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(L)
etosuccimide 0.7 49 48.0
flucitosina 8.0 49 4.2
digossina 7.0 420 40.0
morfina 63.0 280 3.0
aloperidolo 46.0 1.400 20.0
clorochina 45.0 12.950 200.0
L’emivita è importante per determinare:
Con che frequenza somministrare il farmaco per evitarne un accumulo che può risultare tossico;
La durata dell’effetto benefico;
In che tempi avrò la totale eliminazione del farmaco a seguito della sua sospensione.
È importante sapere l’emivita per capire con che frequenza somministrare il farmaco. In realtà non dobbiamo
pensare necessariamente che se un farmaco ha una emivita breve bisogna somministrarlo frequentemente. Ad
es: considerando una curva effetto-concentrazione di una molecola come gli ACE-inibitori si vede che esso ha
emivita = 4 h circa. In questo modo a 4h abbiamo il 50%, ad 8 h il 25% e così via. Ma osservando l’effetto, dopo 4
h ha efficacia terapeutica del 90%, dopo 8h ce l’ha dell’85%, alle 12h del 70% e a 16 del 50%. Anche se il farmaco
ha emivita di 4h, dopo 20h ha ancora capacità farmacologia adeguata, ergo possiamo somministrarlo ogni 24h!
Possiamo dire dunque che bisogna considerare anche l’efficacia terapeutica per stabilire la frequenza di
somministrazione, non solo l’emivita.
Steady state
L’emivita è importante anche perché ci dà indicazione del tempo necessario per raggiungere lo stato
stazionario (steady state), ovvero la concentrazione plasmatica del farmaco che vogliamo mantenere per
ottenere un preciso effetto farmacologico in cronico.
Paratore Mattia
Nota: Quando si somministra un farmaco, la concentrazione plasmatica
dello stesso, nel tempo, subisce oscillazioni che diventano minime dopo
un certo periodo di assunzione. Dopo un certo numero di
somministrazioni la quantità di farmaco eliminata corrisponde a
quella introdotta per ogni somministrazione: a questo punto il
sistema è appunto in steady state. Questa situazione si raggiunge dopo
un tempo pari a 4-5 volte l'emivita del farmaco (ad esempio un farmaco
che ha un'emivita di 2 ore arriverà allo steady state dopo 8-10 ore).
Esso può essere ottenuto attraverso infusione continua oppure
somministrando il farmaco ad intervalli regolari. Per raggiungere uno
stato in cui eliminazione ed assorbimento si equivalgono deve passare un
tempo circa pari a 4-5 emivite.
Con un infusione continua, via via che avviene l’assorbimento sappiamo che c’è già in corso una fase di
eliminazione, quindi man mano che metto il farmaco la quota plasmatica aumenta ma perdendo comunque una
parte che viene eliminato, essa di conseguenza arriverà lentamente e gradualmente allo stato stazionario con un
crescendo uniforme. Nella somministrazione del farmaco a tempi regolari invece il grafico non crescerà
linearmente ma avrà degli alti e dei bassi che tenderanno però sempre di più ad aumentare per raggiungere,
sempre in maniera altalenante, lo stato stazionario che vogliamo raggiungere. Questo avviene perché ad ogni
nuova somministrazione aumentiamo la quota iniziale (picco in salita) ma questa si riduce prima della nuova
somministrazione (eliminazione), quindi ci saranno varie fasi di salita e di discesa.
La necessità di avere 4-5 emivite per lo stato stazionario è perché: alla prima emivita/somministrazione le
concentrazioni plasmatiche sono al 50%, alla seconda emivita/somministrazione al 75%, alla terza 89 %, alla
quarta intorno al 99%. Lo stesso principio si applica per la totale eliminazione del farmaco: servono varie
emivite per eliminare totalmente il farmaco dall’organismo (1° emivita 50 %, 2° emivita 25%, 3° 12,5%...); in
realtà si stima che dopo 10 emivite sia ancora presente l’1% di farmaco.
I farmaci possono avere diversa emivita, da poche ore ad alcuni giorni. Per farmaci con emivita molto lunga se
non si può aspettare il tempo di 4-5 emivite per il raggiungimento dello stato stazionario, si interviene con la
dose di carico, a cui poi si sostituiste la dose di mantenimento. Un classico esempio è dato dall’utilizzo dei
farmaci digitalici, come la digossina, che ha emivita di 7 gg. In questo caso per raggiungere lo steady state
sarebbero necessari 28 giorni! In questo caso si può fare la digitalizzazione del pz che consiste in
somministrazioni molto più frequenti per raggiungere lo stato stazionario più rapidamente.
Nota: La dose di carico Dl (loading dose) di un farmaco viene usata per raggiungere più velocemente la
concentrazione allo stato stazionario. Viene utilizzata soprattutto per farmaci a lunga emivita e quindi che
richiedono un tempo lungo per il raggiungimento dello steady state.
La dose di carico che possiamo sfruttare dipenderà sia dalla concentrazione plasmatica che vogliamo
raggiungere (concentrazione target), sia dal volume di distribuzione (tanto più alto sarà questo volume, tanto
più alto dovrà essere la dose di carico in fase iniziale).
La dose di mantenimento dipenderà sia dalla concentrazione target, che dalla clearance del farmaco (tanto più
alta è la clearance tanto più alta dovrà essere la dose da utilizzare per il mantenimento), ma dovrà considerare
anche l’intervallo presente tra le dosi. Infatti la dose di mantenimento si può raggiungere sia con elevate
concentrazioni a frequenza di somministrazione ridotta, che viceversa cioè con basse dosi a frequenza elevata. In
questo modo se abbiamo un farmaco poco tollerato, possiamo evitare gli effetti tossici aumentando la frequenza
di somministrazione e diminuendo il dosaggio.
