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ORDINARIA
3 letture: è previsto una procedura di conciliazione tra parlamento e consiglio svolta
dal COREPER, per arrivare ad un accordo con voto concorde di consiglio e parlamento.
Freno di emergenza: maggioranza qualificata è prevista anche per materie delicate
(sicurezza sociale, materia penale e giudiziaria); se in queste materie uno stato fa
presente che quell’atto incide su aspetti fondamentali del proprio ordinamento, può
chiedere di avviare la procedura del freno di emergenza; la procedura si arresta e il
consiglio europeo in 4 mesi deve trovare un accordo. Dopo i 4 mesi, la procedura deve
essere abbandonata.
Se un atto non è completo, chi interviene? La commissione europea, che può agire con
2 modalità:
1. Delega di poteri normativi art. 290 TFUE quando serve che la commissione
adotti atti di portata generale che completino o modifichino elementi non
essenziali di un atto legislativo. La commissione però adotta un atto non
legislativo
2. Delega di mero potere esecutivo art. 291 TFUE dare esecuzione agli atti
vincolanti delle altre istituzioni. Questo darebbe un potere discrezionale enorme
alla Commissione: per questo anche gli Stati possono intervenire con un atto
controllo sulla commissione (con comitati composti da un rappresentante
tecnico di ciascuno stato membro).
27/03
RAPPORTO TRA DIRITTO DELL’UNIONE E DIRITTO DEGLI STATI MEMBRI
SECONDO LA CORTE DI GIUSTIZIA
In quale rapporto si pone il diritto dell’Unione con il diritto degli Stati
membri?
- Sin dal 1963 la Corte di giustizia (sent. Van Gend & Loos) afferma che quello
dell’Unione è un ordinamento di nuovo genere, che ha come soggetti Stati e privati.
Cosa succede, allora, se la legge di uno Stato membro contrasta con una
norma dell’Unione?
- Il caso si presenta negli anni ‘60 e riguarda direttamente l’Italia, in occasione
dell’adozione di una legge che nazionalizzava la distribuzione di energia elettrica
CASO COSTA ENEL
Tutto parte da un avvocato lombardo che di fronte a questa legge di distribuzione
dell’energia elettrica ritiene che essa sia in contrasto con alcune norme dell’UE che
invece la liberalizzavano.
L’avvocato Costa per poter aderire alla Corte avrebbe dovuto far sorgete un caso
pratico: non paga una bolletta, termina con una causa di fronte al giudice conciliatore
[figura che oggi non esiste più].
Il giudice sospende il giudizio e manda gli atti alla corte di giustizia.
Viene violato anche l’art. 11 della Costituzione che prevedeva il rispetto dei trattati
internazionali; il giudice quindi manda anche gli atti alla corte costituzionale italiana.
I due organi danno 2 risposte diverse [il punto di partenza è una totale mancanza e
divergenza di coordinamento tra quello che ritiene la nostra corte costituzionale e la
corte di giustizia], attraverso una serie di sentenze il quadro si compone e si arriva a
un punto comune che era quello proposto da subito dalla corte di giustizia deve
prevalere il diritto UE; le due risposte iniziali erano:
SENTENZA CORTE DI GIUSTIZIA - 1964:
il punto di partenza si basa sul presupposto che il Trattato CEE aveva creato un
ordinamento giuridico nuovo, integrato in quello degli Stati membri, afferma:
che il diritto dell’Unione prevale su quello degli Stati membri, i quali avendo
rinunciato alla loro sovranità nelle materie attribuite all’Unione, non possono
adottare provvedimenti unilaterali che contrastino con esso se si dovesse
ammettere la superiorità del diritto di ciascuno stato membro si lascerebbe loro
la possibilità di distruggere questo sistema
che ove questa supremazia del diritto comunitario non fosse riconosciuta
sarebbero messi in discussione gli stessi fondamenti giuridici dell’Unione.
Il fondamento di tale ragionamento non è una supremazia gerarchica, ma la
considerazione delle rispettive sfere d’azione del diritto dell’Unione e di
quello degli Stati membri nell’ambito di un sistema giuridico integrato
Con sentenze successive la Corte di giustizia arriva a precisare in che modo gli Stati
membri devono assicurare il primato del diritto dell’Unione:
Simmenthal 1978
Sentenza : 1. gli atti normativi che invadono la sfera di
competenza dell’Unione vanno considerati privi di qualsiasi efficacia giuridica;
è compito del giudice nazionale applicare il diritto dell’Unione e tutelare i diritti
che questo garantisce ai singoli: di fronte a un contrasto con la norma
comunitaria il giudice nazionale deve disapplicare la norma interna, sia
precedente, sia successiva. Secondo la corte di giustizia, se il legislatore
nazionale avesse adottato una legge contrastante con una precedente, avrebbe
invaso una sfera non di sua competenza, bensì dell’UE.
Successivamente la Corte di giustizia ha precisato:
- che lo stesso obbligo di disapplicazione incombe su tutti gli organi
degli Stati membri (anche quelli amministrativi) e non solo su quelli giudiziari
Fratelli Costanzo
(caso , 1989) il giudice nazionale è un organo che esercita
il potere giurisdizionale; la corte aggiunge che l’obbligo di dare la prevalenza al
diritto UE cade su tutti gli organi, non solo sulla corte.
