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costrette ad attuare politiche restrittive.
L’Italia in passato ha dovuto attuare politiche restrittive per salvaguardare la moneta.
Principali economie emergenti.
Tre indicatori:
– Flessione dei mercati azionari
– Aumento tassi di interesse
– Nominal effective exchange rate (NEER) deprezzamento del tasso effetto nominale di cambio
di mercato, contrapposto a quello reale
Nominale:
oggi le valute fluttuano tutte, ma come si muove il cambio di una valuta tenendo conto che una
Effettivo:
parte di importazioni o di esportazioni sarà non in dollari ma in altre valute?
Il tasso nominale effettivo di cambio risponde a questa domanda, analizzando la dinamica complessiva di
ogni valuta in confronto alle altre e calcola le quote utilizzando un criterio di ponderazione per ognuna di
esse, al fine di comprendere il significato di un termine o di un numero. Da ciò si può scoprire che il cambio
nominale effettivo calcolato per l’Italia non è uguale a quello della Francia o della Germania, anche se tutti
questi paesi hanno l’Euro, questo perché hanno delle diverse composizioni del commercio internazionale e
quindi un peso diverso del dollaro su di esse.
La volatilità è stata minore rispetto a ciò che era successo l’estate 2013. La FED infatti non aveva dosato
bene la propria comunicazione, provocando turbolenze indesiderate nei mercati finanziari internazionali,
problema al quale oggi ha posto rimedio. Tenendo conto delle vulnerabilità dei mercati emergenti,
rimangono i rischi di volatilità nei mercati finanziari e che forti deflussi di capitale provenienti dai paesi
emergenti si intensifichino, con conseguenti turbolenze che potrebbero andare a minare la crescita di questi
paesi. Gli shock finanziari in economie già fortemente indebitate possono avere effetti dirompenti.
Un altro rischio riguarda la fase di allentamento negli Stati Uniti, con indicatori che mostrano flessioni tra
2013 e 2014, comunque i tassi a lungo termine stanno cominciando a risalire.
I tassi a medio lungo termine riflettono le aspettative, in caso di ritorno dell’economia mondiale alla ripresa,
di una risalita dei tassi di inflazione a livelli più elevati di quelli attuali.
Si evidenzia che la ripresa delle economie avanzate è agli inizi e quindi va aiutata con un mix di politiche
accomodanti. Per gli USA si è dato il via alla rimozione graduale dello stimolo monetario. Per il Giappone
invece una politica monetaria di sostegno deve essere mantenuta con un possibile ulteriore stimolo.
Elevati rapporti debito/PIL implicano la necessità di avanzamento del processo di consolidamento fiscale.
Essendo la dinamica dell’economia reale in declino, quindi PIL in diminuzione e dinamica inflazionistica à
molto contenuta, anche il PIL in termini monetari diminuisce e, di conseguenza, anche il denominatore
tutto ciò non aiuta la flessione debito pubblico/PIL.
L’OCSE dice che il processo di consolidamento deve andare avanti, perché un rapporto deb/PIL molto
elevato significa che, in fasi di turbolenza finanziaria, possono verificarsi meccanismi di aspettative che
potrebbero portare il paese verso la destabilizzazione e quindi verso il default. Per USA ed Europa tale
processo può essere un po’ più lento per quest’anno, visto che entrambi hanno lavorato bene. Per il
Giappone no a causa del 200% di indebitamento e dei sistemi pensionistici.
Cina: crescenti vulnerabilità negli aspetti finanziari. Una crescita economica così elevata implica talvolta
minori controlli sui meccanismi finanziari. Liberalizzazione dei tassi di interesse: la politica fiscale in Cina è
neutrale, i problemi sono la finanza locale, la trasparenza ed il controllo della spesa locale.
Sono necessari mutamenti nei flussi di capitale e pressione sui cambi e quindi restrizioni monetarie, anche
per mantenere ancorate le aspettative inflazionistiche e tenerle sotto controllo, utilizzando politiche di
austerità, anche se la crescita è notevole.
In alcuni casi si può attuare una politica fiscale espansiva per bilanciare le politiche monetarie restrittive
attuate. Riforme strutturali in tutti i paesi, emergenti e non.
Italia: presenta debolezze cicliche e mancanze strutturali non dovuti quindi quasi solo ed esclusivamente
dalla crisi del 2008.