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TAMFINATBANKIRISAN
Si può ipotizzare una scomposizione in:
TAM-FIN-AT-BAN-KIRI-SAN
Il linea di principio, quindi, partendo da poche parole familiari, e riconoscendole all’interno del
flusso del parlato, si possono poi fare ulteriori ipotesi su quali siano altre parole, e usando queste
nuove parole si può poi procedere ad identificarne altre ancora … e via via si potrebbe quindi
riconoscere tutte le parole.
Bortfeld et al. (2005)
Hanno provato a familiarizzare bambini di 6 mesi con frasi in cui la parola target (ad esempio
“bike”) compariva appena dopo una parola sicuramente già nota al bambino (il loro nome, o la
parola “mommy”).
Essi hanno trovato che in questa condizione già a 6 mesi i bambini dimostravano nella fase di test
di riconoscere il nome target rispetto a un altro nome non menzionato, ma anche rispetto a un
nome con cui erano stati precedentemente familiarizzati, ma in frasi in cui non c’erano “ancore”
possibili. CALTUMKATEFRUNZILLAPPANZURI
È probabile che non tutti facciano le stesse ipotesi di parole, pero è altamente probabile vengano
proposte segmentazioni di questo tipo:
CA-LTU-MKATE-F-RUNZIL-LAPPA-NZURI
Perché quando segmentiamo il parlato, anche in una lingua straniera, assumiamo (implicitamente)
dei vincoli fonotattici, che ci dicono quali combinazioni di suoni possono o non possono stare
all’inizio o alla fine di parola.
Le “parole” LTU, MKATE e NZURI non sono “legittime” per l’italiano, perché in italiano nessuna
parola può iniziare con due consonanti come “MK” o “NZ”; mentre in altre lingue sì (come in Ceco
e Swahili).
Jusczyk e colleghi (1993) hanno dimostrato che i bambini americani di 9 mesi preferiscono
ascoltare delle parole le cui sillabe sono compatibili con i vincoli foto tattici della loro lingua,
piuttosto che parole olandesi che violano questi vincoli, mentre nei bambini olandesi la preferenza
è inversa.
Morfologia
Studio della struttura delle parole.
Abbiamo visto come i bambini riescono a riconoscere e individuale singole parole all’interno del
flusso del parlato. Dopo averle riconosciute, devono identificarne il significato.
Morfemi
L’unità minima dotata di significato è il morfema, il quale è composto da fonemi.
Proprietà della doppia articolazione di Hockett: dalla combinazione di un repertorio finito di fonemi,
che non hanno significato, si ottengono unità linguistiche (morfemi e parole) che hanno significato.
I morfemi possono essere:
Liberi: se occorrono da soli.
Esempi di morfemi liberi sono:
di caffè sempre ora (avverbio) 23
Elementi di linguistica e psicolinguistica
Legati: quando si uniscono ad altri morfemi per formare una parola.
Una parola come “bambino” è composta da due morfemi:
• bambin- è un morfema lessicale, che ci dà informazioni sul significato della parola.
• -o (come gli altri possibili morfemi –a, -i ed –e) è un morfema grammaticale, che ci
dà informazioni sul fatto che quella parola è un nome comune singolare maschile
(piuttosto che singolare femminile, ecc …).
Una parola come correvamo è composta da quattro morfemi:
• corr- è un morfema lessicale, che ci dà informazioni sul significato della parola.
• -e, -v e –amo sono morfemi grammaticali, che ci danno informazioni sul fatto che
quella parola è un verbo della seconda coniugazione (-e), al tempo imperfetto (-v),
prima persona plurale (-amo).
[le vocali –a, -e, -i, che servono solo per indicare a quale coniugazione appartiene il
verbo vengono chiamati morfemi vuoti perché non hanno alcun significato.]
In italiano, tutti i verbi sono necessariamente flessi (hanno dei morfemi grammaticali), così come
per la maggior parte dei nomi comuni, per cui costituiscono morfemi legati.
In inglese, invece, esistono molti morfemi liberi, visto che il morfema lessicale dei verbi può
comparire come infinito, e tutta la declinazione del presente (tranne la terza persona singolare) e i
nomi comuni vengono flessi solo per il plurale.
Morfemi grammaticali
Sono di due tipi:
Flessivi: danno informazioni sulla forma della parola (maschile/femminile, singolare/plurale,
tempi e persone verbali).
Derivazionali: portano a costruire nuove parola a partire da parole già esistenti.
Inattaccabile
• attacc- è il morfema lessicale
• -(a)bil è il morfema derivazionale: si attacca al verbo per trasformarlo in aggettivo.
• in- è un morfema derivazionale: si attacca a un aggettivo, e ne inverte
semanticamente il significato.
In + attaccabile inattaccabile
In + possibile impossibile
In + logico illogico
In + memore immemore
In + riducibile irriducibile
Il morfema derivazionale in (e anche con) va incontro a fenomeni di assimilazione
(parziale o totale) quando si combina con una parola che inizia con determinate
consonanti.
Morfemi per posizione
Prefissi: a sinistra della parola
In-valicabile s-fortunato ex-marito
In morfologia ex-marito è considerata come unica parola. In morfologia, una parola è un
morfema libero, o combinazione di morfemi legati, che rappresenta un’unità minima
isolabile all’interno di una frase. Essendo un’unità non è possibile frapporvi altre parole in
mezzo.
