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Tutto ciò non fa altro che aumentare ulteriormente l’indebitamento del nostro Paese, pregiudicando

la possibilità di diminuire il già consistente debito.

Il grafico sottostante indica il valore percentuale di disoccupazione giovanile riferito al 2007 (anno in

cui scoppiò la crisi in America) e al 2012.

In questo modo si possono effettuare alcune considerazioni, ossia si può facilmente capire quali

siano i Paesi che hanno reagito meglio o peggio alla situazione economica sfavorevole e per quale

motivo. Il primo aspetto che si nota è il vertiginoso aumento registrato negli Stati mediterranei, cioè

Italia, Spagna e Grecia. Questi hanno in comune un forte debito pubblico e di conseguenza si sono

trovati ad affrontare la crisi economica partendo da una situazione già di per sé sfavorevole. Infatti

occorre considerare che i livelli di disoccupazione giovanile erano già significativi nel 2007 (attorno

al 20%), anche se vicini alla media europea. Tuttavia gli Stati in questione non hanno saputo reagire

alla crisi come gli altri Paesi europei in quanto Italia, Spagna e Grecia furono costrette ad

intraprendere una serie di riforme strutturali sia sul piano economico che sul piano finanziario al fine

di accelerare la crescita economica e garantire la stabilità dei conti (evitando quindi di aggravare

ulteriormente il debito pubblico). Infatti i rispettivi Governi “rimandarono” per anni tali decisioni

ritenute impopolari poiché impongono sacrifici e rinunce da parte sia dei cittadini sia dello Stato

stesso, ma ora non è più possibile attendere.

Al contrario Paesi come la Germania, che avevano già avviato riforme di questo tipo, si trovarono in

una situazione più solida e stabile per cui hanno saputo affrontare la crisi con una maggiore

“tranquillità” economico-finanziaria. Infatti il livello di disoccupazione giovanile è addirittura calato in

questi anni, dimostrazione del fatto che la programmazione e la lungimiranza del Governo tedesco

abbiano effetti positivi nonostante la retrocessione diffusa.

In generale comunque, come dimostra la percentuale media dei Paesi aderenti all’UE, la situazione

è peggiorata per la maggioranza degli Stati europei, anche se in misura più contenuta rispetto Italia,

Spagna e Grecia. Tasso di disoccupazione giovanile prima e dopo la crisi economica

8

Grafico 3.1

La rigidità del mercato del lavoro

3.2

Negli ultimi anni si è parlato molto spesso di “rigidità” del mercato del lavoro come causa principale

dell’elevato grado di disoccupazione; tale caratteristica danneggia soprattutto i giovani, in quanto

rende bassissimo l’indice di turnover nelle aziende, pregiudicando l’ingresso ai lavoratori in cerca

della prima occupazione.

Su questo tema ci sono stati e continuano a esserci numerosi dibattiti: infatti ci sono teorie a

sostegno della flessibilità e teorie che invece affermano che non esiste una diretta correlazione fra

rigidità e disoccupazione.

Una delle motivazioni a favore della flessibilità è il fatto che renderebbe più appetibile per le imprese

assumere nuovi lavoratori, in quanto i vincoli a carico di chi assume sarebbero minori. Infatti in caso

di necessità temporanee, ad esempio, le aziende potrebbero ricorrere più facilmente all’inserimento

di nuovi soggetti anche per periodi limitati senza dover sostenere costi troppo alti.

Dall’altro lato tuttavia i lavoratori si troverebbero sempre più spesso in situazioni di precarietà,

rendendo così difficile per questi ragazzi progettare il proprio futuro con sicurezza.

Unito alla facilità di assunzioni temporanee vi è il fatto che, aumentando la flessibilità dei contratti,

per le imprese ci sarebbe un significativo calo del costo del lavoro: questo comporterebbe un

aumento di competitività per le imprese, che di conseguenza si tradurrebbe in una diminuzione del

prezzo dei prodotti.

La diminuzione della rigidità dei contratti porta però con sé anche una diminuzione delle tutele dei

lavoratori, che si troverebbero cosi in posizioni “facilmente ricattabili” dalla posizione contrattuale più

forte, in questo caso l’azienda; diretta conseguenza di ciò è un inevitabile calo dei salari, che

ovviamente avrà effetti negativi sulla domanda di beni e sui consumi.

Va detto tuttavia che spesso eccessive tutele a favore dei lavoratori paralizzano le imprese, che son

cosi disincentivate a effettuare investimenti: infatti le aziende, se sanno che una volta assunto un

dipendente avranno difficoltà a licenziarlo (o comunque a gestirlo) in caso di problemi, preferiscono

mantenere la situazione attuale, senza effettuare cambiamenti che potrebbero portare a un

miglioramento della produttività o della competitività.

Ad oggi comunque la questione del collegamento fra rigidità del mercato del lavoro e tasso di

disoccupazione è ampiamente dibattuta: va detto tuttavia che i governi europei stanno attuando

politiche a favore della flessibilità, convinti che sia la strada giusta per rilanciare l’occupazione e la

crescita dell’economia, oltre che per aumentare la competitività e la produttività delle imprese. 9

Distanza scuola- lavoro

3.3

Con l’espressione “distanza scuola-lavoro” si intende la difficoltà del sistema educativo nel formare i

giovani, in particolare riguardo alle competenze richieste dalle imprese e dal mondo del lavoro. Al

giorno d’oggi questo è uno dei problemi strutturali del nostro Paese: infatti, senza esperienze

lavorative durante il percorso scolastico, i giovani si trovano impreparati ad affrontare il mondo del

lavoro, avendo così grosse difficoltà a inserirsi all’interno di un’impresa.

