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Diritto romano - la proprietà Pag. 1
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La proprietà nel II secolo a.C.

La proprietà, secondo Gaio nel suo libro Institutiones, era un concetto unitario per i Romani antichi. Ogni dominus (proprietario) aveva un dominium (bene su cui insiste il diritto di proprietà), quindi si poteva essere proprietari o non esserlo. Questo principio valeva sia per gli stranieri che per i Romani antichi. Gaio ci dice che il diritto di proprietà si esprimeva attraverso il dominium ex iure Quiritium. Le caratteristiche della proprietà erano:

  1. L'illimitatezza, perché si estendeva usque ad celum et usque ad inferos, cioè sia nel sottosuolo sia sullo spazio sovrastante.
  2. L'imprescrittibilità, per cui era sempre valido, indipendentemente dall'uso.
  3. L'elasticità, intesa nel senso che quando questo diritto era gravato da diritti su cosa altrui, nel momento in cui questi diritti cessavano, il diritto di proprietà tornava.

adespandersi.Rientravano nel concetto di proprietà, oltre che i territori, anche tutti gli strumenti che servivano per l'agricoltura. Inoltre è perpetua, eterna e non può essere sottoposta a tributi.

IN CHE MODO SI ACQUISTA LA PROPRIETÀ

Tre sono i modi con cui si acquista la proprietà: la mancipatio, la in iure cessio, la traditio.

La mancipatio si utilizzava per trasmettere la proprietà delle res nec mancipi. La mancipatio doveva avvenire alla presenza di 5 testimoni, del libripens, ovvero di una persona che reggeva una bilancia che serviva, in origine, per pesare il metallo che costituiva il prezzo di acquisto. Tuttavia, anche con l'introduzione della moneta coniata, la figura del libripens resiste. Alla presenza di queste 6 persone, acquirente ed alienante pronunciavano delle frasi determinate, e così si realizzava la vendita.

La in iure cessio era un modo di acquisto della proprietà a titolo derivativo. In pratica si metteva in

atto una finzione processuale in base alla quale sia l'acquirente chel'alienante fingevano di rivendicare la proprietà della res, poi l'alienante ometteva dipronunciare la formula con cui dichiarava di essere lui il proprietario e il magistratodava ragione all'acquirente, ed il bene diventava così di sua proprietà.

La traditio, infine, era un negozio molto semplice, utilizzato per la res nec mancipi,altrimenti, se l'oggetto fosse stato una res mancipi, avrebbe trasmesso solo ilpossesso. In pratica la traditio poteva dirsi realizzata con la sola consegna del bene,purché vi fosse una giusta causa e la volontà dell'acquirente di acquistare.

I Romani, vista la semplicità della traditio, iniziarono ad usarla anche per latrasmissione della proprietà delle res mancipi, soprattutto perché avevano iniziato adutilizzare il contratto nei traffici commerciali.

Il contratto

Il contratto ben presto venne utilizzato

Molto spesso, soprattutto per la sua semplicità, poiché era sufficiente il consenso comunque espresso. Con l'espressione comunque espresso si intende una stretta di mano, un sì, un d'accordo, un qualunque gesto o espressione da cui era evidente la volontà di stipulare il contratto. Inoltre con il contratto si poteva trasmettere tutto, sia beni immobili che beni mobili.

Tuttavia con il contratto non si trasmetteva la proprietà, ma si creava una obbligazione per il venditore di trasmettere la res che non generava nessun effetto reale. Gli effetti reali si trasmettevano solo con la mancipatio, in iure cessio e traditio.

Tra i tre strumenti idonei a trasmettere la proprietà il più semplice, come abbiamo detto, è la traditio. Con la traditio si trasmetteva il dominium solo quando l'oggetto erano le res nec mancipi.

