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U
0 x1 x2 x3 f X
L’utilità totale funzione crescente della quantità del bene
Figura 1.
Inoltre, l’utilità totale aumenta in misura meno che proporzionale
all'incremento della quantità di bene. Ciò, in altri termini, significa che
l'incremento di utilità che si ottiene dalla n-esima dose di bene risulta inferiore
all'analogo incremento relativo alla dose (n-1)-esima.
Ne deriva che l'utilità attribuita a ciascuna dose di bene è via via decrescente
fino ad annullarsi in corrispondenza del fabbisogno, quantità per la quale il
bisogno è completamente soddisfatto.
Nel diagramma di figura 1, dunque, la quantità 0f è quella che consente di
estinguere il bisogno originario, giacché in corrispondenza di essa si annulla
l'incremento di utilità totale che si ottiene da quantità addizionali di bene. E'
evidente, d’altra parte, che in corrispondenza del fabbisogno la legge dell'utilità
marginale presenta un punto di nullo. L'utilità marginale, infatti, in quanto
attribuita all'ultima dose di bene, esprime l'incremento di utilità totale che la dose
medesima è in grado di arrecare al consumatore; incremento che, come si è detto, si
annulla appunto in corrispondenza della quantità di bene pari al fabbisogno.
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Teoria del consumatore U'
0 x1 x2 x3 X
f
L’utilità marginale funzione decrescente della quantità del bene
Figura 2.
La legge dell'utilità marginale può essere ricavata agevolmente a partire dalla
figura 1.
La derivata prima calcolata nei singoli punti della funzione di figura 1,
definisce il saggio di variazione dell’utilità totale, chiamato dagli economisti grado
finale di utilità (ovvero grado marginale di utilità). La legge del grado finale di
utilità è descritta nel diagramma di figura 2, dove sull'asse delle ascisse sono
riportate le quantità di bene e sull'asse delle ordinate i corrispondenti gradi finali di
utilità. L'ascissa 0f, in corrispondenza della quale si annulla il grado finale di utilità,
individua il punto di saturazione del bisogno, ossia la quantità di fabbisogno.
L'utilità marginale può, quindi, essere ottenuta come prodotto aritmetico tra il
grado finale di utilità e una quantità incrementale del bene; prodotto che,
graficamente, corrisponde all'area del rettangoloide tratteggiato in figura 2. Ne
segue, pertanto, che il diagramma di figura 2 rappresenta anche la legge dell'utilità
marginale, coincidendo infatti, la legge di variazione delle superfici dei
rettangoloidi relativi a dosi successive di bene, con la funzione del grado finale di
utilità.
In sintesi, dunque, detta U(x) l'utilità totale riferita alla quantità x di bene,
valgono le seguenti relazioni matematiche: ( )
( ) dU x
=
'
U x ,
- GRADO FINALE DI UTILITÀ : dx
( )
⎛ ⎞
( ) dU x
⋅ = ⋅
⎜ ⎟
'
U x dx dx
- UTILITÀ MARGINALE : ⎝ ⎠
dx . Microeconomia
Ed inoltre: ( ) ( )
x
∫
= '
U x U x dx ,
0
essendo l'utilità totale pari alla somma delle utilità relative alle singole dosi.
2.3. Il consumo
Il consumo è distruzione di utilità: consiste infatti nella distruzione, totale o
parziale, di un bene economico.
Il consumo può essere classificato in rapporto agli effetti della distruzione di
utilità ed altresì al soggetto del consumo (consumatore).
Riguardo agli effetti della distruzione di utilità, solitamente si effettua la
seguente classificazione:
a) consumo di godimento: il bene viene impiegato per soddisfare un bisogno
avvertito dall’uomo (ad esempio, la legna utilizzata per riscaldare la casa);
b) consumo produttivo: il bene è impiegato per creare altri beni (ad esempio, le
materie prime utilizzate per realizzare manufatti di vario genere);
c) consumo improduttivo: il bene viene distrutto senza soddisfare alcun
bisogno (ad esempio, la distruzione di un’autovettura a seguito di un incidente).
Il consumo infine si dice privato o pubblico a seconda che venga attuato per
soddisfare i bisogni avvertiti dal singolo soggetto ovvero per appagare bisogni di
natura collettiva.