Una delle critiche mosse nei confronti del sistema universitario italiano è la formazione troppo

teorica, difetto che ha una diretta conseguenza sul tasso di disoccupazione giovanile: senza

esperienze pratiche, i ragazzi che terminano il percorso di studi si ritrovano solo con un “pezzo di

carta” in mano.

Fondamentali per riuscire ad imporsi e ad entrare nel mercato del lavoro estremamente competitivo

dei giorni nostri sono le competenze e le esperienze che ogni giovane acquisisce durante il periodo

scolastico, oltre ovviamente alle capacità di ogni singolo individuo.

Condizione occupazionale dei neolaureati rilevata nel 2012

Grafico 3.3

Il grafico 3.3 descrive la condizione occupazionale dei giovani laureati ad un anno dalla

laurea,facendo in particolare distinzione tra uomini e donne. I dati sono stati rilevati nel 2012 e si

riferiscono al quinquennio 2007-2011.

Come si può facilmente notare, l’anno più “profittevole” dal punto di vista lavorativo è stato il 2007 in

cui il 31,8% dei ragazzi e il 33% delle ragazze erano impegnati in un’attività lavorativa e all’incirca il

16% associavano al lavoro un ulteriore percorso di studi. Solamente una piccola parte dei giovani in

quest’anno (in particolare l’8% dei maschi e l’11,5% delle femmine) non risulta lavorare né studiare.

Con il passare degli anni si riduce il numero di giovani che occupano un posto di lavoro, tantè che

nel 2011 sia per i ragazzi che per le ragazze le percentuali diminuiscono di circa 3 punti.

Al contrario il numero di giovani che lavorano e sono contemporaneamente iscritti alla specialistica

rimane pressoché invariato nel tempo, oscillando dal 16,2% al 14,4%.

Un discorso differente va fatto per quanto riguarda quei giovani che hanno deciso di continuare gli

studi, posticipando l’ingresso nel mondo del lavoro; infatti come si nota dal grafico, con il passare

degli anni si è ridotto in particolare il numero delle ragazze (dal 39,9% nel 2007 al 37,4% nel 2011)

raggiungendo percentuali sempre inferiori a quelle maschili. Queste ultime invece hanno subìto un

calo nel 2009 raggiungendo il 39,2% mentre nel 2011 sono aumentati i ragazzi iscritti alla

specialistica per un totale del 43%.

Tuttavia i dati più allarmanti sono quelli che si riferiscono ai giovani che, terminato il percorso

universitario, non intendono, almeno non immediatamente, entrare nel mondo del lavoro né

proseguire gli studi specialistici. Questa percentuale è aumentata notevolmente in questi cinque 10

anni, tanto da toccare nel 2011 la soglia del 17,7% per le ragazze e il 13,2% per i ragazzi: circa 5-6

punti percentuali in più rispetto al 2007.

Questi dati confermano quanto detto finora, ossia che la situazione per i giovani italiani è la peggiore

registrata in questi ultimi anni. Tuttavia occorre prendere il più rapidamente possibile provvedimenti

per non aggravare ulteriormente tale condizione.

Ad esempio incentivando i percorsi integrati scuola-impresa e gli stage durante il percorso

formativo, i ragazzi uscirebbero dal mondo scolastico con un bagaglio di esperienze e competenze

adeguato ad affrontare le difficoltà che incontreranno nell’inserimento nel mercato del lavoro. Va

anche considerato che le imprese, conoscendo il ragazzo in maniera approfondita durante tali

percorsi, siano incentivate ad assumere il giovane che hanno contribuito a formare, creando così un

diretto collegamento fra scuola e azienda.

Crisi del sistema pensionistico

3.4

Negli ultimi anni si è assistito ad una crisi del sistema pensionistico italiano, quindi ad una difficoltà

da parte dello Stato nel riuscire a far fronte al fabbisogno finanziario richiesto dal sistema

previdenziale. Queste difficoltà sono state causate da diverse situazioni: innanzitutto

l’invecchiamento della popolazione ha creato uno squilibrio fra le entrate (cioè i tributi pagati dai

lavoratori in corso) e le uscite (cioè le pensioni degli ex lavoratori). A ciò si sono aggiunte le riforme

mai attuate da nessun Governo negli anni passati, che hanno consentito a tantissime persone di

andare in pensione con cifre molto alte (perché in proporzione agli ultimi anni di lavoro) o molto

presto (cioè a età in potevano benissimo continuare a lavorare ancora un po’). Tutto questo ha

creato un “peso” insostenibile per l’INPS che sta affrontando grossissime difficoltà che si

riperquotono (e continueranno a danneggiare) sulle generazioni future. Il collegamento diretto fra la

crisi del sistema pensionistico e disoccupazione giovanile è dimostrato dal fatto che, a causa delle

ultime riforme che hanno spostato l’età pensionabile, i lavoratori più anziani hanno continuato a

“occupare” il proprio posto di lavoro lasciando ai giovani meno opportunità lavorative.

Concorrenza tra lavoratori stranieri e lavoratori italiani

3.5

A tal proposito nel 2012 è stata condotta un&rs

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Publisher
A.A. 2014-2015
15 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/02 Politica economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher eridantony di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Politica economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Castellani Massimiliano.