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Per foraggio si intende l’intera parte vegetativa di una pianta destinata, dopo alcune

trasformazioni, ad alimentare il bestiame, perciò ricchi di parete vegetale; nel foraggio

rientrano anche frutti e semi. Nonostante il maggior valore nutritivo dei foraggi freschi,

è molto meglio usare i foraggi conservati perché il prodotto fresco è molto variabile

nella composizione qualitativa, sarebbe troppo costoso per l’azienda e mal si adatta ad

un sistema di razionamento miscelato come l’unifeed. I foraggi vengono insilati o

subiscono processi di fienagione o disidratazione, così da poterli raccogliere al

momento ideale e utilizzarli al meglio nelle razioni moderne; questi derivano da

graminacee e leguminose. I principali sono: mais, cereali, erba medica, trifoglio,

loiessa, bieta, colza, ma i più importanti sono: il Silomais, ovvero la pianta intera

insilata del mais, caratterizzata da un alto contenuto di energia ed elevata digeribilità

dell’amido, legate ad un’ottima produzione e adattamento pedoclimatico ad un basso

costo e con la possibilità di meccanicizzarne totalmente la produzione; ha anche

un’ottima versatilità presentandosi in forma di Silomais, granella secca e pastone. Il

mais è il cereale annuale più importante al mondo per l’alimentazione umana e

zootecnica; è in grado di utilizzare l’azoto organico derivante dai reflui (concimi). La

sua trinciatura deve avvenire quando contiene almeno il 33% di sostanza secca e si

effettua a 15cm dal suolo per evitare l’imbrattamento con la terra, che potrebbe

essere motivo della presenza di spore di clostridi che trasmetterebbero aflatossine nel

corpo dell’animale e, di conseguenza al latte, rovinandone la qualità e proibendone

l’utilizzo alimentare. L’erba medica è la leguminosa foraggera più diffusa in Italia e

coltivata in prato, contiene il doppio delle proteine rispetto alla soia e il triplo del

pisello proteico. Si tratta di una pianta miglioratrice in quanto, dopo la sua

coltivazione, lascia nel suolo grandi quantità di sostanze e azoto organici utili alle

colture successive; per questo motivo si adotta una rotazione leguminosa-cereali. La

loiessa è una graminacea foraggera di alta produzione e coltivata in erbaio, in

rotazione con il prato di erba medica perché necessita di azoto. Viene somministrata

come insilato o fieno ed è caratterizzata da alta NDF digeribile e basse proteine 10%.

3) Concentrati energetici

I concentrati energetici vengono somministrati insieme ai foraggi come

complementari, con la funzione di integrare la razione poiché forniscono molta energia

con piccola quantità di prodotto. I concentrati energetici possono essere nella forma di

granelle intere o sfarinate, i prodotti utilizzati sono: il mais, principalmente la specie

indentata, sottoposto ad un processo di fioccatura per aumentarne la superficie

intaccabile dai microrganismi ruminali. Il mais contiene il 70% di amido e può essere

lavorato come pastone integrale con il 50% di sostanza secca, granella con il 65% di

sostanza secca o macinato ad umido per ottenere germe, crusca e amido. Altri

concentrati energetici sono il frumento tenero, l’orzo perlato pesante o leggero,

la segale, l’avena, il triticale, il sorgo, la patata per la quale bisogna fare

attenzione alla presenza di solanina nella buccia (alcaloide glicosidico tossico), la

manioca facendo attenzione alla linamarina (glicoside cianogenico) e la carruba. I

concentrati energetici derivano anche da sottoprodotti vegetali o animali, ovvero

prodotti di rifiuto delle industrie agro - alimentari (molitoria, dello zucchero, dell’alcool,

dell’olio, della caseificazione e della macellazione) come la crusca, il cruschello, il

tritello, la farina, il disteller e le trebbie, le polpe e il melasso da barbabietola, il

pastazzo di agrumi e le macromele derivanti da succhi, oli vegetali di olivo,

girasole, soia, canapa, lino, arachide, cocco, ricino e palma. I concentrati vengono

miscelati insieme ai foraggi dal carro miscelatore e distribuiti con sistemi automatici

che rispettano le razioni; con questa tecnica definita unifeed o “piatto unico”,

l’animale non può selezionare gli alimenti ed è costretto ad assumerli tutti. I

concentrati energetici hanno un ruolo importante e devono essere aumentati nella

razione, quando la bovina produce un latte con un valore proteico troppo basso:

questa caratteristica è motivo di una carenza di carboidrati fermentescibili, la

microflora ruminale necessita infatti di zuccheri per proliferare e se questi vengono a

mancare, diminuirà la produzione di proteina microbica.

