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CODIFICAZIONE IN ITALIA
Alla fine del 1700 la rivoluzione tocca in parte anche l'Italia, con la parentesi delle repubbliche giacobine. L'insieme delle idee illuministiche arriva direttamente dalla Francia. Ci sono alcuni progetti di riforma giuridica. A Roma, nel 1798, cioè durante la Repubblica Romana, viene chiamato a redigere un codice un giurista francese, Danau, che si rifà al terzo progetto di De Cambaceres; circa gli atti di stato civile viene dato valore civile ai registri parrocchiali, non si concepisce il matrimonio come contratto civile e non si prevede il divorzio (solo la separazione). In Lombardia un giurista italiano, Alberto De Simoni, cerca di arrivare ad un codice italiano proponendo 2 progetti, con contenuti originali benché si rifaccia chiaramente al codice francese: ma Napoleone negli stessi anni vuole imporre la sua legislazione in tutti i territori conquistati, dunque anche nel nord dell'Italia; l'accoglienza del Code Napoleon.
È largamente favorevole, non c'è scontro con i giuristi italiani, che non sentono come oppressivo il dominio di Napoleone, anzi sembra loro una continuazione in melius del vecchio regime. In Italia, anche se non si è vissuto il decennio rivoluzionario, un sentimento rivoluzionario c'è stato, e tuttavia anche chi si era battuto per la modernizzazione vede nel codice una garanzia della realizzazione della libertà e della legalità. Quando viene imposto, il Code Napoleon viene subito fatto proprio, perché dopo molto tempo ci si trova davanti ad un unico diritto. Durante il risorgimento, si vedeva nel codice un elemento dell'unità dell'Italia, e infatti quando si va a sostituire il Code Napoleon, nel 1865, con un codice italiano, si prende a modello lo stesso codice francese. Ci sono comunque eccezioni: se c'è un'ottima accoglienza nei confronti del diritto commerciale, del diritto di famiglia e delladisciplina della proprietà, nell'ambito del matrimonio ci sono elementi di scetticismo, come nella disciplina del divorzio o della comunione dei beni.
Dopo il Congresso di Vienna (nel 1814), con la restaurazione l'impero si frantuma: in Piemonte rientrano in vigore le Costituzioni Piemontesi, i Borboni a Napoli decidono di lasciare in vigore temporaneamente il Code Napoleon, nei ducati di Parma e Piacenza invece resta il diritto austriaco; ma più o meno rapidamente ci si rende conto della necessità di un codice unitario, si prende ad esempio il codice francese.
A Napoli nel 1819 entra in vigore il Codice per il Regno delle 2 Sicilie, un testo unico ma comprendente tutti e 4 i codici (civile, penale e le due procedure). In Piemonte, attorno al 1830, quando sale al trono Carlo Alberto, si hanno degli effettivi progetti, comunque ispirati al codice francese, che portano all'elaborazione dello Statuto Albertino del 1848. Nello Stato Pontificio e nel Granducato di Toscana
Si ritorna al diritto comune, anche se nel secondo si era redatto ancora a metà del XVIII secolo un codice perfetto, molto avanzato per i tempi. Nel lombardo-veneto dal 1816 era in vigore il codice austriaco. L'esistenza di questi codici preunitari ha avuto molta importanza affinché nello studiare una codificazione comune si prendesse a modello il codice francese.
Processo romano-canonico
Disciplina processuale scaturente dall'incontro del diritto romano e del diritto canonico, così come elaborati dalla scuola dei Glossatori. Diffuso inizialmente presso i tribunali ecclesiastici, il processo romano-canonico si estese poi anche a quelli civili. I tratti salienti del processo romano-canonico sono rinvenibili nella forma scritta, nel procedimento segreto, nella divisione del processo in fasi e in atti separati. Inoltre, in base al principio del giudizio secundum alligata et probata, l'attività del giudice era limitata dalle prove addotte. Con il processo romano-canonico si affermò inoltre la
La distinzione tra processo civile e processo penale è la seguente:
Nel XIII secolo il processo civile si svolgeva in tre fasi. La prima comprendeva la presentazione al giudice dell'atto (libello), con il quale il proponente esponeva l'oggetto della domanda (petitum). Esso veniva letto dal giudice alle parti, le quali potevano porre delle eccezioni. La seconda fase si apriva con la litis contestatio, vale a dire un atto con il quale le parti confermavano la loro volontà di giungere al termine del giudizio. Si procedeva quindi all'interrogatorio del convenuto, in merito alle contestazioni della parte che aveva presentato la domanda. In tale fase era necessaria la presentazione delle prove. La terza fase riguardava l'emanazione della sentenza, che era letta dinanzi alle parti. Essa veniva eseguita, se non fossero stati presentati ricorsi. Tale procedura subì delle modificazioni nel secolo XIV. Il libello fu sostituito da un'esposizione orale, il giudice ebbe una maggiore discrezionalità.
La presentazione delle prove fu semplificata. Il processo penale aveva, durante il XIII secolo, un carattere inquisitorio. In tale forma trovò una particolare fortuna nell'ordinamento canonico. Esso presentava una procedura scritta e segreta, suddivisa in due fasi. Nella prima, avuta notizia del reato, venivano raccolti gli indizi. Nella seconda fase si ricercavano le prove, si ascoltavano i testimoni e soprattutto si interrogava l'accusato, allo scopo di ottenerne la confessione. A tal fine era possibile ricorrere anche alla tortura. Il processo si concludeva con la sentenza (di condanna o di assoluzione), contro la quale non era generalmente prevista la possibilità di appello.
