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Normalmente al di fuori di un cba esiste una relazione per la quale il tasso di interesse nazionale ed estero
sono dati dal rischio di cambio. Se c’è perfetta mobilità dei capitali, ci si aspetta una convergenza dei tassi di
interesse, a parità di rischio debitore, anche nei paesi in cui la valuta è differente. Spesso però i livelli di
tasso di interesse, per medesimo rischio di cambio, divergono e questa disparità è dovuta al rischio di
cambio, che fa sì che il paese che presenta un rischio di deprezzamento debba ricompensare gli investitori
con tassi di interesse più elevati, tanto da neutralizzare il rischio di cambio atteso. Quindi se permangono
differenziali di interesse, essi sono legati alle valutazioni del rischio di cambio.
Formula:
Un investitore che impiega un certo quantitativo di valuta s, a fine periodo avrà un capitale pari a: s(1+i)
unità valutarie, derivanti dall’impiego nel proprio paese. Se invece decide di andare ad investire in un
mercato estero, dovrà convertire la propria moneta in valuta estera, con la quale avrà, dopo la conversione,
s/c unità di valuta estera, che impiegherà nel paese estero al tasso di interesse i*, ottenendo a fine anno
(s/c)*(1+i*) unità in valuta estera. Non è possibile però fare il confronto tra i due tipi di impieghi, dunque
l’investitore dovrà chiedersi oggi quale possa essere il cambio alla fine del periodo, che sarà c + dc
prospettico (da stimare). Tutto ciò indica le unità di valuta estera ottenibili alla fine del periodo, derivanti
dall’impiego all’estero, mentre le altre deriveranno dall’impiego nel mio paese.
Si possono individuare tre tipi di relazione, nel senso: del minore, del maggiore e dell’uguale.
Che cosa succede ad esempio se la relazione è nel senso del maggiore, cioè se il risultato del l’investimento
del mio paese è migliore rispetto a quello del paese estero? Gli investitori nazionali rimarranno nel proprio
paese e non sposteranno i propri capitali, mentre quelli internazionali verranno attratti a portare capitali nel
mio paese. Questo porterà ad un afflusso di capitali che tenderà a deprimere i e a far salire il tasso di
interesse i* estero. Questi movimenti porteranno ad un passaggio dal maggiore all’uguale.
Nel senso del minore invece i connazionali porterebbero i capitali all’estero, con conseguente innalzamento
del tasso di interesse nazionale e discesa del tasso di interesse estero. Tutto ciò avviene con maggior
intensità quanto più i capitali siano liberi di muoversi.
La libertà nei movimenti dei capitali è data da:
– libertà formale: assenza di impedimenti di tipo legale
– competitività dei mercati degli intermediari finanziari
Se tutto questo vale, si può immaginare che a regime, in equilibrio, si giunge all’uguale.
A questo punto si può trasformare la relazione s(1+i) = (s/c)*(1+i*)*(c+dc) (vedi dimostrazione) e arrivare
alla formula finale (i-i*)/(1+i*)=dc/c, che mi dice che a regime la differenza tra i tassi di interesse unitari a
parità di tassi debitori è uguale a al tasso di cambio.
Nel caso di un’impresa che si deve finanziare il discorso è simmetrico.
Se volessi finanziarmi all’estero, per avere oggi s unità di valuta nazionale, qual è il debito in valuta estera
che devo contrarre? s/c, perché entrando oggi in possesso di s/c unità di valuta estera, esse saranno
convertibili al cambio c, che mi darà s unità di valuta nazionale. Il mio debito a fine anno diventerà
s/c*(1+i*). Quando dovrò rimborsare il mio debito dovrò andare sul mercato valutario con il cambio di
allora (c+dc) il cui dc può essere positivo, negativo o nullo. Quindi dovrò valutare preventivamente la
soluzione che mi costerà di meno e in quale paese andare a finanziarmi, dove la scelta di un altro paese
provocherebbe una maggior domanda di valuta e un innalzamento del tasso di interesse nel paese estero.
situazione in cui alcuni operatori pensano di riuscire ad uscire dal mercato prima che le
Carry trade:
situazioni di rischio di cambio si verifichino e quindi riuscendo a battere il mercato. Questi operatori talvolta
impostano pacchetti di operazioni speculative, andando ad investire dove il tasso è più alto.
Tali operazioni vengono montate alla spicciolata, ma solitamente vengono smontate tutte insieme,
esercitando delle pressioni sui mercati finanziari molto forti.
Alcuni hanno attribuito tali operazioni anche a banche italiane ed europee, visto che da un lato si finanziano
allo 0,25%, investendo però la loro liquidità in titoli di stato al 2-3-4%. Qui il carry trade sta nel fatto che è
presente un rischio debitore e quindi il rischio di fallimento di un paese porterebbe tutte le banche ad avere
grossi problemi.
Semplificazione: approssimazione della formula a i-i*=dc/c
Tale operazione non è spregiudicata nel caso in cui l’ordine di grandezza di i* rispetto a 1 sia molto
contenuto.
Se i* ad esempio fosse 0,05, dimenticare a denominatore l’i* significherebbe approssimare 1,05 con 1, il
ché non cambierebbe molto la situazione, tenuto conto che al numeratore si ha la differenza tra tassi di
interesse con ordine di grandezza abbastanza simile, mentre a denominatore si ha un tasso di interesse, con
ordine di grandezza molto più contenuto di quello a denominatore, che approssimando si fa sparire.