- che l’obbligo di disapplicazione/prevalenza colpisce anche norme interne
che non contrastano direttamente con il diritto dell’Unione, ma che ne
Factortame
impediscono l’effettiva applicazione (caso , 1990) si trattava di
un sequestro preventivo; il giudice avrebbe dovuto estendere la possibilità di
sequestro anche a questo caso la tutela dei diritti deve essere effettiva.
- Che, in particolare, il giudice ha l’obbligo di non tener conto di una
disposizione che – come l’art. 2909 c.c. italiano – afferma il principio
dell’autorità del giudicato, nella parte in cui impedisce il recupero di un aiuto
di Stato la cui incompatibilità è stata dichiarata dalla Commissione (caso
Lucchini , 2007) non tenere conto degli effetti del giudicato
Concludendo: prevalenza assicurata dal giudice nazionale a cui spetta di disapplicare,
l’obbligo cade anche su tutti gli altri organi dello stato e riguarda anche le norme
interne, non solo quelle in contrasto con il diritto europeo.
SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA
Solo attraverso un lungo percorso la nostra Corte costituzionale è arrivata a
condividere una sistemazione dei rapporti diritto interno – diritto dell’Unione analoga a
quella da subito concepita dalla Corte di giustizia.
(Costa-Enel,
I fase n. 14/1964): la legge contenente l’ordine di esecuzione del TCEE
non sfugge ai principi sulla successione delle leggi nel tempo (possibile
abrogazione da parte di norme successive) Può essere abrogata da leggi
successive. Frontini, Industrie chimiche,
II fase (sent. n. 183/1973 e sent. 232/1975):
ordine comunitario e ordine interno costituiscono due sistemi distinti e autonomi
ancorchè coordinati; la violazione del diritto comunitario da parte di leggi interne
successive comporta l’illegittimità costituzionale di tali leggi per violazione
indiretta dell’art. 11 Costituzione.
Non un unico ordinamento che vede integrate i due sistemi di norme (italiano e
europeo), ma due sistemi distinti (autonomi ma coordinati dall’art 11).
Ma perché contrasto con l’art. 11 Cost?
art. 11 Cost. “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri
popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in
condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad
un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e
favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Questa norma è riconosciuta dalla Corte come il sicuro fondamento dell’adesione
dell’Italia all’Unione europea legge ordinaria adottata dal Parlamento per limitare la
nostra sovranità a favore dell’ordinamento dell’UE; non è uguale alle leggi ordinarie,
perché ha copertura in un articolo della Costituzione, quindi ha resistenza maggiore e
non può essere modificata da leggi successive.
E’ grazie all’art. 11 Cost. che si è potuto trasferire agli organi dell’Unione il potere di
emanare norme giuridiche e che lo si è potuto fare validamente anche se l’ordine di
esecuzione del Trattato CEE era contenuto in una legge ordinaria (e non l. cost.).
Granital,
III fase (sent. n. 170/1984): la Corte costituzionale fa propria la
conclusione della Corte di giustizia, si allineano sulla stessa posizione (non c’è più il
principio che la legge successiva abroga la precedente, …); Di fronte a un regolamento
dell’Unione il giudice nazionale deve disapplicare la norma interna contrastante
(non è più ritenuta necessaria la pronuncia di illegittimità costituzionale). la norma
interna cede e il giudice la deve disapplicare (Corte l’aveva già detto nel 64).
Ma restano diversi i presupposti teorici della soluzione: per la Corte costituzionale
i due sistemi non sono integrati ma coordinati grazie all’art. 11 Cost. non dirà mai
che i due sistemi sono un ordinamento unico. La norma in contrasto con quella
dell’Unione rimane valida, ma in quanto emessa in una sfera che non appartiene più
alla competenza statale, il giudice non può applicarla la norma resta valida ma non
troverà applicazione perché disciplinata dalla Corte europea.
Con sentenze successive questa conclusione è stata estesa alle sentenze della Corte
di giustizia e alle direttive.
CONTROLIMITI
La teoria dei cd. “controlimiti” (…alle limitazioni di sovranità consentite ai sensi
dell’art. 11 Cost) 2 casi [opposti] in cui la corte costituzionale mantiene il suo
potere:
La Corte costituzionale italiana si è comunque riservata il giudizio:
1. su una legge che in ipotesi sia diretta “ad impedire o pregiudicare la perdurante
osservanza del Trattato, in relazione al sistema o al nucleo essenziale dei suoi principi”
spetta al giudice disapplicare la norma interna.
2. su una norma dell’Unione che violi i principi fondamentali del nostro ordinamento
Frontini,
costituzionale o i diritti inalienabili della persona umana (sentenza prima
metà anni Settanta) Dopo l’introduzione dell’art. 6 TUE e il recepimento della Carta
sub
dei diritti fondamentali nei trattati l’ipotesi 2 è per lo più teorica.
RAPPORTO TRA DIRITTO DELL’UNIONE E ORDINAMENTO ITALIANO
La rifor