Parte del Corpus iuris civilis, il Digesto è una raccolta dei brani dei giureconsulti di maggior valore, muniti dello ius publice respondendi, ossia della facoltà di fornire pareri che, per la loro autorevolezza, erano capaci di vincolare i giudici e che, pertanto, venivano
considerati fonti di diritto. Ai fini di una migliore comprensione dell'ordinamento giuridico, le fonti originarie in esso inserite furono modificate, attraverso l'eliminazione di tutto ciò che fosse ormai desueto. Il (--) fu compiuto in tre anni (530-533 d.C.) con lo spoglio di circa duemila volumi e quaranta autori. Fu pubblicato il 16 dicembre 533, con la costituzione Tànta, indirizzata al Senato e a tutto il popolo, nella quale si stabiliva, altresì, che la compilazione avrebbe avuto forza di legge, nell'impero romano, a partire dal 30 dello stesso mese. L'opera si articola in cinquanta libri, a loro volta suddivisi in 432 titoli, ognuno dei quali reca una rubrica con l'indicazione dell'argomento trattato (eccezione fatta per i libri 30, 31 e 32, che avevano un unico titolo, De legàtis et fideicommissis). Summa Forma letteraria in uso presso i Glossatori. Ad imitazione delle summae dei filosofi e dei teologi, le summaegiuridiche dei glossatori fornivano una trattazione sintetica e sistematica dei vari istituti. Solitamente esse presero a base il Codice di Giustiniano ma non disdegnarono le altre parti del Corpus iuris civilis [vedi] o del Corpus iuris canonici. Nel genere della (—) si cimentarono i glossatori più famosi. Tra le summae più importanti vanno ricordate: la Summa Trecensis, pervenutaci in un manoscritto anonimo del secolo XII, scoperto dal Fitting a Troyes ed attribuito per lungo tempo ad Irnerio ma opera, più probabilmente, di uno dei quattro dottori [vedi]; una Summa Codicis, scritta da Rogerio. Essa fu oggetto di un tentativo di rifacimento, nella seconda metà del secolo XII, da parte del Piacentino il quale, poi, si risolse a farne una nuova; la Summa Codicis di Azzone, nata dalla critica di quella del Piacentino e che ben presto oscurò la fama di ogni altra. Essa rimase, sino alle soglie dell’età moderna, il testo in cui gli studiosi deldiritto hanno rinvenuto la più esaustiva sintesi del diritto civile. Al Piacentino e ad Azzone si deve, inoltre, anche la redazione di una Summa delle Istituzioni. Degna di nota è anche la Summa Perusina, così detta dal luogo (Perugia) in cui è conservato il manoscritto che la contiene, ma il cui vero titolo sembra essere quello di Adnotationes Codicum domini Iustiniani. Anche se il manoscritto è indubbiamente del X secolo l'ignoto amanuense trascriveva senz'altro da un esemplare precedente, da collocarsi tra la metà del VII secolo e la fine del X. Probabilmente l'area geografica di origine di tale Summa è da circoscriversi intorno alla città di Roma: ciò si desume dalla circostanza che tra il 999 e il 1014 i giudici del territorio romano applicavano nelle loro decisioni non le costituzioni del Codice di Giustiniano, bensì la Summa Perusina. Quest'ultima si caratterizza per il contenuto molto primitivo.
Pieno di fraintendimenti. Ciò è dovuto non solo ad ignoranza ma era dettato, probabilmente, dalla necessità di adattare alle esigenze coeve dei precetti divenuti inapplicabili perché relativi ad istituti scomparsi.
Glossa Accursiana
Opera immane, realizzata tra il 1230 e il 1240 dal glossatore [vedi Glossatori] civilista Accursio.
Essa attuò una selezione accurata e completa di tutto il materiale di glosse accumulate si in oltre un secolo e mezzo sui testi giustinianei. Consta di 96.000 glosse, raccolte tra le migliori, conciliate e comunque presentate criticamente.
Nell'uso pratico la (—), detta anche Magna Glossa o Glossa Ordinaria, ottenne un enorme successo e dopo la sua apparizione il diritto romano giustinianeo poté diventare operativo soltanto attraverso l'apparato interpretativo da essa costituito. L'autorità della (—) fu talmente alta che in Germania, quando si operò la recezione del diritto comune,
Nacque l'adagio "chi non conosce laglossa non conosce la curia". Savigny Friedrich Carl von (Francoforte 1779 - Berlino 1861) Giurista tedesco. Si dedicò con profondità e passione allo studio dell'ordinamento giuridico romano, rivendicandone la nobile modernità. Fondò nel 1814 la scuola storica [vedi], affermando che il diritto deve essere studiato non come fatto immutabile ma in relazione al processo di sviluppo da cui esso prende origine. Legò il suo nome ad alcune opere: Storia del diritto romano nel Medioevo (1815-1831) e Il diritto obbligazionario come parte del diritto romano odierno (1851-1853). Il pensiero di (—) influenzò le principali correnti dottrinali, che determinarono l'evoluzione (in Germania ed in tutta l'Europa) della scienza del diritto romano nel corso del XIX secolo.
Normanni Popolazioni scandinave, ed in particolare norvegesi, che dalla fine del secolo VIII corsero il mari dell'Europa
occidentale a