Esempio:
se i*=0,03 e i=0,07, la relazione precisa mi dice che (0,07-0,03)/1,03 = dc/c = 0,04/1,03 = 0,0388.
La relazione approssimata mi dice 0,07-0,03=0,04=dc/c più sintetica, traduce in una formula
è
approssimata il ragionamento logico che sta alla base della relazione precisa.
Dunque bisogna mettere sempre in conto il rischio di cambio, per evitare di mettere in atto scelte
fortemente irrazionali.
Un paese che decide di mettere in atto un cba ha sì dei vantaggi, ma anche dei costi (es. essere messo fuori
mercato dal punto di vista della propria competitività se la moneta alla quale si aggancia si sta apprezzando,
non poter attuare la politica monetaria e non poter decidere il proprio tasso d’interesse in quanto deciso
dalla bc del paese al quale si aggancia). I paesi che lo scelgono si autolimitano e quelli che lo adottano
spesso provengono da situazioni traumatiche quali inflazione, tassi di interesse elevati, fughe di capitali,
ecc...
Questa situazione, come nel caso dell’Argentina, può perdurare anche degli anni.
In molti casi i paesi danno vita ad un cba in forma leggera, cioè senza una perfetta corrispondenza tra
riserve valutarie e circolazione monetaria, situazione che può essere alla base di momenti di insuccesso.
Il secondo tipo di paese che dà vita al cba è quello di , cioè che sta passando da un’economia di
tra n sizion e
tipo collettivista ad una di tipo capitalista (libero mercato).
Esempi: Lituania, agganciato all’euro o le ex colonie di U.S.A. o Gran Bretagna, agganciate al dollaro o alle
sterline.
Esempi di sistema a cambi fissi con fascia d’oscillazione partendo da quello più lontano (il Gold Standard)
seconda metà ‘800- primo ‘900.
Gold standard:
Assoluta e bidirezionale libertà di conversione tra valuta nazionale e oro. Tutti (famiglie, imprese e
operatori) possono andare dalla propria bc chiedendo la conversione delle proprie banconote in oro o
dell’oro in banconote, a un prezzo prefissato. Questa libertà riguarda una pluralità di stati e di banche
centrali, che rispettano questo principio di convertibilità, affiancato dalla libera trasferibilità dell’oro.
I pagamenti di qualunque operazione che avesse riguardato l’ambito valutario, potevano dunque essere
effettuati rivolgendosi al mercato valutario, attraverso compra-vendite su di esso ma se il prezzo presente su
questi mercati non fosse stato adeguato, allora ci si poteva rivolgere all'oro, spedendone un quantitativo
equivalente al pagamento nel paese di riferimento. L'unico problema che sorgeva era quello del
trasferimento fisico dell'oro.
Le emergono dal fatto che spedire all'estero dell'oro potrebbe erodere la convenienza in
fa s c e d' o s cillazion e
qualche caso ad usare l'oro, in quanto questa operazione comporta costi sia di trasporto che di
assicurazione. Dunque si era disposti a pagare un po' di più sul mercato valutario la valuta, piuttosto che
dover sostenere tali spese.
Ogni bc definiva il prezzo garantito al quale era disposta a comprare/vendere oro in modo indiretto,
attraverso la parità aurea, cioè il contenuto in oro di una valuta.
Esempio: una lira italiana aveva una determinata parità aurea, cioè corrispondeva ad una certa quantità in
grammi d'oro oppure, facendo il reciproco della formula, si poteva ottenere il quantitativo in lire di un
grammo d'oro.
Il sistema a cambi fissi sta in piedi perché si impegna ad acquistare/vendere valuta o, in questo caso, oro ad
un prezzo ufficiale garantito.
La bc tedesca definì che un marco dovesse stabilire anch’esso una certa parità aurea con la sua moneta.
Facendo il rapporto tra le parità auree delle monete dei due paesi, si ottiene la parità incrociata.
Dunque si può affermare che se non ci fossero le spese di trasporto e assicurazione, con operatori razionali
avremmo un cambio fisso lira/marco di 170,765 questo avvenisse, allora sul mercato valutario non ci
se
sarebbero prezzi diversi da questo, in quanto gli operatori ricorrerebbero direttamente alle riserve auree
della bc. Ma se tutti vogliono comprare marchi e quindi si creasse una situazione che spinge verso l'alto il
prezzo dei marchi, molti operatori andrebbero dalla b. d'It a compare oro, che poi spedirebbero in
Germania, portando ad una discesa delle riserve auree italiane e ad un aumento delle riserve della
Bundesbank. Il gs è un'applicazione complicata di un sistema a cambi fissi in cui l’oro sì dà una garanzia, ma
la vera garanzia è l’impegno di comprare/vendere oro al prezzo prefissato, cosa non senza conseguenze in
quanto spingendo il ragionamento un po' in là, tutto ciò potrebbe portare a delle crisi? Sì perché se per
ragioni di perdita di competitività tutti volessero comprare marchi per acquistare beni in Germania e quindi
tutti esportano oro per pagare, invece di vedersi azzerare le riserve valutarie, vedrebbe azzerarsi le riserve
auree.
Per ovviare a ciò dovrebbe ricorrere ai meccanismi di svalutazione della moneta, ma nel caso dell'oro, anche
se esso vale di meno, i meccanismi rimangono gli stessi. Però vi sono le spese aggiuntive: trasporto e
assicurazione. Se esse ammontano a 10 lire in