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RuBisCO
fosfoglicerato. È Il primo risultato della prima attività dell'enzima RuBisCO che naturalmente utilizza
anidride carbonica come substrato.
Ricapitolando: in questo ciclo si forma la gliceraldeide-3-fosfato che è lo scheletro C3 da cui poi si
forma il glucosio, poi il ciclo continua formano ribulosio-5-fosfato che in presenza di ATP formerà
ribulosio 1-5-bifosfato (che sarà la molecola che verrà usata dalla RuBisCO, sulla quale utilizzando
una molecola di ATP verrà poi formato il 3-fosfoglicerato). È detto ciclo perché si deve sempre
riformare il ribulosio-5-fosfato, ma ogni molecola di anidride carbonica che viene utilizzata si forma
gliceraldeide-3-fosfato.
Tutto ciò che viene preso dalla pianta ( soprattutto dalla radice) quindi il sistema di trasporto di
acqua e sali minerali (che avviene tramite le trachee o le tracheidi a seconda del tipo di pianta) ha
l'obiettivo finale di raggiungere l'apparato fotosintetizzante, vale a dire la foglia. Nella foglia avviene
la fotosintesi, e c'è anche l'utilizzo del trasporto del floema che prendendo i fotosintati poi li riporta
a tutto il resto della pianta.
Foglia di dicotiledone in sezione : vediamo un epiderma superiore ed un epiderma inferiore. In
genere l'epiderma superiore presenta pochi stomi, o alcune volte non ci sono stomi, perché la
pagina superiore della foglia è più a contatto con l'energia luminosa . Di solito lo stoma si trova nella
parte più in ombra della foglia ,che è la pagina inferiore, dove lo stoma può chiudersi ed aprirsi senza
problemi dovuti al riscaldamento dato dalla luce. È un meccanismo di raffreddamento del
parenchima. Poi abbiamo un parenchima diviso in due parti:
• Parenchima a palizzata formato di uno o due stradi di cellule molto ordinate e vicine. I
puntini neri che presentano nella parte periferica sono i cloroplasti. Il sistema è ordinato
perché il cloroplasto deve svolgere la fotosintesi, ed è quello che deve essere più vicino alla
parte periferica delle cellule per avere la sua migliore performance.
• Parenchima spugnoso detto così perché le cellule sono più disordinate, ed è presente una
grandissima abbondanza di spazi intercellulari per ossigeno ed anidride carbonica.
Vediamo la presenza di fasci conduttori ramificati. Se facciamo una sezione che attraversa una
nervatura principale, avremo un fascio più grande e poi dei fasci più piccoli. Il fascio presenta xilema
e floema. Lo xilema è riconoscibile dalle cellule morte con parete ispessita perché lignificata. Il
floema ha parete primaria con cellule vive. La foglia origina le nervature dal suo fusto, è una
derivazione di questo fusto. Lo xilema è sempre rivolto verso l'esterno e il floema verso il basso (lo
xilema verso la superficie superiore, e lo xilema verso la superficie inferiore) . Nella maggior parte
dei casi lo stoma si trova in diretto contatto con questi ampi spazi del tessuto spugnoso, e l'apertura
permette la fuoriuscita di ossigeno e l'ingresso di CO2. Intorno alla nervatura abbiamo un gruppo di
cellule che ne garantiscono il sostegno, quindi in genere sono cellule collenchimatiche (vive) o
sclerenchimatiche(morte).
importante!! La nervatura della foglia non ha mai il cambio, altrimenti formerebbe una struttura
secondaria.
Esercitazione con foglia di oleandro in laboratorio: vediamo la presenza di diversi strati di
epidermide ,ciò dimostra che la foglia può sopravvivere a climi secchi, non ha bisogno di molta
acqua. L'epidermide superiore è cutinizzata, poi ci sono multipli strati di epidermide e poi ancora
due strati di parenchima a palizzata: c'è una predisposizione genetica della foglia a supportare
un'intensa fotosintesi anche in carenza di acqua. Poi vediamo un parenchima spugnoso molto
evidente : le cellule sembrano disperse in questa ricca presenza di spazi intercellulari. Negli spazi del
tessuto spugnoso sono presenti grandissime quantità di CO2 ed O2. Quando andiamo a vedere la
foglia nella pagina inferiore vediamo che c'è una sola epidermide inferiore, a volte soprattutto in
vicinanza dello stoma ci possono essere più strati. Poi c'è una camera stomatica con la presenza di
peli che servono a creare un ambiente umido e ad aiutare lo stoma ad essere il più possibile coperto,
e non immediatamente in connessione con l'esterno. Ci sono poi i fasci vascolari xilema e floema, poi
vediamo la parte collenchimatica delle cellule che servono a fare da sostegno alla nervatura.
Ricordiamo che Il parenchima fogliare si divide in tessuto a palizzata e tessuto spugnoso.
Foglia di monocotiledone : è diversa! Era una foglia allungata con tutte nervature parallele
(abbastanza uguali tra loro), non c'era ramificazione. Le nervature le riconosciamo sempre per via
dello xilema e del floema (xilema sempre verso la pagina superiore, quindi verso l'esterno) e c'è
presenza di un parenchima clorofilliano( o mesofillo) che ha una struttura diversa. Non troviamo la
situazione divisa in un' area a palizzata (più ordinata) e un'area spugnosa (più disordinata) ,ma
troviamo una struttura abbastanza regolare dove ci sono le cellule con i cloroplasti. Possiamo dire
che il parenchima sia "misto". Troviamo che c'è un'epidermide superiore con degli stomi (che
possono essere ANCHE nell'epidermide superiore) e delle camere sottostomatiche ,importanti
perché favoriscono l'entrata di CO2 e l'uscita di O2. In questo caso ,siccome non è presente il tessuto
lacunoso, rappresenta un sistema di magazzino un po' più "lungo" perché l'attività del parenchima
deve comunque avere a che fare con i gas. Vediamo poi che la nervatura presenta un gruppo di
cellule fotosintetiche (perché hanno i cloroplasti) che formano la guaina del fascio.
