo in quanto esprime un pensiero falso. Inoltre Frege esprime che il valore di
verità di un pensiero è qualcosa di oggettivo e di assolutamente stabile: non varia a
seconda delle occasioni e dei punti di vista.
La Bedeutung è il valore di verità dell’enunciato, cioè il valore di verità del pensiero
che esso esprime. Vero e falso sono oggetti e in qualche misura costituiscono i
referenti di qualsiasi enunciato. Gli enunciati sono nomi propri dell’uno e dell’altro; gli
enunciati veri sono nomi del vero e gli enunciati falsi sono nomi del falso.
In questo caso dire “tre per due fa sei” ha la stessa Bedeutung/significato di dire
“Parigi è la capitale della Francia”; ciò perché il suo scopo non è esplicitare il
contenuto di “significato” come parola del linguaggio comune, ciò che importa non è la
terminologia. Non ci si riferisce al significato linguistico ma logico. Il dare nomi alle
cose non è una pratica fine a sé stessa. Le cose devono avere un nome perché delle
cose noi vogliamo poter parlare, e ciò diversamente dal semplice nominarle, comporta
l’uso di enunciati, cioè di espressioni che possano essere considerate vere o false.
Frege si sforza di evidenziare dunque che la relazione che lega un nome proprio o una
descrizione definita all’oggetto appartiene al medesimo livello di analisi semantica cui
appartengono l’essere vero e l’essere falso degli enunciati.
Inoltre egli vuole affermare che la nozione di verità ha un ruolo prioritario; lo scopo di
correlare parole e cose è ancorare il linguaggio alla realtà in modo tale che gli
enunciati possano avere un valore di verità magari sconosciuto, ma comunque ben
definito.
Con ciò finisce per individuare nella nozione di verità la nozione semantica
fondamentale.
Alcuni enunciati come
A) “io sono piemontese”
B) “quello è un libro divertente”
C) “qui è nevicato”
non possono essere considerati invariabilmente veri o falsi. Frege afferma che A-B
esprimono un pensiero relativamente ad un contesto d’uso, e relativamente a contesti
d’uso diversi possono esprimere pensieri diversi.
Col termine pensiero Frege intende il contenuto oggettivo dell’atto del pensare. I
pensieri essi sussistono autonomamente; essi esistono, possiamo pensarli, affermarli e
giudicarli.
Egli li oggettivizza e li colloca nel TERZO REGNO (parallelismo con Platone. Differenza:
qui si può accedere quando si hanno le capacità) - distinto dal regno degli oggetti
materiali e da quello dei processi psicologici – in cui sussistono al di fuori del tempo
indipendentemente dal fatto che qualcuno li pensi o no.
Pensare vuol dire entrare in rapporto con questo terzo regno ma come succedo Frege
non lo spiega.
Frege menziona due atti mentali:
-l’afferrare un pensiero
-e il giudicarlo vero.
L’atto del giudicare presuppone quello dell’afferrare, ma non viceversa.
[Riassunto della nozione di condizione di verità di Frege: comprende un enunciato chi
afferra il pensiero che esso esprime e il rapporto che intercorre fra un pensiero e il
relativo valore di verità è della stessa natura di quello che intercorre fra il Sinn di un
termine e la relativa Bedeutung.
Frege ha intuito la possibilità di fare della nozione di verità la nozione cardine di una
teoria semantica; ma se si deve accreditare a qualcuno il merito di aver articolato in
forma esplicita e chiara la nozione di condizioni di verità, sembra equo attribuirlo al
Wittgenstein del Tractatus, che approfondisce il linguaggio basato sui giochi linguistici
per esprimere.]
Il significato di un predicato non è l’oggetto/estensione che un’affermazione evoca, ma
un concetto che è una funzione matematica.
“il significato di un predicato P (essere rosso) non è la sua estensione (tutte le cose
rosse)
ma è la funzione (concetto) F tale che per ogni oggetto X,
f(x) è uguale al vero se X appartiene all’estensione di P (sono le cose evocate dal
predicato)
ed è falso se non appartiene all’estensione”.
-l’estensione di un predicato P sono gli elementi oggettivi evocati dal predicato.
(diverso da intensione).
Egli non ha optato per l’estensione, ma per il concetto corrispondente in quanto
l’oggetto è un’entità in sé completa, mentre la funzione di per sé è incompleta; il
completamento ha luogo quando la funzione viene applicata ad un argomento con la
conseguente produzione di un valore.
Questo avviene perché il significato della descrizione definita è un oggetto, se anche il
significato di un enunciato fosse un oggetto anch’esso, i due significati non potrebbero
unirsi in modo da generare il valore di verità dell’enunciato. Dal momento che il
significato del predicato è un concetto, l’unione fra i due significati diventa possibile.
-Egli mette in rapporto due insiemi singolarmente in termini biunivoci.
-Con l’oggetto X ritorna la Bedeutung.
-se X appartiene all’insieme di P allora torna in campo che determinate cose esistono
anche se non le pensiamo. L’appartenenza di X dobbiamo saperla a prescindere,
quindi dà per scontato la presenza di una conoscenza.
Per Frege crede che per i significati deve valere il principio di composizionalità (per
i significati/Bedeutung); il significato cumulativo (dell’espressione complessa) è
ricavato a partire dai significati degli elementi che lo compongono (espressione
semplice).
Bisogna che il significato(Bedeutung) del termine singolare che funge da soggetto
dell’enunciato e (la bedeutung del) il predicato possano fondersi, in modo da generare
un’entità nuova che è il valore di verità dell’enunciato.
Una conseguenza è il principio di sostituibilità, se il significato di un’espressione
complessa può essere ottenuto mettendo insieme i significati delle sue parti, la
sostituzione di una di queste parti con un’altra avente il medesimo significato non può
modificare il significato dell’espressione complessa.
Il valore di verità di un enunciato è il suo significato; se sono entrambi veri l’enunciato
è vero, altrimenti il contrario.
Altra conseguenza che se un enunciato contiene un’espressione priva di significato
non è né vero né falso (non contiene valore di verità).
Il principio di composizionalità vale anche per i sensi. Tutti gli enunciati sono costruiti
partendo da un insieme finito di espressioni semplici, i cui sensi sono appresi ad uno