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TRASLOCAZIONE NEL FLOEMA
In questo capitolo si parla della traslocazione dei prodotti della fotosintesi dalle foglie al floema, e
del loro trasporto nella pianta.
V IE DI TRASLOCAZIONE
L A SCOPERTA DELLA TRASLOCAZIONE NEL FLOEMA
I primi studi sulle vie di traslocazione del floema furono intrapresi da Malpighi, attraverso la
tecnica della decorticazione ad anello (pag. 299).
La decorticazione non portava effetti immediati sulla traspirazione perché, come si era già scoperto,
l’acqua viene trasportata dallo xilema, che si trova più internamente alla corteccia (quindi non viene
rimosso con questo sistema).
Invece, dopo qualche tempo si notava un rigonfiamento sulla parte superiore dell’anello, proprio
alla base della corteccia rimasta: i prodotti della fotosintesi venivano accumulati lì, dove non
trovavano più una via per proseguire. La corteccia al di sotto dell’anello, intanto, muore: ne venne
dedotto che il floema trasporta i prodotti della fotosintesi ed il saccarosio dall’alto in basso, e
che compone la parte più esterna dei vasi conduttori (cioè in una sezione di fusto si trovano,
dall’interno verso l’esterno, lo xilema ed il floema). I vasi conduttori nel loro complesso formano le
nervature, sostenute dalla guaina del fascio, una serie di fasci di fibre. 14
Quando fu possibile utilizzare gli isotopi del carbonio per degli esperimenti, venne fornito del C
alla foglia di una pianta, in modo che questa lo fissasse. Attraverso l’autoradiografia è possibile
seguire la via percorsa dall’isotopo, e quindi anche dal composto in cui è stato inglobato (prodotto
della fotosintesi). In questa tecnica, parti del tessuto marcato della pianta vengono congelate,
disidratate, immerse in paraffina o resina e poi coperte da una emulsione tipo pellicola fotografica.
La radiazione delle zone marcate si imprime sulla pellicola in modo che, quando questa viene
sviluppata, appaiono dei granuli d’argento nel punto in cui era presente l’isotopo.
A NATOMIA DEL FLOEMA
Mentre lo xilema trasporta l’acqua ed i minerali dalle radici alle foglie, il floema trasloca i prodotti
della fotosintesi dalle foglie alle radici, oppure alle parti in crescita della pianta.
La principale differenza tra gli elementi tracheali e quelli che compongono il floema sta nel fatto
che questi ultimi, per svolgere la loro funzione, devono essere vivi.
Quando gli elementi cribrosi (le cellule del floema) cominciano a differenziarsi, i loro
plasmodesmi si allargano fino a raggiungere un diametro notevole e diventano pori cribrosi,
raggruppati in aree dette aree cribrose (pag. 301).
A seconda della forma e disposizione delle aree cribrose si differenziano due tipi di elementi
cribrosi:
Le cellule cribrose sono allungate e dalle estremità affusolate, con aree cribrose identiche
su tutta la superficie, tipiche delle Gimnosperme.
I tubi cribrosi sono invece più corti ed hanno le estremità piatte o trasversali, composte da
una serie di ampi pori cribrosi che formano una placca cribrosa. Sulle pareti della cellula
sono presenti le normali aree cribrose per il trasporto fra cellule adiacenti. Sono tipici delle
Angiosperme.
Una caratteristica particolare di entrambi gli elementi cribrosi è il fatto che, pur restando vive,
queste cellule perdono il nucleo ed il vacuolo: per questo sono associate ad altre cellule più piccole
che svolgono per loro i compiti metabolici. Queste prendono il nome di cellule albuminose se sono
associate alle cellule cribrose, e di cellule compagne se invece sono associate ai tubi cribrosi. La
connessione è effettuata da un’ampia area cribrosa dal lato degli elementi cribrosi, e da larghi
plasmodesmi ramificati dal lato delle cellule compagne.
Le cellule compagne possono essere di tre tipi:
Cellule compagne comuni: sembrano essere connesse unicamente con gli elementi cribrosi,
ed hanno degli organelli ipersviluppati.
Transfer cells: invaginano la parete cellulare dal lato opposto a quello che si collega con
l’elemento cribroso. Si ritiene che, per la loro struttura, cellule compagne comuni e transfer
cells assumano i nutrienti dall’apoplasto o dalla parete cellulare.
Cellule intermedie: possiedono numerosi plasmodesmi, che le collegano specialmente con
le cellule della guaina del fascio. Hanno cloroplasti poco sviluppati e piccoli vacuoli.
Quando i tubi cribrosi vengono danneggiati, le cellule compagne possono produrre la proteina P,
che chiude la lacerazione come un tappo. La depressione causata comunque dalla perdita del flusso
stimola la produzione di callosio, una soluzione a più lungo termine. Il callosio viene secreto dalla
membrana plasmatica e deposto fra questa e la parete cellulare. Può essere prodotto sia in caso di
danni meccanici, che in situazioni di stress come l’alta temperatura o la preparazione alla
dormienza. Sia la proteina P che il callosio isolano la linfa dalle zone danneggiate e vengono
rimossi quando il danno è stato riparato.
La presenza di questi “tappi” nei tubi cribrosi ha messo in crisi molti studiosi che stavano cercando
di capire il funzionamento del floema. Quando ancora non si conosceva l’esistenza di proteina P e
callosio, trovarsi di fronte ad un tubo tappato sembrava un controsenso.
D ALLA SORGENTE AL POZZO
Nel floema non si può parlare di trasporto dall’alto al basso, ma si parla di un trasporto da aree di
rifornimento (sorgenti) verso aree di accumulo o di metabolismo (pozzi).