Paratore Mattia
Reazioni Avverse da farmaci (ADR)
La Reazione avversa è una risposta ad un farmaco nociva e non intenzionale e che avviene alle dosi
normalmente usate nell’uomo per la profilassi/diagnosi/terapia o a seguito di modificazioni della fisiologia
(es. gravidanza, allattamento ecc). Le Reazione avverse da farmaci si dividono in due gruppi:
Gruppo A: queste sono strettamente dipendenti dall’azione del farmaco, quindi sono prevedibili e
dosi dipendenti. Sono dovute alla normale azione farmacologica del principio attivo.
Gruppo B: in questo caso le reazioni sono inaspettate, il più delle volte sono dovute a una particolare
predisposizione genetica che crea particolare reattività del soggetto al farmaco. Proprio per questo si
scoprono in corso di farmacovigilanza. Sono reazioni anomale ed imprevedibili in relazione al pz.
Concentriamoci sulle reazioni del Gruppo B. Sono reazioni che non possono essere ricondotte ad un eccesso di
attività farmacologica nota, ma sono associabili a condizioni predisponenti individuali, spesso ignote prima che
l’evento si verifichi. Per questo sono imprevedibili, non sempre dose dipendenti e la loro incidenza è
relativamente bassa. In questo gruppo individuiamo due reazioni di differenti: (pag 56-63 Rossi)
Le reazioni allergiche: prevedono una prima fase di esposizione/sensibilizzazione, che avvien con la
prima esposizione al farmaco (che avrà lo stesso ruolo di un antigene), ed una seconda fase di reazione
immediata e ritardata, causata dalle esposizioni successive. Il farmaco diventa un antigene (allergene).
Le reazioni idiosincrasiche già presente alla nascita (perché su base genetica), in cui non è richiesta
una sensibilizzazione e si avrà alla prima esposizione al farmaco. C’è una dose dipendenza (che non si
ha nell’allergia dove anche una minima esposizione ad un farmaco può causare questa reazione
allergica).
Reazione idiosincrasica Reazione allergica
Congenita Acquisita
Dose dipendenti Dose indipendenti
Non ci vuole la sensibilizzazione Ci vuole la sensibilizzazione
Reazioni diverse da farmaco a farmaco Manifestazioni uniformi
I farmaci coinvolti sono privi di proprietà antigeniche I farmaci coinvolti hanno proprietà antigeniche o le
acquisiscono
Si trattano con antagonisti (se possibile) Terapia standard delle reazioni allergiche
Reazioni idiosincrasiche
Rappresentano le forme più classiche di iperreattività congenita, che possono manifestarsi per motivi genetici in
risposta alla somministrazione di vari farmaci (studiate dalla farmacogenetica). Possono manifestarsi (a
differenza delle reazioni allergiche) sin dalla prima somministrazione del farmaco, sono imprevedibili e talora
molto gravi. Nella maggior parte dei casi sono dovute ad alterazioni genetiche, responsabili della sintesi di
enzimi alterati (con riduzione completa o parziale dell’attività enzimatica) -> effetti tossici o imprevedibili. In
altri casi si ha la mancanza di un effetto farmacologico atteso.
Le reazioni idiosincrasiche con comparsa di effetti tossici possono essere causate:
- Da una ridotta sintesi enzimatica: come nel caso del deficit dell’enzima glucosio 6-PD (favismo) che
porta ad una anemia emolitica dopo trattamento con primachina ad es. Questo perché il G6PD è un enzima
importante per mantenere costante nelle emazie i livelli di glutatione ridotto, necessario per prevenire
Paratore Mattia
l’emolisi. Se manca il G6PD e somministriamo primachina, il farmaco riduce i livelli di GSH nelle emazie
normali causando emolisi nelle cellule in cui il G6PD manca. Se invece è carente l’enzima NADH-
metaemoglobina reduttasi (che mantiene lo ione ferrico dell’eme in forma ridotta), farmaci come i nitriti,
nitrati possono esacerbare cianosi.
- Da un’alterata funzione enzimatica: alcuni enzimi alterati possono causare una risposta abnorme come
ad es le apnee di lunga durata dopo somministrazione di succinilcolina. La succinilcolina normalmente
viene rapidamente degradato dalla pseudocolinesterasi plasmatiche. In alcuni pz questo enzima ha ridotta
affinità per il farmaco -> aumento della durata dell’effetto del farmaco. In altri casi il farmaco può essere
meno inattivato da parte degli enzimi del metabolismo epatico ad es (vedi acetilatori rapidi e lenti).
- Da alterazione di proteine trasportatrici.
Una l’idiosincrasia può portare anche ad un fallimento terapeutico nel caso in cui si ha:
- Alterazione della sintesi enzimatica: la ridotta sintesi della Tiopurina Metil-Transferasi o dell’Ipoxantina
Guanina-P Ribosil-Transferasi (enzimi coinvolti nel metabolismo dell’Azatioprina) possono annullare
l’effetto anti-tumorale del farmaco.
- Alterazione recettoriale: Un’alterazione nell’espressione dei recettori β-2 adrenergici può portare ad una
mancata risposta dei beta 2 stimolanti, quindi si perde l’effetto broncodilatatore.
- Alterazione nell’assorbimento del farmaco: come nell’anemia perniciosa resistente alla
somministrazione orale di b12 perché c’è un deficit congenito del fattore intrinseco di Castle.
Alcuni farmaci in soggetti con canalopatia al calcio possono