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Abbattere il mito occidentale di una storia provvidenzialmente tesa a un’evoluzione
lineare verso il modello di razionalità illuminista è un’ardua impresa. Rompere il velo
di Maya che avvolge candidamente l’ideologia umanitaria è un atto coraggioso. Ne
verrebbe fuori una verità troppo scandalosa e terrificante, difficile da accettare. Il
principio di autorità vige ancora incontrastato...
Friedrich Nietzsche
3.
“Nessun pastore e un solo gregge! Tutti vogliono le stesse cose, tutti sono uguali: chi
sente diversamente, va di sua volontà al manicomio”. F. Nietzsche odia
profondamente ogni ideologia egualitaria. I suoi passi inneggiano al pathos della
distanza, all’autosuperamento dell’uomo, alla transvalutazione di tutti i valori. Il suo
nichilismo attivo, nella pars destruens , prevede l’annientamento di tutte le
menzogne, i valori, le superstizioni che hanno drogato l’uomo per millenni, nella pars
costruens, è necessario uno sforzo sovrumano ( perché teso a trascendere l’uomo
stesso) per creare un altro tipo di uomo: libero da ogni abulica morale, dallo spirito di
gravità e pervaso di volontà di potenza. La morte di dio rappresenta il punto di
partenza su cui edificare un nuovo mondo scevro di false ideologie, inondato di una
nuova forza creatrice: la forza del superuomo. “Tre metamorfosi dello spirito io vi
indico: come lo spirito diventò cammello, e il cammello leone, e infine il leone
fanciullo”: le tappe che portano dal torpore dell’ultimo uomo, narcotizzato dall’ ‘io
devo’, alla potenza di un essere superiore guidato dall’ ‘io voglio’. “Vi sono molte
cose gravose per lo spirito, lo spirito forte paziente, predisposto all’ossequio: la sua
forza tende verso le cose difficili e più gravose. Che cosa è più gravoso si chiede lo
spirito paziente e si piega sulle ginocchia come il cammello, e vuole essere sulle
ginocchia ben caricato. Qual è la cosa più gravosa, eroi? così chiede lo spirito
paziente, affinché io la prenda su di me e mi compiaccia della mia forza [...] Tutto
questo, le cose più gravose, prende su di sé lo spirito paziente: al pari del cammello
che, carico, percorre in fretta il deserto, altrettanto in fetta lo spirito percorre il suo
deserto”. L’uomo liberale è proprio il cammello. Si illude della sua forza ma è
semplicemente sottomesso a poteri più grandi che caricano sulle sue ginocchia pesi
enormi. Vede nella proprietà un elemento costitutivo del proprio essere, un fattore di
emancipazione. Ma è solo uno schiavo: si culla nel possesso sicuro e geloso dei sui
beni ai quali si aggrappa come unica ancora di salvezza. Non vuole trasformarsi in
leone “afferrare la propria libertà ed essere signore nel proprio deserto”. Si fa
accecare dal grande drago del ‘tu devi’ con le sue sfavillanti squame d’oro. “Valori
millenari risplendono su queste squame e così parla il più potente dei draghi:’ tutti i
valori delle cose - splendono su di me’. ‘Tutti i valori sono già stati creati, e io stesso
sono - ogni valore creato. Davvero non può più esserci alcun ‘io voglio’ !’ Così parla
il drago.” L’uomo moderno cade senza fatica nella trappola del drago. La squama
dorata sulla quale brilla il concetto di umanità lo acceca, lo attrae inesorabilmente..
Raggiungere lo stadio spirituale del fanciullo è senza dubbio utopico per il borghese
che, non solo dovrebbe essere libero, ma anche capace di “conquistarsi il diritto a
nuovi valori [...] Il bambino è innocenza e oblio, un nuovo inizio, un gioco, una ruota
che gira da sé, un primo movimento, un sacro dire-di-sì”. Demolire valori e crearne
di nuovi è un’opera teutonica che non può essere portata a termine dalla massa di
uomini armento dell’attuale società democratica. “Vuole forse qualcuno rivolgere un
po’ lo sguardo giù in fondo al segreto di come si fabbricano ideali sulla terra? Chi ne
ha il coraggio? [...] Che cosa succede là sotto? Dica quel che vede, uomo dalla
perigliosissima curiosità, - ora sono io ad ascoltare. -’ Non vedo nulla, ma tanto
meglio ascolto, è un bisbigliare e un sussurrare cauto, maligno, sommesso, da tutti
gli angoli e i cantucci. Si direbbe che si stiano sbiascicando menzogne [...] Questa
officina dove si fabbricano ideali - mi sembra che esali unicamente fetore di
menzogne”. L’ideologia dei diritti umani è dilagata così tanto che nessuno riesce più
ad accorgersi di quest’orrendo olezzo di frode. I sacerdoti di questo culto accedono ai
suoi arcana imperrii e spacciano falsità a buon mercato. Secondo Nietzsche la
diffusione di ideali egualitari, come quello di umanità, deriva dal forte risentimento
che spinge la congiura dei deboli, dei malati, dei mal riusciti contro la salute dei
vittoriosi, dei forti. I reietti si ostinano a non riconoscere palesemente il proprio odio.
