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LE LEGGI REGIONALI
Con la riforma del Titolo V della Costituzione, le Regioni sono state dotate di
autonomia anche
sotto il profilo dell’autonomia impositiva.
In determinate materie le Regioni concorrono con lo Stato alla emanazione della
disciplina
legislativa (le regioni devono emanare la normativa attuativa mentre lo Stato
fissa i principi
fondamentali di ogni singola materia).
Le regioni hanno potestà legislativa “concorrente” (limiti fissati nei principi
fondamentali
dello Stato) in materia di coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario
nonché hanno potestà legislativa in materia di tributi regionali e locali.
Hanno potestà legislativa “residuale” (nelle materie che non sono di
competenza esclusiva
dello Stato).
Nonostante la riforma del 2001, in materia di tributo regionale abbiamo sempre
potestà
legislativa concorrente: cioè lo Stato determinerà la “cornice generale” dei
principi di
riferimento, (che varrà per tutti i legislatori regionali) che armonizzerà il sistema
in tutte le
regioni, e le Regioni avranno il compito di “attuare” quanto stabilito nei principi
generali.
Il coordinamento verticale è stato attuato con i principi della separazione delle
fonti
(divieto di intervento sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi che non
appartengono al
proprio livello di governo, mediante l’esclusione di interventi della legislazione
statale sui tributi
regionali e locali) e del divieto di doppia imposizione (è esclusa ogni forma di
doppia
imposizione sul medesimo presupposto, fatte salve le addizionali previste dalle
legge statale o
regionale).
Lo Stato si occupa della legislazione di principio e di coordinamento fiscale.
Alle Regioni è affidato il compito di attuazione e di dettaglio della normativa
fiscale
nazionale.
Però, a partire dal 2012, è stata attribuita ai Comuni, Province, Città
metropolitane e
Regioni la facoltà di dotarsi di autonomia finanziaria in entrata ed in uscita.
Ciò ha consentito agli enti territoriali di dotarsi di nuovi tributi e non solo di
regolamentare
determinate materie e/o di gestire e modificare quelli esistenti.
L’unico limite è dato dal rispetto dei principi generali della finanza pubblica e
del sistema
tributario fissati dallo Stato e della Costituzione.
A detta del nuovo comma dell’articolo 119 “I comuni, province, ecc… hanno
risorse
autonome e stabiliscono ed applicano tributi ed entrate proprie in armonia con
la
Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del
sistema
tributario.
Con la legge delega del 2009, il Governo ha fissato la ripartizione in materia di
federalismo
fiscale secondo una direttrice verticale (con riferimento ai rapporti tra gli
ordinamenti
tributari degli enti tra loro sovraordinati) e che orizzontale (enti sub statali).
Il coordinamento orizzontale è garantito dal PRINCIPIO DI TERRITORIALITÀ che
disciplina
l’attribuzione di risorse autonome ai Comuni, Province, Regioni.
Per quanto attiene le Regioni, oltre ai tributati erariali abbiamo:
Tributi propri che sono regolati dalla legge dello Stato ed il cui gettito è
attribuito alle
regioni, le quali potranno modificare aliquote e disporre esenzioni.
Addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali in relazione alle quali le
leggi
regionali possono introdurre variazioni percentuali delle aliquote
Tributi propri istituiti con leggi regionali.
Rispetto ai tributi locali, ci potranno essere tributi (locali) creati e disciplinati da
leggi Statali e
tributi (locali) istituti e disciplinati da leggi regionali mentre non ci potranno mai
essere dei
tributi creati esclusivamente dai Comuni, senza che la legge fissi i contenuti
minimi (riserva
di legge).
In seguito alle modifiche del titolo V e per l’attuazione del federalismo fiscale si
dispone che:
a. La legge dello Stato individua i tributi propri dei Comuni e delle Province
definendone
presupposti, soggetti passivi e basi imponibili;
b. I comuni possono stabilire ed applicare tributi di scopo connessi ad opere a
finalità
pubblica
c. Le regioni possono istituire nuovi tributi a favore di Comuni nel propri
territorio
specificando gli ambiti di autonomia attribuita alle regioni.
d. Gli enti locali possono modificare le aliquote dei tributi a loro attribuiti ed
introdurre
agevolazioni (es. IMU)
2) L’INTERPELLO
Uno strumento concesso al contribuente per chiarire meglio alcune perplessità e
dubbi in
merito al corretto trattamento fiscale di una fattispecie è dato dall’istituto
dell’INTERPELLO.
Si definisce interpello ordinario lo strumento che permette l’attività interpretativa o
di
consulenza giuridica da parte dell’agenzia delle entrate che serve ad individuare il
corretto
trattamento tributario della fattispecie oggetto dell’interpello.
È disciplinato dall’art.11 dello Statuto dei diritti del contribuente che da la
possibilità al
contribuente di rivolgersi alla Agenzia delle Entrate per l’interpretazione di una
generalità di
norme tributarie.