2.4. Il principio di livellamento delle utilità marginali
L'homo economicus ha necessità di appagare una pluralità di bisogni. Per fare
questo egli agisce in modo da ottenere la massima soddisfazione compatibilmente
con la quantità di beni in suo possesso (principio edonistico). In particolare, il
soggetto impiega i beni in maniera tale che i bisogni via via appagati presentino
tutti la stessa intensità residua. In altri termini, giacché il soggetto tende
naturalmente ad appagare dapprima i bisogni più urgenti e poi, in base ad una
gradazione di preferenza, quelli meno urgenti, egli raggiunge la massima
soddisfazione quando risultano uguali le utilità marginali dei diversi beni
impiegati. 11
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Teoria del consumatore
Poniamo, ad esempio, che il soggetto abbia necessità di procurarsi il bene pane,
il bene formaggio ed il bene frutta. Le utilità marginali di tali beni siano quelle
indicate in tabella 1. Se il soggetto dispone di sette unità di moneta e nell’ipotesi
che ogni dose di bene sia acquistabile con una unità di moneta, egli non le spende
tutte per l'acquisto di sette dosi di pane; acquisto che gli fornirebbe un grado finale
di utilità del bene pari a 40. Egli impiega invece 4 unità di moneta per l'acquisto di
4 dosi di pane (utilità marginale = 70), due unità per l'acquisto di due dosi di
formaggio (utilità marginale = 70) ed una unità per l'acquisto di una dose di frutta
(utilità marginale = 70). In tal modo il soggetto, giungendo al livellamento delle
utilità marginali dei tre beni, rende massima la utilità totale ritraibile dall’acquisto
dei beni medesimi (100+90+80+70+80+70+70= 560). Qualsiasi altra modalità di
distribuzione della ricchezza posseduta dal soggetto produrrebbe in lui un più basso
livello di utilità totale. Utilità marginale
Dosi Pane Formaggio Frutta
1a 100 80 70
dose
2a 90 70 60
dose
3a 80 60 50
dose
4a 70 50 40
dose
5a 60 40 30
dose
6a 50 30 20
dose
7a 40 20 10
dose
8a 30 10
dose
9a 20
dose
10a 10
dose
Livellamento delle utilità marginali
Tabella 1.
Lo schema dell'esempio precedente si complica lievemente se i tre beni
considerati non presentano il medesimo prezzo unitario. Se infatti il prezzo per
unità di bene è pari ad 1 unità di moneta per il pane, a 2 per il formaggio e a 3 per
la frutta, il soggetto si comporta in modo tale che, se dispone di una sola unità di
moneta, acquista la prima dose di pane ottenendo una utilità pari a 100 (100/1); se
dispone di 2 unità di moneta, egli continua ad acquistare il pane (seconda dose)
Microeconomia
ottenendo un'utilità pari a 90 (90/1); e ciò in quanto, se con la seconda lira
intendesse acquistare formaggio, ne acquisterebbe solo 1/2 dose, ottenendo una
utilità pari a 40 (80/2), minore perciò di 90.
Dunque, ragionando come sopra, se il soggetto dispone di 8 unità di moneta, al
fine di massimizzare l'utilità totale dei tre beni, egli si comporta in modo da
acquistare sette dosi di pane che gli procurano una utilità marginale di 40 (40/1), e
1/2 dose di formaggio con la quale parimenti ottiene una utilità uguale a 40 (80/2).
Pertanto, il soggetto non acquista alcuna dose del bene frutta la cui utilità,
rapportata al prezzo del bene stesso, è di entità trascurabile.
In conclusione, se definiamo utilità marginale ponderata il rapporto tra la
utilità marginale di un certo bene ed il rispettivo prezzo unitario, si può affermare
che : ogni individuo tende a distribuire le risorse di cui dispone in modo da
uguagliare le utilità marginali ponderate dei beni da acquistare.
Una estensione della problematica qui affrontata si ha quando il soggetto
intenda conseguire l’equilibrio nella distribuzione del reddito tra acquisti e
risparmio.
Anche in tal caso il soggetto agisce in modo che l’utilità marginale dell’ultima
unità di moneta risparmiata sia uguale all’utilità marginale di ognuna delle ultime
unità di moneta spese nell’acquisto dei beni .
Dette quindi U’(a), U’(b) e U’(c) le utilità marginali di tre differenti beni A, B e
C, il cui prezzo unitario è rispettivamente pa, pb e pc, ed ancora U’m l’utilità
marginale della moneta, la condizione di equilibrio del soggetto può essere
espressa con le seguenti uguaglianze:
( ) ( ) ( )
U ' a U ' b U ' c
= = = U ' m .
pa pb pc
In altri termini, le utilità marginali ponderate dei tre beni devono essere, in
condizioni di equilibrio, tutte uguali tra loro nonché uguali all’utilità marginale
della moneta.
D’altro canto, è ovvio che quest’ultima utilità, nel caso la moneta venga
risparmiata all’acquisto di altri beni, equivale all’utilità marginale che in
prospettiva il soggetto attribuisce ai beni futuri nei quali la moneta medesima verrà
convertita quando sarà spesa. Ed è chiaro, inoltre, che l’utilità marginale dei beni
futuri, a parità di caratteristiche dei beni presenti, è inferiore alla corrispondente
utilità di questi ultimi.
In simboli, considerato che l’utilità marginale è per definizione data dal
prodotto tra il grado finale di utilità e la dose marginale del bene, nella condizione
di equilibrio e per due differenti beni si deve verificare l’uguaglianza:
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Teoria del consumatore ( ) ( )
= , (2.2)
U ' x ' dx ' U ' x ' ' dx ' '
dove U’(x’) e U’(x”) sono i gradi finali di utilità dei beni x’ e x”, dx’ e dx”
rappresentano le rispettive dosi marginali.
Se però x” è un bene futuro e dx” la sua dose marginale, per quanto detto deve
essere: >
U ' ( x ' ) U ' ( x ' ' ) ,
e in conseguenza, affinch&