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Il cambio tra altre valute continua dunque a passare attraverso il dollaro, ma una tale fascia raddoppiata
comincia a dare fastidio, quindi all’interno dell’Europa ci si incomincia a chiedere come ottenere la parità di
condizioni e cioè come far sì che chi compra ad esempio franchi si trovi a fronteggiare una fascia
d’oscillazione del 2,25% e non più del 4,5%. Quello che si vuole raggiungere a livello europeo è una parità di
condizioni (quindi che anche tra altre valute diverse dal dollaro la fascia sia sempre 2,25%) e quindi che le
operazioni all’interno dell’Europa non siano considerate rischiose quanto quelle al di fuori dell’euro.
Dal punto di vista analitico la modalità è quella che le bc d’Italia e di Francia non si limitino a
comprare/vendere dollari nella fascia d’oscillazione, ma che innestino nuovi interventi diretti sul mercato
tra la lira e il franco francese.
Quindi la b d’Italia stabilisce la parità incrociata tra lira e dollari, stabilisce la fascia del 2,25 e si impegna a
vendere franchi francesi quando si sta raggiungendo il livello superiore e a comprarli quando si sta passando
al livello inferiore.
Il tema generale dell’intervento di una bc in un sistema a cambi fissi, che in bw era asimmetrico, vuole far sì
che agli interventi tradizionali in dollari, si affianchino degli interventi diretti sulle singole coppie delle valute
europee. Negli accordi smithsoniani si ha al centro il dollaro, considerando tutte valute europee non c’è
soltanto l’intervento lira/dollaro, marco/dollaro, ecc… ma a questi si affiancano anche interventi tra valute
europee, ad esempio tra lira/marco, lira/franco, ecc… e quindi si aggiungono nuovi segmenti di intervento a
livello europeo. Quindi la banca d’Italia si impegna ad intervenire direttamente sulle altre monete e la
stessa cosa faranno le altre banche centrali.
Dopo il 1973 dal grafico sparisce il dollaro e tutte le altre valute si collegano, in quanto continuano gli
accordi tra di esse.
Il mondo è passato dunque definitivamente ai cambi flessibili, ma all’interno dell’Europa persiste comunque
una piccola isola di cambi fissi movimento attraverso il quale ci si avvia all’euro.
Dal punto di vista grafico l’esperienza europea con gli accordi smithsioniani può essere descritta
considerando, per ognuna delle valute europee, il quadro di impegni di tali accordi, che prevendono
interventi per contenere le oscillazioni delle monete nei confronti del dollaro.
Nella costruzione si considera ogni valuta europea con l’obiettivo di sovrapporre i grafici, riferendo a 100 la
parità centrale, così per esempio la lira può salire fino a 102,25 o scendere a 97,75 nei confronti del marco.
Se si sovrappongono al grafico gli accordi europei bisogna tener conto del fatto che, se non può esserci una
divergenza forte in un certo momento tra una valuta nei confronti di altre valute europee, le valute
dovranno comunque rispettare il vincolo con il dollaro del 2,25%
La valuta più debole dunque si collocherà nella parte alta della fascia, mentre quella più forte nella fascia
bassa. Quindi si parla di valute più deboli o più forti. Non è detto che l’oscillazione sia sempre al massimo,
potrebbe essere anche un po’ meno, gli accordi europei sono rispettati se in ordinata si ha sempre 2,25%.
Quindi non vi è il vincolo che se una moneta sia più forte o più debole dell’altra la situazione debba