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Tabella tratta dal weo, edizione semestrale di appendice inflazione.
Si fa riferimento ai soliti 2 concetti:
– Prezzi consumo
– Deflatore
Tra i due c’è una differenza concettuale perché mentre la prima si riferisce ad un paniere di beni che
sconta le cause di inflazione sia interne che esterne, per il secondo si parla di sole cause interne di
inflazione.
La dinamica dei prezzi dei beni che si vanno ad acquistare possono risentire di diverse cause interne quali
aumenti dei salari, dei margini di profitto o degli oneri finanziari che vengono scaricati sui prezzi,
ma un’altra componente è l’eventuale rincaro delle materie prime di tutti gli input che il nostro paese
acquista all’estero.
Quando invece ci si occupa della dinamica inflazionistica con deflatori, tale dinamica riflette l’andamento dei
prezzi interni e non contempla dunque il rincaro dei beni importati.
Esempio 2008:
Gdp PIL economie avanzate 1,9
prezzi al consumo economie avanzate: 3,4
Cos’è successo?
A luglio del 2008 la BCE ha aumentato i tassi ufficiali per la preoccupazione della spinta inflazionistica,
alimentata dal rincaro dei prezzi del petrolio.
Questo significa che, analizzando i dati del 2008, la spinta per l’inflazione interna era misurata dal
coefficiente di 1,9 mentre quella complessiva, che teneva conto dell’inflazione importata, era invece del 3,4.
Nel 2009 invece si registra un deflatore del PIL di 0,7 e un IPC di 0,1. Qua è successo che la crisi ha
apportato un effetto inflazionistico benefico sul livello dei prezzi al consumo.
Esempio numerico:
Dati ISTAT conti economici nazionali analisi della dinamica delle principali variabili che riguardano
l’economia italiana.
La base statistica consiste in serie storiche.
Prima tavola: ceri a prezzi correnti (al lordo dell’inflazione)
Vi sono le 5 macrovariabili disaggregate, per le quali totale risorse = totale impieghi.
Risorse: PIL, importazioni
Impieghi: consumi*, investimenti* ed esportazioni
*rappresentano gli impieghi interni.
Investimenti: si suddividono in fissi e in variazioni scorte.
Il ceri di un paese è ottenuto consolidando i c/e di tutte le imprese che operano nel paese.
Valore a prezzi correnti: la valutazione viene effettuata utilizzando le quantità prodotte in un certo anno,
moltiplicandole poi x i relativi prezzi di quel medesimo anno.
Nelle tabelle successive vi sono i dati concatenati riferiti al 2005: sostituisce la terminologia “valore a prezzi
costanti”.
È una serie calcolata mantenendo ferme le quantità prodotte nei singoli anni e utilizzando il prezzo di un
anno di riferimento.
L’ultima tabella rappresenta i deflatori del 2005.
Qui vi sono solo gli incrementi e le variazioni percentuali rispetto all’anno precedente (e non propriamente i
deflatori.)
Essi si ottengono partendo dal calcolo del deflatore per il 2013, che è dato da valori a prezzi correnti del
2013/PIL a valori concatenati → 1,560024/1,365227. Ripetendo la stessa operazione per il 2012, cioè
facendo 1,566912/1,391018 si ottengono i due indici dei prezzi del PIL riferiti al 2012 e al 2013. Infine,
dividendo i due valori ottenuti (ovvero facendo 2013/2012), si ottiene la variazione dell’1,4%. Tutto ciò
dunque emerge dal confronto con la grandezza a prezzi correnti di un anno e la grandezza a prezzi costanti
dello stesso anno, con il quale si ottiene il primo indice dei prezzi (quello dell’anno di arrivo). Ripetendo poi
lo stesso calcolo per l’anno precedente e dividendo i due valori ottenuti, indice dei prezzi PIL 2012 e indice
dei prezzi 2013, si ottiene l’inflazione del 2013 riferita al PIL rispetto al 2012, calcolata facendo il rapporto e
sottraendo 1, oppure facendo la differenza e dividendola per il valore di partenza, moltiplicando tutto x 100.
2010 dinamiche positive.
Presenta
Il deflatore del PIL sale di 0,4 punti percentuali, i prezzi per i consumi salgono dell’ 1,4% e gli investimenti
che salgono dell'1,7.
Vi è però un rincaro dei prezzi nelle importazioni di 6,6 che va confrontato con il rincaro dei prezzi delle
esportazioni. Si osserva dunque che i prezzi di ciò che l’Italia importa sono aumentati in misura maggiore
di quello che esporta. Si può dire che le ragioni di scambio con l’estero sono PEGGIORATE, in quanto se il
rincaro delle esportazioni è del 2,6, inferiore al rincaro dei prezzi delle esportazioni, l’Italia ci sta perdendo.
La bilancia commerciale risulta in disequilibrio e, per riportarla in una situazione più equilibrata, si deve
scontare un prezzo in termini reali (di beni), mandando all’estero più beni di quanti se ne mandassero
prima e sottraendoli, di conseguenza, al mercato interno. Se invece il paese non è in grado di esportare più
beni del solito, per riportare la situazione in equilibrio ci si dovrà semplicemente accontentare di importare
meno di quanto si importasse prima faccia dell’impoverimento.
un’altra
Qual è l’altra faccia della medaglia, ovvero a cosa è dovuto il fatto che nel 2010 le importazioni siano
rincarate notevolmente? Nel 2012 hanno manifestato tutta la loro efficacia i provvedimenti espansivi fiscali
che hanno fatto ripartire il prodotto lordo mondiale e quindi anche i prezzi delle materie prime sono
ricominciati a salire.