Si trincerano dietro lo “sfoggio di parole grosse e atteggiamenti, quale arte di
‘onesta’ diffamazione! “. Il loro odio radicale si cela dietro belle parole come
giustizia, uguaglianza, fratellanza. E’ la menzogna, la lotta sotterranea e subdola che
non può essere tollerata. La pacificazione universale, la tabula rasa creata dall’ideale
egualitario per eccellenza - i diritti umani - rappresenta la vittoria incontrastata degli
ultimi uomini. Ma “la vita si adempie essenzialmente, cioè nelle sue funzioni
fondamentali, offendendo, facendo violenza, sfruttando, annientando”. Gli stati di
diritto“possono essere sempre soltanto stati eccezionali [...] Un ordinamento
giuridico pensato come sovrano e generale, non come strumento nella lotta di
complessi di potenza, bensì come strumento contro ogni lotta in generale [...] che
ogni volontà debba considerare eguale ogni volontà, sarebbe un principio ostile alla
vita, un ordinamento distruttore e disgregatore dell’uomo, un attentato all'avvenire
dell'uomo, un indice di stanchezza, una via traversa verso il nulla”. Questa critica
radicale demolisce dalle fondamenta lo stato liberale e la sua pretesa di pacificazione
universale, Un mondo senza guerra sarebbe un torbido stagno.”E’ vana fantasticheria
e utopia di anime belle aspettarsi dall’umanità ancora molto (o addirittura solo
allora molto), quando essa avrà disimparato a fare guerre”. La civilizzazione non
può fare a meno delle guerre, del pathos della distanza , del fluire delle passioni e
della malvagità. Se ciò accadesse si cercherebbe subito un sostituto alla guerra per
sublimarla. “Un umanità dotata di cultura così elevata e quindi necessariamente
fiacca, come quella europea di oggi, ha bisogno solo di guerre, ma addirittura delle
guerre più grandi e terribili - ossia di temporanee ricadute nelle barbarie - per non
perdere, nei mezzi della civiltà, la sua civiltà e la sua stessa esistenza”. Un mondo
che si vergogna della sua crudeltà è un mondo ipocrita :“deve essere espressamente
attestato che allorquando l’umanità non si vergognava ancora della sua crudeltà, la
vita era sulla terra più serena di oggi che esistono i pessimisti. L’offuscarsi del cielo
al di sopra dell’uomo è andato aumentando in rapporto al fatto che è cresciuta la
vergogna dell’uomo dinanzi all’uomo”. Per il filosofo tedesco non è concepibile
l’ideologia umanitaria. Tutti i suoi sforzi sono incentrati sull’abbattimento del sistema
valoriale occidentale che ha portato a un infrollimento progressivo della specie.. La
soluzione nietzscheiana è un nuovo inizio, lo slancio per la creazione di un mondo
nuovo, un tuffo dal trampolino dell’oblio.
Jürgen Habermas
4.
Habermas crede nella costituzione di un governo globale guidato da un diritto
cosmopolitico. A differenza di Bauman, che sembra brancolare nel buio, Habermas
rivede l’idea di civitas maxima kantiana e la riadatta al mondo attuale criticando le
idee schmittiane. Secondo lui Schmitt avrebbe frainteso tutto credendo che dietro i
diritti umani ci sia la conduzione di una politica internazionale capace di giustificare
le sue imprese imperialistiche. I diritti umani sono concetti puramente giuridici. Non
è possibile confondere diritto e morale. La moralità loro è nella fondazione che ne
proietta la validità oltre le frontiere dei singoli stati e li rendendo universalmente
validi e accettati. Nella “loro struttura, i diritti fondamentali devono essere ritenuti
diritti soggettivi esigibili, con il risultato di svincolare i soggetti di diritto dagli
obblighi morali, nel momento in cui si accorda ad ognuno di tali soggetti la facoltà
di agire in base alle proprie preferenze”. In questo senso sarebbero solo un
aggiornamento dei vecchi diritti soggettivi “vale a dire una categoria specificamente
giuridica. I diritti dell’uomo sono fin dall’inizio di natura giuridica”. La struttura è
giuridica, il contenuto morale. “I diritti fondamentali sono dotati di questa universale
pretesa di validità in quanto essi possono essere fondati soltanto da una prospettiva
morale [...] regolano materie tanto generali che gli argomenti morali sono senz’alto
sufficienti alla loro fondazione. Si tratta di argomenti che giustificano in che senso
l’assicurazione di queste regole rispecchi l’interesse di tutte le persone in quanto
persone, dunque in che senso queste regole siano buone per tutti”. In questo modo si
compie una mistificazione. Schmitt avrebbe risposto che “se diritto indica qui le
leggi positive e i metodi legislativi esistenti, che devono continuare ad avere valore;
ed allora ‘la signoria del diritto’ non significa altro che la legittimazione di un
determinato status quo al cui mantenimento naturalmente hanno interesse tutti
coloro il cui potere politico ed utile economico si consolida a questo diritto [...] la
sovranità del diritto significa solo la sovranità degli uomini che pongono ed
applicano le norme giuridiche che cioè la sovranità di un ordinamento superiore
[come la Civita massima habermasiana V. B. ] è una frase vuota se non ha il
significato politico per cui determinati uomini vogliono, sulla base di questo stesso
ordinamento superiore, dominare uomini di un ordinamento inferiore. Il pensiero
politico è qui inconfutabile [...] perché vi sono sempre gruppi concreti di uomini che,
in nome del ‘diritto’ o dell’ ‘umanità’ o dell’ &ls