È una sorgente qualsiasi organo possa produrre ed esportare dei fotosintati, che produce in eccesso
per il proprio fabbisogno (es. foglia); oppure una sorgente è un organo di accumulo (es. radice).
Sono pozzi tutti gli organi non fotosintetici della pianta, o quelli che comunque non producono
abbastanza per sé stessi (frutti, foglie non mature…).
A seconda delle stagioni un organo può essere pozzo o sorgente: le foglie adulte in estate sono una
sorgente, mentre le radici sono un pozzo; in primavera le radici sono una sorgente ed i germogli un
pozzo. Sorgenti specifiche sono connesse con pozzi specifici (vie preferenziali). Queste
connessioni seguono due criteri:
Vicinanza: le foglie all’apice della chioma riforniscono le foglie in via di maturazione o i
frutti, mentre quelle più in basso riforniscono le radici. Le foglie intermedie esportano in
entrambe le direzioni.
Connessioni vascolari: le sorgenti riforniscono pozzi con cui hanno connessioni vascolari
dirette.
Questi criteri di comunicazione possono essere alterati da ferite o potature. Allora il flusso deve
seguire una via alternativa (anastomosi). La capacità della pianta ad adattarsi a questa nuova via
dipende, fra l’altro, dalla quantità di interconnessioni fra i fasci vascolari.
L E SOSTANZE TRASLOCATE
A NALISI DEL SUCCO FLOEMATICO
Per studiare le caratteristiche del succo floematico, è stata sfruttata la capacità di alcune specie di
piante di versare fuori dal fusto la linfa in seguito ad una lacerazione. Tuttavia, la presenza di
strutture di riparazione tipo proteine P o callosio rende questa tecnica inutile, se non si usano gli
“strumenti” adeguati: gli afidi.
Gli afidi sono dei piccoli insetti che inseriscono la loro bocca (rostro) all’interno degli elementi
cribrosi. Il rostro è un tubo talmente sottile che il succo viene prelevato da una sola cellula del
cribro, fatto importante nell’analisi perché evita la contaminazione di altri tipi cellulari. La forza di
pressione all’interno della pianta spinge la linfa nel corpo dell’afide, che la metabolizza scartando
gli amminoacidi. L’eccesso di succo viene espulso sotto forma di melata, che viene analizzata.
Oppure, si può analizzare direttamente il succo floematico tagliando il rostro dell’afide, già inserito
nella pianta, e prelevando il succo che ne esce. Il prelievo può durare anche ore, perché il rostro
dell’afide inibisce i sistemi di riparazione.
C ONTENUTO DELLA LINFA ELABORATA
Le sostanze traslocate nel floema consistono principalmente in carboidrati. Di questi, il saccarosio
è il più abbondante (0,3 / 0,9 M), ed è formato da un monomero di glucosio ed uno di fruttosio.
Perché noi animali trasportiamo glucosio mentre le piante trasportano saccarosio? Il motivo è
che, mentre noi abbiamo bisogno di uno zucchero a bassa concentrazione che si muova
velocemente (un monomero), nelle piante la linfa è più lenta e quindi la concentrazione di zuccheri
deve essere più alta (un disaccaride).
I carboidrati traslocati sono tutti zuccheri non riducenti. Gli zuccheri riducenti (glucosio, fruttosio,
… ) possiedono un gruppo aldeidico o chetonico libero (pag. 309). Quelli non riducenti, invece,
hanno trasformato il loro gruppo aldeidico o chetonico in un gruppo alcolico (come accade per il
mannitolo, dal mannosio).
Gli zuccheri vengono traslocati in questa seconda forma perché sono meno reattivi. Il saccarosio,
infatti, reagisce al massimo con due o tre monomeri, per cui forma il raffinosio (+ 1 galattosio), lo
stachiosio (+ 2 galattosio), il verbascosio (+ 3 galattosio).
Nel succo floematico troviamo anche azoto, sotto forma di ammine e amminoacidi (specialmente
glutammato e aspartato), numerosi ormoni (auxine, gibberelline, citochinine e acido abscissico),
nucleotidi e proteine, anche sotto forma di enzimi (chinasi, tioredossina, ubiquitina – segnala le
proteine da rimuovere, chaperonine).
Sono inoltre presenti numerosi ioni inorganici (potassio, magnesio, fosfato, cloro).
V ELOCITÀ DEL FLUSSO FLOEMATICO
La velocità delle sostanze nel floema viene espressa come velocità di trasferimento di massa, cioè
la quantità di materiale che passa attraverso una sezione trasversale di floema nell’unità di tempo.
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In media, la velocità è di 10 gr l’ora per cm .
La velocità di movimento nel floema viene studiata con traccianti radioattivi: ad esempio, la CO 2
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di una foglia può essere marcata con C. La lunghezza della via, divisa per il tempo necessario per
trovare la marcatura nel pozzo, fornisce una misura della velocità.
Oppure, si può usare come punto di partenza un pozzo e non una foglia, in modo da eliminare dal
tempo calcolato quello necessario per la fissazione del carbonio.
C ARICAMENTO DEL FLOEMA
Per caricamento del floema si intende il movimento dei prodotti fotosintetici dai cloroplasti ai vasi
del floema.
Innanzitutto, la GAP prodotta durante il giorno dalla fotosintesi deve essere trasferita dal
cloroplasto al citosol, dove viene convertita in saccarosio. Durante la notte, anche l’amido è
convertito in saccarosio.
Tutto questo saccarosio si sposta dal mesofillo fino alle venature più piccole della foglia. Poiché il
tragitto è molto b