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REDDITI D'IMPRESA
La nozione di reddito d'impresa trae origine dalla qualificazione civilistica. In particolare, il codice civile, all'articolo 2082, definisce imprenditore colui il quale esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. In realtà, la nozione fiscale di esercizio dell'attività d'impresa è più ampia, in quanto, oltre a comprendere quella civilistica, include anche l'esercizio di attività di natura commerciale non organizzate in forma di impresa, mentre agli effetti civilistici l'organizzazione, seppure minima, è indispensabile affinché si possa parlare di impresa.
La categoria del reddito di impresa confina con quella del reddito da lavoro autonomo. Di seguito, le differenze di trattamento economico:
- nel reddito da lavoro autonomo non sono imponibili tutti i tipi di provento (es. le plusvalenze immobiliari), mentre nel reddito di impresa vale il principio di onnicomprensività (qualsiasi sia il titolo in virtù del quale percepisce un determinato provento, questo confluisce comunque nel reddito di impresa).- Sono diverse le scritture contabili da tenere- Solo i redditi da lavoro autonomo sono soggetti alla ritenuta alla fonte, mentre sui redditi di impresa no (l'imprenditore non subisce la ritenuta).- Differenza nelle regole per l'imputazione a periodo (che stabiliscono quando un determinato provento si deve intendere realizzato ai fini tributari): per il reddito di impresa si applica una regola speciale, che è la regola della competenza, mentre per il reddito da lavoro autonomo, si applica il criterio di cassa.- Solo gli imprenditori possono avere il regime dei commercianti al minuto, quindi possono essere esonerati dall'obbligo di emettere fattura, mentre i professionisti no.Dal complesso di tre norme (art. 55 + art. 6.3 + art. 81) scaturiscono i criteri per
- Criterio di tipo soggettivo: certi soggetti per il solo fatto di avere una determinata forma giuridica automaticamente percepiscono reddito di impresa.
- Criterio oggettivo: si guarda al tipo di attività.
- Art. 6.3: società in nome collettivo (snc), società in accomandita semplici (sas) residenti nel territorio dello stato.
- Art. 73 lett. a + art. 81: società di capitali: società per azioni (spa), società in accomandita per azioni (sapa), società a responsabilità limitata (srl), società mutuo-assicuratrici, società cooperative. Questi soggetti producono fiscalmente automaticamente reddito di impresa.
- Tutte le società di qualunque tipo, eccetto le società semplici, non residenti che abbiano una stabile organizzazione in
- Deve essere una attività abituale: non significa continuativamente o esclusiva, ma attività con una certa regolarità.
- Deve essere una di queste attività che oggettivamente ed automaticamente determinano reddito di impresa, anche se non si analizza la sussistenza di una organizzazione di mezzi e personale, tipica di un imprenditore: 30- Art. 55.1 TUIR: deve essere una attività rientrante nell'art. 2195 cc che prevede la produzione industriale di beni e servizi, le attività intermediarie nella circolazione di beni, le attività bancarie ed assicurative, le attività di trasporto, e le attività ausiliarie. Quando c'è un'attività che rientra oggettivamente in una di queste categorie, basta l'abituale svolgimento di una di queste attività, affinché si abbia
Stabilire se un determinato reddito è reddito di impresa:
Criterio soggettivo (categorie per cui si ha reddito di impresa per ragioni soggettive, valido per le società):
It., indipendentemente dall'oggetto della loro attività. Presunzione di legittimità minima delle società di comodo
Esiste il fenomeno delle società di comodo: consiste nella costituzione di una società alla quale si intestano dei beni, la quale però non svolge una attività, ma si limita alla titolarità di patrimoni. Questo meccanismo di per sé non è fraudolento, e non è nemmeno detto che questa operazione sia posta in essere per ragioni fiscali (una ragione potrebbe essere la semplicità di circolazione dei beni, o della divisione degli stessi).
Dalla costituzione di una società derivano delle conseguenze, che non sono sempre favorevoli. Ad es. dato che automaticamente entra tutto nel reddito di impresa, tutte le plusvalenze diventano imponibili.
A volte le società producono reddito anche se in realtà non agiscono, a causa delle leggi 724/94 e 662/96 che hanno stabilito che le
società inattive (quelle che hanno un ricavo che non supera certi limiti stabiliti con appositi decreti), sono considerate produttive di redditi minimi, e sono tassate su un reddito presunto minimo. Si discute molto sulla legittimità di questa disciplina (presunzione di legittimità minima delle società di comodo). Si può affermare che sia un meccanismo che tende a colpire l'evasione, quindi la ragione di tale previsione sta nello scoprire le ricchezze nascoste. Se così fosse però il contribuente dovrebbe avere la possibilità di dimostrare il contrario. Ma questa interpretazione pone dei dubbi, soprattutto alla luce delle riforme del 2005-2006. La questione è aperta: c'è chi sostiene la illegittimità costituzionale di questa norma, e chi sostiene che tale disciplina ha un significato diverso: essa non mira a scoprire redditi nascosti, ma riporta una realtà, ovvero quella per cui la società
in quanto tale è uno strumento da tassare.