Nota: abbiamo visto che le foglie di monocotiledoni e dicotiledoni sono molto diverse...
Riassumiamo le caratteristiche delle monocotiledoni:
• Forma del parenchima
• Epidermide
• Presenza di camere sottostomatiche
• Presenza del fascio vascolare più o meno simile nelle varie parti della lamina con intorno un
gruppo di cellule addossate al fascio, che sono provviste di cloroplasti e che quindi faranno
fotosintesi.
Abbiamo inoltre cellule molto grandi ,dette cellule bulliformi(es. Come nella foglia del papiro che si
arrotola su sé stessa.) Queste cellule hanno la funzione di evitare la dispersione di acqua e hanno la
capacità di garantire che la lamina sia aperta o chiusa. Queste foglie inoltre hanno un metabolismo
C4. La fase oscura non è C3 come nella dicotiledone.
Ricapitoliamo: nella foglia troviamo epidermide, cuticola, stoma, camera sottostomatica, epidermide
inferiore, di nuovo cuticola, camera sottostomatica e stoma, e poi una zona parenchimatica dove ci
sono cellule tutte uguali, ma ci sono due tipi di cellule anche qui. Ci sono delle cellule che si trovano
tra i fasci vascolari, e altre che sono intorno ai fasci vascolari. Quelle intorno ai fasci vascolari si
chiamano cellule della guaina del fascio. Le altre si chiamano cellule del mesofillo ( o del parenchima
clorofilliano) .Nella nervatura abbiamo xilema e floema : lo xilema è riconoscibile perché ha pareti
più spesse, e il floema perché ha parete primaria.
Quindi se noi confrontiamo le piante C3 e le piante C4 vediamo che la prima vera differenza è che il
mesofillo delle piante C3, presenta una differenza molto sostanziale tra le cellule ordinate (cellule
del tessuto a palizzata) e quelle disordinate (cellule del tessuto spugnoso) .
Ora invece abbiamo cellule del parenchima clorofilliane , e cellule della guaina del fascio disposte
intorno al fascio che hanno un ruolo evidente nel processo di fotosintesi. Queste piante si chiamano
C3 perché abbiamo detto che il primo prodotto della fissazione della CO2 è il fosfoglicerato e poi la
gliceraldeide 3-fosfato ( che è composto da 3 atomi di carbonio. )
Le piante C4 invece sono dette così perché il primo prodotto della (fissazione CO2 ) è
RuBisCO
l'ossalacetato, (un composto a 4 atomi di carbonio. )
Quindi c'è una differenza sostanziale tra le piante C3 e le piante C4. Le C4 sono tipiche delle
monocotiledoni, quindi piante erbacee. Ricordiamo che le monocotiledoni non hanno tessuto
secondario, e vivono in ambienti aridi o semi-aridi con poca acqua. In queste piante c'è un
adattamento genetico per poter consentire la fotosintesi e quindi una morfologia diversa.
Ricordiamo che la parte più importante che dobbiamo guardare è anche intorno al fascio vascolare,
che nelle C3 hanno xilema e floema e poi un sistema collenchimatico di sostegno. Nelle C4 invece
abbiamo xilema e floema, e poi le cellule che formano la guaina del fascio (cellule fotosintetizzanti
intorno al fascio).
Le monocotiledoni sono piante C4 perché adottano un meccanismo più efficiente per far arrivare la
CO2 all'enzima RuBisCO. Abbiamo qui un altro enzima detto fosfoenolpiruvato carbossilasi ,che è
presente nelle cellule del mesofillo. Se facciamo un ingrandimento vediamo cellule della guaina del
fascio e cellule del mesofillo: c'è un punto di contatto. La cellula del mesofillo, la più esterna, prende
la CO2 dall'esterno mediante la fosfoenolpiruvato carbossilasi che trasforma il fosfoenolpiruvato in
acido ossalacetico. L'acido ossalacetico viene poi trasformato in acido malico ed esso entra nella
cellula della guaina del fascio. Nella cellula della guaina del fascio avviene la vera fissazione della CO2
,perché l'acido malico viene decarbossilato,e la CO2 viene utilizzata dal Ciclo di Calvin. Quindi la CO2
viene (tramite la RuBisCO) trasformata in fosfogliceraldeide, e poi convertita in gliceraldeide 3-
fosfato e si riforma il ciclo. Questa parte è simile nelle piante C3, ma la parte diversa è quella del
vettore ossalacetato, che prende la CO2 dalle cellule del mesofillo (che sono vicine alla camera
sottostomatica), e la porta nella parte della cellula della guaina del fascio dove avviene la vera
fissazione (della CO2) utilizzando la RuBisCO .
Ricapitoliamo!: è il fosfoenolpiruvato che tramite il fosfoenolpiruvato carbossilasi (che si trova in
questo tipo di piante C4) è il primo enzima che utilizza la CO2. La CO2 raggiunge le cellule del
mesofillo. Questo succede perché se la RuBisCO fosse nelle cellule de mesofillo, non ci sarebbe stata
una quantità di CO2 tale da far funzionare la RuBisCO come carbossilasi. La RuBisCO può anche
funzionare come ossigenasi, a questo punto succede il contrario: trasforma l'O2 in acqua ossigneasi.
A questo punto serve un meccanismo che faccia da vettore: trasporta la CO2 dalle cellule del
mesofillo alle cellule della