Quando l'oggetto era una res mancipi si trasmetteva solo il possesso, ma non la proprietà, per cui

l'acquirente non poteva definirsi dominus. Per sanare la proprietà dovrà intervenire l'usucapione. Non potrà definirsi dominus fino a quando non interverrà l'usucapione. I termini per l'usucapione sono: - per i beni che noi oggi definiamo immobili, il tempo utile per l'usucapione era di 2 anni; - per i beni che noi oggi definiamo mobili (es., lo schiavo di Gaio) il tempo era di 1 anno. RIASSUMENDO: LE RES MANCIPI SI TRASFERISCONO PER MANCIPIUM O IN IURE CESSIO. LE RES NEC MANCIPI SI TRASFERISCONO PER TRADITIO. SE SI FA LA TRADITIO DI RES MANCIPI SI TRASFERISCE SOLO IL POSSESSO E NON LA PROPRIETÀ. QUESTA SITUAZIONE POTRÀ ESSERE SANATA SOLO CON L'USUCAPIONE. Gaio ci dice che ad un certo punto, ma non specifica quando (usa l'espressione latina olim, che in genere viene tradotta in 'una volta', intesa come nei tempi antichi, molti decenni fa) si ha uno sdoppiamento della proprietà. Da una parte laproprietà ex iure Quiritium, dall'altra la proprietà in bonis habere. Con quest'ultimo termine si fa riferimento a quella situazione di possesso che viene tutelata dal pretore alla stregua di una proprietà attraverso l'actio publiciana. Ora chiariremo meglio la proprietà in bonis habere riprendendo il discorso sull'usucapione. USUCAPIONE Ma l'usucapione potrà esplicare i suoi effetti se nel periodo necessario affinché si compia non interverrà nessun altro a rivendicare la proprietà. Nel caso in cui, invece, intervengano terze persone a rivendicare la proprietà del bene (e potrebbe succedere nel caso in cui chi ha venduto non era il dominus del bene), il possessore per potersi difendere deve utilizzare lo strumento dell'actio publiciana. ACTIO PUBLICIANA Di fronte al caso in cui il possessore sia stato disturbato da terzi che vantano diritti nei confronti del bene, il pretore, nel II secolo .C. perriequilibrare la situazione, elabora un'azione volta a tutelare il possessore: la actio publiciana, chiamata così dal nome del suo creatore. L'ACTIO PUBLICIANA veniva esplicata nel caso in cui il possessore veniva disturbato da chiunque, nel corso del possessio al fine di usucapire, dal momento che era stata fatta una traditio di una res mancipi. In pratica avveniva così: era stata fatta una traditio di una res mancipi, per cui era stato trasferito solo il possesso del bene. L'acquirente-possessore, per poter diventare dominus, e, quindi, proprietario del bene, doveva attendere che fossero trascorsi i mesi necessari per il compimento dell'usucapione. Ma nel frattempo poteva accadere che qualcun altro, diverso dal dominus, avanzasse pretese sul bene, dichiarando magari lui stesso di essere il dominus del bene. Quindi, davanti al giudice, troviamo il possessore e il terzo (ma non il dominus) che rivendica la proprietà del bene. Il possessore per difendersidovrà far valere l'actio publiciana. Con l'actio publiciana il giudice doveva verificare l'esistenza dei 3 presupposti, in presenza dei quali dichiarava che era come se fosse avvenuto l'usucapione. I 3 presupposti sono: 1) Che sia stato fatto un contratto di compravendita tra chi ha effettuato la traditio e chi l'ha ricevuta. 2) Che sia stata fatta la traditio. 3) Che l'oggetto della traditio sia una res mancipi. Se sono presenti tutti questi elementi contemporaneamente l'actio publiciana espleterà i suoi effetti. Quindi il giudice inviterà chi ha tolto la possessio a restituire il bene, e se ciò non fosse possibile, il condannato dovrà pagare una somma di denaro. Tutto sulla base di una finzione, facendo finta che il possessore abbia USUCAPITO. Tornando ora a chi ha in bonis il bene, appare evidente che con l'espressione in bonis habere si intende chi ha il solo possesso del bene, ma riceve tutela dal pretore come
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Publisher
A.A. 2012-2013
5 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher suke di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Brutti Massimo.