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SPESE PROCESSUALI

Processo civile comporta una serie di oneri, presuppone spese (per magistrati,

locali tribunali, avvocati). Se i primi oneri ricadono sul bilancio dello stato

(devono essere affrontate da stato), gli ultimi ricadono sulle parti, trova

un'autonoma regolamentazione.

Astrattamente, legislatore avrebbe potuto gestire fenomeno in diversi modi. L'ha

fatto seguendo principi che rispondono a buon senso e ragionevolezza, migliori

applicabili nel caso di specie per gestire problematica.

Attore e convenuto devono rivolgersi a legali: come ripartire le spese sotto il profilo

immediato dell'anticipazione. Legislatore ha adottato principio di

ANTICIPAZIONE DELLE SPESE: a inizio processo, ciascuna parte tiene a

proprio carico, in via provvisoria, le spese relative alla difesa di cui si intende

valere. Nella scelta del difensore è previsto un margine di discrezionalità, basato sulla

fiducia.

Art. 90: onere delle spese. Norma ABROGATA con DPR 115/2002, ma solo perché

in quella stessa normativa è stata prevista norma, Art. 8, che ribadisce lo stesso

principio.

Emerge, inoltre, il tema di quello che può essere la FINE DEL PROCESSO,

perché alla fine del processo le cose cambiano: giudice emana sentenza, nella

quale stabilisce chi ha ragione e chi torto, se iniziativa attore corretta o no… a tal

riguardo, essendo tutto più chiaro, legislatore ha ritenuto che si debba

intervenire, dando una regolamentazione alle SPESE DELLA LITE.

A questo proposito, principio adottato è il cd PRINCIPIO DELLA SOCCOMBENZA: al

termine del processo, nell’emanare decisione, giudice condanna parte soccombente al

pagamento delle spese di lite in favore della controparte. Regola non ha valenza

punitiva, non per scoraggiare ricorso a giustizia, ma tale principio, detto causalistico,

ha una necessità: evitare che svolgimento del processo possa andare a danno,

anche solo parziale, della parte che ha ragione. Per evitare danno ingiusto

della parte che ha ragione: questa deve affrontare processo senza conseguenze

dannose.

Questo concetto venne espresso da Giuseppe Chiovenda, e si avvicina a un’altra

affermazione, per cui parte che alla fine viene riconosciuta come avente ragione deve

ottenere attraverso processo tutto quello e proprio quello che aveva diritto a

ottenere, senza la sottrazione, a tale riconoscimento, di spese di lite.

Art. 91: indica sommariamente le tre voci di spesa cui avvocati danno conto nel

processo e che chiedono alla fine:

a) Spese vive, per gestire processo;

b) Diritti;

c) Onorari per attività prestata.

Norma generale, parla del giudice nella sentenze. La voce spese si trova in

tutte le sentenze: condanna alle spese costituisce un CAPO che ha SEMPRE

NATURA DI CONDANNA, qualunque sia natura del processo.

Un punto introdotto in epoca più recente, però, ha complicato norma: ragionamento

del legislatore che processo prende avvio con una controversia, a seguito della quale

parte propone domanda. Può accadere che, nel corso del processo, giudice solleciti a

una riflessione entrambe le parti per portarle, se possibile, a una sorta di accordo, a

una conciliazione della lite. Giudice non è un mediatore, ha come compito

istituzionale quello di decidere, giudicare tra opposte pretese parti, ma se può e vuole

portare parti a un accordo può farlo. Nel caso in cui giudice proponga conciliazione, le

parti possono accordarsi o meno, sono libere di scegliere. Allora legislatore nel

2009 ha pensato che regola della soccombenza è vera in linea di principio; ma se

parte rifiuta proposta di conciliazione RAGIONEVOLE, e decida di andare avanti nel

processo; processo prosegue e alla fine giudice si convince che diritto di quella

parte esiste ma è limitato a quello che era stato già proposto nella

conciliazione rifiutata. Dunque, ci troviamo nella situazione in cui parte comunque

vince, suo diritto riconosciuto anche solo parzialmente, quindi domanda è fondata, ma

se avesse accettato proposta di conciliazione, parte finale del processo si sarebbe

potuta evitare. Allora legislatore ha ritenuto che questa circostanza potesse

TEMPERARE REGOLA SOCCOMBENZA (proseguimento primo comma). Condanna

parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento

delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta.