Criterio oggettivo (criterio decisivo per le persone fisiche):
attività di impresa. Non è necessario verificare che ci sia una organizzazione in forma di impresa (per ragioni di semplicità).
Attività di impresa agricola se eccedono i limiti stabiliti dall'art. 32 del testo unico per il reddito agrario.
Sono comunque considerate attività produttive di reddito d'impresa le attività non ricomprese nell'art. 2195 cc, se organizzate in forma di impresa.
Esiste un richiamo al cc, ma la nozione di imprenditore fiscale, è molto diversa da quella civile (ci sono infatti soggetti che realizzano reddito di impresa indipendentemente dall'attività che svolgono, e per le attività previste dall'art. 2195 cc l'organizzazione imprenditoriale non è necessaria ai fini tributari). Questo determina che ai fini fiscali siano imprenditori anche attività che non lo sarebbero civilisticamente (si tratta di una categoria molto più ampia).
Questo fatto
è la ragione per la quale sussiste la necessità di accertare il reddito di certi contribuenti: l’art. 55 accomuna realtà molto diverse.
L’art.55 da una lato afferma che le attività di cui all’art. 2195 cc sono produttive di reddito di impresa indipendentemente dall’organizzazione in forma imprenditoriale, d’altra parte al secondo comma afferma che le altre attività sono produttive di reddito di impresa solo se organizzate in forma di impresa. Infine l’art. 2195 cc si conclude menzionando “le attività ausiliarie alle precedenti”.
Non è semplice quindi individuare quale attività sia esclusa da questa norma, e per quale attività sia necessario verificare la sussistenza di una attività di impresa. La chiave per distinguere le due categorie sta nell’aggettivo “industriale”: la categoria di attività per le quali verificare se sussiste una organizzazione in
forma imprenditoriale, è la produzione di servizi quando non sia industriale. Produrre industrialmente dei servizi, comporta una prevalenza dell'aspetto materiale. Vi sono infatti servizi per cui rimane prevalente l'aspetto intellettuale, e poi ci sono attività per le quali può esserci un confine non così netto, come ad es. l'attività di insegnamento (un conto è l'insegnante, un conto è porre in essere un istituto). Questo dipende da come si organizza l'attività, da come si acquisisce il sapere. Se il sapere è stato acquisito in modo prevalentemente empirico, prevale l'ambito materiale dell'attività quindi si rientra nel settore dell'impresa; se il sapere è stato acquisito tramite attività intellettuale di studio, si rientra nel settore dell'attività intellettuale. - Rientra sempre nell'attività imprenditoriale lo sfruttamento di cave eminiere.Per quanto riguarda gli enti diversi dalle società, non si guarda solo all'attività effettivamente svolta, ma bisogna guardare anche alle previsioni dello statuto (o della legge, se sono enti disciplinati dalla legge). Si deve fare riferimento all'art. 73 lett. b, secondo cui gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali sono titolari di solo reddito di impresa. Se l'ente invece non ha come oggetto almeno principale, l'attività commerciale (art. 73 lett. c) produce reddito appartenente alle varie categorie a seconda delle varie attività che svolge (si guarda oggettivamente ad ogni frammento della sua attività). Il problema sta nello stabilire qual è l'oggetto principale o esclusivo. Un ente ha oggetto commerciale quando l'attività rientra nell'art. 55
(quindi nei criteri oggettivi di determinazione del reddito d'impresa). L'oggetto di un attività è esclusivo, se l'impresa svolge solo quel tipo di attività.
L'oggetto principale di un ente è definito dall'art. 73.4 "Per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto". Dunque non è fondamentale che si tratti dell'attività prevalente dell'ente, da un punto di vista materiale, ma deve essere principale da punto di vista dell'importanza rispetto agli scopi. La norma afferma anche che "L'oggetto esclusivo o principale dell'ente residente è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata." Se l'ente non possiede uno statuto, si
guarda all'attività effettivamente svolta. In caso di contrasto tra quanto detto nello statuto, e l'attività effettiva dell'ente, prevale quest'ultima. Di norma la finalità di lucro è irrilevante nella configurazione del reddito d'impresa. Semmai può rilevare la mancanza del fine di lucro, ma solo in caso di specifiche disposizioni normative.