Quindi per l’Italia si osserva che mentre la spinta inflazionistica derivante dai fattori interni è molto limitata,
i prezzi al consumo e gli investimenti riflettono invece la spinta inflazionistica esogena.
Nel 2009 si verifica la caduta produttiva a livello mondiale, dei prezzi delle materie prime per le
importazioni italiane a fronte della riduzione dei prezzi dei beni che l’Italia esporta questo caso vi è un
in
divario di segno opposto. Dunque le importazioni sono scese più di quanto non lo siano le esportazioni.
Si può concludere che le ragioni di scambio con l’estero sono MIGLIORATE perché si registra un
abbattimento di prezzo di quello che importiamo rispetto a quello che vendiamo. 2009 e 2010 sono dunque
due anni simmetrici per quanto concerne la dinamica produttiva. Nel 2009 i fattori produttivi interni hanno
fruito di un aumento di prezzo di 2,1% ma le famiglie e le imprese hanno visto salire i prezzi dei loro beni di
consumo e di investimento, rispettivamente dello 0,5% e dell' 1%. L’impoverimento lo si può notare non
solo dalla dinamica dei prezzi import/export, ma anche nella dinamica del deflatore del PIL e del deflatore
dei consumi, situazione nella quale se il deflatore del PIL cresce più del deflatore dei consumi, ciò indica che
le famiglie stanno meglio.
Esempio numerico:
Il ceri 2010 a prezzi correnti è caratterizzato da PIL = 100, importazioni = 30, consumi = 80 e investimenti =
15, impieghi interni (o domanda interna) = 95 e esportazioni 35. Totale risorse = 130 = totale impieghi.
Prima cosa: si immagini che i prezzi delle importazioni tra 2009 e 2010 siano aumentati del 6,6%, che le
esportazioni siano rincarate del 2,6% e mettendo insieme consumi + investimenti (impieghi interni), la
crescita dei prezzi per i consumi sia stata 1,5, mentre la crescita dei prezzi per gli investimenti 1,7; per
costruire il ceri 2010 a valori concatenati (dunque ragionando sul 2009), bisogna tenere in considerazione
che se si toglie l’inflazione dalle grandezze del c/e risorse impieghi, queste 5 grandezze sono legate da un
vincolo che fa sì che le grandezze autonome effettivamente siano 4 (e non 5), dunque si violerebbe tale
vincolo se si togliesse l’inflazione da tutte queste variabili.
Seconda cosa: deflazionare i consumi non è difficile perché si hanno una serie di indici costruiti per finalità
diverse ma in questo caso utilizzabili, e l’ISTAT partirà appunto da questi per ricostruire i consumi a prezzi
costanti (e quindi concatenati). I prezzi all’ingrosso (quelli venduti alle imprese) si riferiscono a tutti i beni
d’investimento e qui l’ISTAT potrà ottenere una parte di informazioni già utilizzate per altre attività.
Dopodiché esistono i due flussi commerciali: importazioni ed esportazioni i quali si possono anch’essi
ricostruire da tabelle di indicatori già calcolati.
Si giunge così alla quinta variabile, il PIL, che essendo appunto sotto il vincolo citato, si può ricavare per
differenza (implicitamente) dalle altre.
La dinamica dei prezzi da un anno all’altro è stata di 1,5%, quindi se si vuole depurare dall’inflazione il dato
95, esso va diviso per l’indice dei prezzi valutato in termini unitari, che è 1,015 è passati così da una
Si
grandezza a prezzi correnti ad una a prezzi costanti.
Come siamo arrivati alla tavola 5? Partendo dalla tavola 1 si prende il PIL a prezzi correnti del 2013, lo si
confronta con il PIL a valori concatenati del 2013 e si ottiene così l’indice dei prezzi (o le variazioni tra un
anno e l’altro). In sostanza, dividendo qualunque grandezza (PIL 2010 a prezzi correnti per PIL 2010 a valori
concatenati 2009) si ottiene l’indice dei prezzi del PIL del 2010 = 1 (che si legge PIL 2010 con base 2009).
2009
Se rovesciando invece la situazione si dividesse il PIL a prezzi correnti per l’indice dei prezzi, si otterrà il Pil a
valori concatenati.
Un soggetto ha uno stipendio di 2000€, che rimane costante per 2 o più anni, ma se i prezzi negli anni sono
aumentati, in termini di potere d’acquisto i 2000€ varranno la metà, ovvero 1000. A 1000 ci si è arrivati
dividendo il valore nominale dell’anno d’arrivo per 2, che è l’indice dei prezzi.
Quindi si deve fare 95/1,015.
Esportazioni: 35 a prezzi correnti vanno divise per l’indice dei prezzi: 1,0126 totale impieghi a valori
concatenati = 127,71 che per via del solito vincolo dovrà essere uguale al totale delle risorse.
Il PIL si ricava per differenza e non deflazionando il PIL a valori correnti per un suo indice dei prezzi, ma
come punto di arrivo di un processo dove ho deflazionato gli altri componenti.
PIL a val. corr. 2010 = 100, PIL a val conc 2010 = 99,57
Facendo 100/99,57 ottengo 0,43% che corrisponde all’aumento dei prezzi indicato in tabella
Variazione percentuale prezzi
- consumi + investimenti: 1,5
- esportazioni: 2,6
- PIL: 0,4
- Importazioni: 6,6
Variazione prezzo totale risorse e variazione prezzo totale impieghi.
Valore risorse a prezzi correnti: 130, val risorse a prezzi concatenati: 127,71
Facendo 130/127,71 ottengo 1,0179
In sostanza ci sono delle riflessioni da fare:
Il totale risorse come aumenta di prezzo?
Il PIL pesa molto più delle importazioni, quindi se cresce di 0,4 e le importazioni di 6,6, la crescita dei prezzi
degli impieghi e delle risors