Requisiti: presentata in via preventiva rispetto alla realizzazione del
comportamento del quale si
chiede l’interpretazione ed inviata alla sede regionale in virtù del domicilio fiscale
del
richiedente
vi deve essere incertezza (l’amministrazione finanziaria non deve aver
già emanato
circolari e disposizioni di chiarimento) e deve riguardare un caso personale e
concreto rispetto dei requisiti di forma con l’indicazione del contribuente, domicilio,
firma
contenere la descrizione del caso concreto e la copia della
documentazione
L’amministrazione centrale avrà 120 giorni di tempo, che decorrono dal momento
di notifica
dell’interpello, per rispondere altrimenti il silenzio equivarrà a silenzio-assenso.
Interpello speciale antielusivo: riguarda ipotesi che riguardano comportamenti
elusivi
(interposizione di persona, elusione del tributo,ecc…) e va proposta in via
preventiva alla
Direzione Regionale competente (in base al domicilio del richiedetente) che se non
risponde
entro i 120 giorni, potrà a seguito di diffida da parte dell’interessato, adempiere
entro i
successivi 60 giorni decorsi i quali diventa silenzio-assenso.
Interpello disapplicativo: consente la disapplicazione di norme antielusive a
condizione che
il contribuente dimostri l’impossibilità degli effetti elusivi temuti dal fisco.
La Direzione Regionale dovrà rispondere entro 90 giorni con provvedimento
definitivo.
3) L’ACCERTAMENTO COME ADESIONE
accertamento tributario
Consiste nell’attività effettuata dall’Amministrazione Finanziaria con la quale si
accerta la
correttezza e la fedeltà delle dichiarazioni effettuate dal contribuente.
In caso di riscontro di situazioni non conformi a leggi o ad altri atti fiscalmente
rilevanti si
procederà alla conseguente “rettifica” ed alla applicazione di sanzioni nonché
alla
liquidazione di interessi.
A differenza di quello che succede nel procedimento amministrativo, qui nel
diritto tributario
non c’è un vero e proprio atto che segna l’avvio del procedimento bensì vi è una
sequenza di
atti che si apre sicuramente con la presentazione da parte del contribuente
della
dichiarazione fiscale, prosegue con l’esercizio dei poteri istruttori amministrativi
e si
conclude con il classico atto di accertamento in rettifica.
2 teorie:
Teoria dichiarativa: l’accertamento era considerato in un’ottica privatistica come
un
rapporto obbligatario tra contribuente ed amministrazione che si sostanzia in
una
prestazione a favore dell’amministrazione finanziaria.
L’accertamento viene considerato come atto di regola necessario, la cui
funzione consiste nel
far concorrere il contribuente e gli uffici dell’Amministrazione nella
determinazione e
liquidazione di un’obbligazione che nasceva ex lege al verificarsi del
presupposto di fatto.
Teoria costitutiva: riconosce che al verificarsi del presupposto di fatto deriva un
potere per il
fisco e quindi una soggezione del contribuente. In base a questa teoria si
considera l’atto di
accertamento in rettifica quale elemento costitutivo dell’obbligazione tributaria.
FASE ISTRUTTORIA – CONTROLLI FORMALI E SOSTANZIALI
La disciplina delle imposte dirette e dell’IVA dispone l’autoliquidazione dell’imposta,
cioè
spetta al contribuente definire l’an ed il quantum dell’obbligazione tributaria.
L’amministrazione ha il compito di espletare i controlli formali (cioè verificare se la
dichiarazione del contribuente è conforme alla legge e se l’imposta sia stata
correttamente
versata in relazione a quanto dichiarato).
Solo in una fase successiva si passa ai controlli sostanziali, eventuali ma piuttosto
ricorrenti
con i quali gli ufficii hanno il potere-dovere di accertare che l’importo stabilito e
corrisposto
dal contribuente, sia effettivamente giusto.
Però l’attività di accertamento da parte dell’amministrazione non può solo
consistere nel
controllare se quello dichiarato e pagato è in linea con la capacità contributiva di
un soggetto.
Infatti gli uffici hanno il compito di accertare una serie di attività, che vanno oltre la
capacità
contributiva del contribuente.
Ci si rende conto che risulta impossibile controllare tutti i contribuenti pertanto
prende piede
il principio dell’eventualità dell’accertamento. Furono affidate alla Guarda di
Finanza
l’attività di controllo attraverso le verifiche globali di categoria, consistenti nel
controllo
della posizione economico-fiscale di tutti i soggetti appartenenti ad intere categorie
economiche (si concentrano le verifiche su un’intera categoria ed all’interno della
di essa si
sottopongono a controllo tutti i soggetti che vi appartengono).
Controllo formale: 2 nuove procedure regolate dagli articoli 36bis e 36ter del DPR
600/1973.
Art.36 bis: procedura automatizzata da parte degli uffici che eseguono 6 test che
possono
portare a correzioni e rettifiche della dichiarazione annuale.
1) Correzione errori materiali e di calcolo nella determinazione imponibile, delle
imposte,
dei contributi e dei premi;
2) Errori materiali e di calcolo nel riporto delle ecced