4) Descrivi le tecniche di conservazione dei foraggi che conosci

È bene sottoporre i foraggi ad un processo di conservazione per assicurare una razione

con una composizione qualitativa costante, ridurre i costi di produzione e

mantenimento, facilitare i processi di miscelazione e distribuzione totalmente

meccanicizzata, soprattutto se la tecnica utilizzata è l’unifeed. Inoltre, la

conservazione scongiura la presenza di batteri e muffe che produrrebbero

fermentazioni anomale che renderebbero il foraggio inutilizzabile come alimento. I

processi di conservazione sfruttano la temperatura, la composizione atmosfera,

l’eliminazione dell’acqua, il pH e la pressione osmotica. Le tecniche di conservazione

sono la disidratazione a basse o ad alte temperature, la fienagione e l’insilamento

diretto o con preappassimento in campo. La fienagione può avvenire in campo e si

basa sull’evaporazione dell’acqua contenuta nella massa vegetale; consiste nel taglio

con condizionamento, lo spargimento della massa, la raccolta in file chiamate anche

andanature, rivoltamento della massa, essicazione per azione combinata di sole ed

aria, raccolta in balle parallelepipede o rotoballe e la conservazione; questo ultimo

processo è fonte di problemi fermentativi, per la proliferazione di muffe sul materiale

non ancora del tutto secco e in caso di precipitazioni piovose, se la massa è lasciata

all’esterno. La fienagione può avvenire in due tempi impiegando un essiccatoio, per

velocizzare il lento allontanamento dell’acqua; questa soluzione risulta costosa a

causa delle strutture necessarie per contenere il foraggio e per riscaldare l’aria. La

fienagione non è il processo di conservazione migliore poiché vi è una modesta perdita

di fienagione che può andare dal 10 al 60% della sostanza secca. Un’altra tecnica di

conservazione è l’insilamento che ha l’obbiettivo di migliorare la conservabilità del

foraggio, mantenere il valore nutritivo del foraggio fresco, ed è applicabile anche a

foraggi non conservabili come il mais; per fare ciò bisogna effettuare una raccolta

veloce e mettere la massa in condizioni di iniziare un’anaerobiosi per favorire la

fermentazione lattica e abbassare il pH. Il foraggio viene tagliato a 20cm da terra per

evitare la presenza di terra contenente spore di clostridi, utili per la fermentazione ma

dannosi per l’animale, viene trinciato a 1-2cm/3-7cm, trasportato, molto compresso

(uniformemente!) e ricoperto con teli e pesi. La massa foraggera viene chiusa

ermeticamente ed inizia l’attività dei microrganismi che fermentano gli zuccheri

solubili. La respirazione cellulare continua fino all’esaurimento dell’ossigeno ed è

necessaria per ottenere l’anaerobiosi ma va ridotta al minimo, schiacciando e

chiudendo la massa in trincea; minore è la quantità di acqua e maggiore è la

conservabilità. I microrganismi che bisogna aumentare sono i lattici e per aiutare il

processo possono essere utilizzati additivi come: acido formico e propionico, inibitori

delle fermentazioni indesiderate, stimolanti dei batteri lattici come melasso, enzimi,

colture microbiche e antimicrobici per inibire i clostridi ed eventuali fermentazioni

anomale. Il Silomais è la pianta intera insilata del mais, l’importanza di questa tecnica

risiede nel fatto che il mais non può essere affienato perché non essicca, dunque,

l’insilamento risulta l’unico metodo di conservazione. Un buon insilato è caratterizzato

da un colore verde oliva, un odore gradevolmente acido, 32-35% di sostanza secca e

pH tra 3,6-4.

5) Come posso aumentare il grasso nel latte in allevamenti di bovine da latte

Per modificare un componente del latte, che il problema sia la troppa o la poca

presenza, bisogna rivedere l’apporto dei nutrienti nella razione della bovina da latte. Il

grasso è presente nel latte sotto forma di globuli lipidici, per il 50% sintetizzati dal

circolo ematico, derivanti dai tessuti di riserva (adipe) e dai prodotti della digestione e

per il 50% sono trigliceridi sintetizzati all’interno del reticolo endoplasmatico liscio

delle cellule mammarie. Il valore degli acidi grassi presenti nel latte varia in base alla

razza bovina e alla quantità di latte prodotto ed è molto importante perché entra nella

l’acido miristico, il

cagliata, intrappolato dalla rete di caseina; i principali sono

palmitico, lo stearico e l’oleico, che rappresentano il 70-75% degli acidi grassi totali. La

mammella sintetizza i grassi a partire da acido acetico e beta-idrossibutirrato,

entrambi prodotti della fermentazione ruminale di carboidrati alimentari come

amido, cellulosa e zuccheri. Per aumentale il grasso nel latte, è necessario apportare

sufficiente fibra 32-40% di NDF che stimola la produzione di acido acetico,

soprattutto la fibra lunga superiore ai 2-3cm per stimolare la ruminazione e la

salivazione che a sua volta tampona il pH ruminale e facilita la crescita dei batteri

cellulosolitici; è necessario mantenere un’alimentazione costante per la crescita dei

microrganismi. I grassi della razione devono rappresentare il 5-6% della sostanza

secca, integrandoli con grassi di origine animale o vegetali ma protetti, ovvero

che passano inalterati nel rumine raggiungendo l’intestino dove vengono assorbiti. È

inoltre accortezza evitare eccessi di amido che porta carenza di fibra, o la macinazione

troppo fine degli alimenti e la conseguente carenza di fibra lunga. La quantità di latte

prodotto, può influenzarne i componenti: più è alta la produzione e minore è la

percentuale di grassi e proteine a causa dell’effetto diluizione. Per avere maggior

percentuale di grasso le mungiture devono essere complete, poiché il grasso è più

pesante e tende ad uscire dai dotti dopo i fluidi e l’intervallo tra di esse deve essere

breve. I due parametri sono legati: se aumento la percentuale di proteine facilmente

aumenta anche quella del grasso. Altri acidi grassi sono i CLA, o acido linoleico

coniugato, un gruppo di isomeri dell’

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
7 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/13 Biologia applicata

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Micalamon di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biologia animale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Tamburini Alberto.