Infissi: in mezzo alla parola
Cant-icchi-are libr-ett-ino
Suffissi: a destra della parola
Spalma-bile riscalda-mento lavora-tore
Parole composte
Derivano dall’unione di due parole già esistenti. In un composto, la parola che “domina” viene
definita testa. Per identificare la testa, si usa il criterio “parola composta è un …”
Endocentriche: una testa.
Capostazione cassaforte
Composti incorporativi: due teste
Cassapanca agrodolce 24
Elementi di linguistica e psicolinguistica
Composti esocentrici: la testa è esterna al composto.
Cavatappi pellerossa
Costituenti “neoclassici”: classe ibrida. È possibile identificare due diversi morfemi lessicali,
che però non costituiscono vere e proprie parole dell’italiano. Sono morfemi che derivano
da parole greche o latine, e che hanno un significato, ma non possono essere usate da
sole in italiano.
Psicologia biochimica socioculturale
La morfologia studia la struttura delle parole, come queste si formano a partire dai morfemi.
All’interno di una parola, riveste un ruolo primario il morfema lessicale (radice) che ci dà le
informazioni sul significato della parola.
I morfemi grammaticali, invece, svolgono due funzioni distinte: i morfemi flessivi danno
informazioni sulle caratteristiche della parola ma non la cambiano; i morfemi derivazionali, invece,
operano un cambiamento della parola (di categoria e/o di significato).
L’identificazione dei morfemi grammaticali delle parole permette anche la classificazione delle
parole in base alla loro categoria sintattica.
In psicolinguistica, ricorreranno alcuni elementi legati alla morfologia delle parole:
Quali tipi di parole vengono acquisiti prima dai bambini?
Ci sono indizi morfologici che aiutano i bambini nella fase di identificazione del significato?
Come gli adulti “immagazzinano” le voci lessicali in memoria?
Come gli adulti processano i nomi (tutti interi, composti di morfemi, … )?
Semantica
Studio del significato delle parole e delle frasi. La semantica studia il legame di significazione che
intercorre tra gli elementi linguistici e ciò che significano.
L’assunto iniziale è che le parole abbiano un significato (proprietà della semanticità di Hockett),
ossia che ci sia un nesso, di tipo arbitrario, convenzionale, (proprietà dell’arbitrarietà) tra le parole
e gli oggetti/eventi del mondo esterno.
Abbiamo visto che il vero portatore di significato in linguistica è il morfema, e che le parole sono
morfemi liberi o combinazioni di morfemi legati, che costituiscono un’unità linguistica.
La proprietà della produttività di Hockett dice che noi, in quanto “utenti del linguaggio”, siamo in
grado di comprendere e produrre un numero potenzialmente infinito di frasi.
Per spiegare questa proprietà di assume che questo sia possibile perché:
Noi conosciamo il significato delle singole parole che compongono una frase.
Noi conosciamo le regole con cui queste parole vengono messe insieme.
La docente di Elementi di linguistica e psicolinguistica ha parcheggiato il suo trattore in doppia fila.
Questa è una frase mai sentita prima, ma si riesce a comprenderne senza problemi il significato.
Cosa vuol dire “comprendere il significato?”
Un individuo comprende il significato di un enunciato quando è in grado di riconoscere quali
situazioni lo rendono vero, e quali situazioni lo rendono falso.
Come “utenti della lingua”, ossia come individui che parlano una lingua, noi siamo in grado di
comprendere enunciati mai sentiti prima, e quindi un numero potenzialmente infinito di enunciati.
Com’è possibile comprendere un numero potenzialmente infinito di frasi?
Ovviamente, non possiamo aver “memorizzato” tutte le frasi e tutte le associazioni di enunciati a
situazioni, proprio perché la nostra capacità di comprensione si estende anche a frasi mai sentite
prima in quella specifica combinazione.
Noi conosciamo il significato delle singole parole che compongono gli enunciati, e poi “mettiamo
insieme” i significati di queste parole per ottenere il significato complessivo della frase.
La docente di Elementi di linguistica e psicolinguistica ha parcheggiato il suo trattore in doppia fila.
Per comprendere il significato di un enunciato, noi dobbiamo:
1. Conoscere il significato delle parole che lo compongono
La / docente / di / ELePL / ha / parcheggiato / il / suo / trattore / in / seconda / fila
2. Conoscere il modo con cui queste parole si combinano 25
Elementi di linguistica e psicolinguistica
La docente di ELePL ha parcheggiato il suo trattore in seconda fila.
Il trattore in seconda fila ha parcheggiato la docente di ELePL
Per derivare il significato delle frasi è necessario mettere insieme il significato delle parole
(significato lessicale) e il modo in cui queste si combinano (sintassi).
Significato delle singole parole
Le parole possono essere distinte in due macrocategorie:
Parole di classe aperta: sono nomi, aggettivi, verbi, avverbi; sono di classe aperta perché
ve ne possono aggiungere di nuove, ad esempio per riferirsi a oggetti di nuova invenzione.
Parole di classe chiusa: sono articoli, pronomi, congiunzioni, &he