Parte deve aver rifiutato SENZA GIUSTIFICATO MOTIVO: ci si chiede quale sia,

ma si rimette a discrezionalità giudice.

Norma però non specifica cosa sia PROPOSTA CONCILIATIVA, né fa esempi di cosa

possa essere.

Si sono sviluppati due filoni interpretativi:

1) Tesi più rigorosa e prudente vuole che applicazione di questa disposizione sia

limitata alle ipotesi di proposta conciliativa formulata nel corso del

processo. es giudice convoca personalmente le parti, le interroga sui fatti di

causa e verifica se si può conciliare. Questa possibilità è stata negli anni

valutata in vario modo, in alcuni periodo quasi obbligatoria, in altri meno. Oggi

tentativo di conciliazione nel processo è tornato ad essere FACOLTATIVO o

OBBLIGATORIO se sollecitato da entrambe le parti: Art. 185.

Conciliazione ha valore importante, perché costituisce titolo esecutivo,

esattamente come sentenza di condanna.

Nel 2013 introdotta norma ulteriore, Art. 185-bis, proposta di conciliazione del

giudice. Ultimo comma prevede che proposta di conciliazione NON può

costituire motivo di ricusazione o astensione del giudice.

2) Seconda tesi: norma parla solo di proposta conciliativa, quindi in teoria allude

a qualunque proposta conciliativa tra le parti, in teoria anche fuori da

processo.

Questa tesi, però, non convince essenzialmente per due ragioni:

a) Quando intercorre trattativa tra avvocati, questi possono indicare nella

corrispondenza la dicitura “personale riservata”. Esiste norma

deontologica che vieta ad avvocati di produrre in giudizio tutta la

corrispondenza qualificata espressamente come personale riservata; non

solo, vietata anche tutta la corrispondenza che riguardi

negoziazioni/contenuto transattivo: possibile scambio di vedute in

vista di un accordo. Dunque, tesi si scontra con questa regola, perché la

maggior parte di queste proposte viene veicolata tra avvocati, quindi

comunque riservate e personali, e quindi non esplicitate in giudizio;

b) Anche negli scambi tra le stesse parti, se si utilizzasse qualunque tipo di

confronto prima del processo si correrebbe il rischio, in alcuni casi, di

intaccare garanzia costituzionale del diritto di azione.

Rischio di questa tesi sarebbe che soggetti, approfittando della loro posizione di

dominanza, offrano poco e soggetto danneggiato si trova nella posizione di correre

rischio duplice.

Art. 92 dà ulteriori indicazioni: in alcuni casi, giudice può andare a ridurre le

spese indicate da parte vincitrice. Inoltre, indipendentemente dalla

soccombenza, può condannare parte a rimborso spese per trasgressione ex

Art. 88 (dovere di lealtà e probità).

Secondo comma: due filoni, in cui giudice alla fine decide di compensare le spese, in

tutto o in parte, indicando due possibilità:

a) Soccombenza reciproca: su base di sentenza 2017, si riscontra in ipotesi di:

a. pluralità di domande contrapposte nello stesso processo e tra le

medesime parti;

b. ipotesi di accoglimento parziale di unica domanda proposta.

b) Assoluta novità della questione trattata o mutamento della

giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti: per molto tempo Art. 92

veniva applicato nella prassi con grande frequenza, anche perché nella versione

originaria del codice il riferimento era ai “giusti motivi”. Poi da giusti motivi a

“gravi ragioni”. Ma poiché ancora molto applicato, le gravi ragioni sono

diventate “gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente motivate nella sentenza”.

Nel 2014 norma ulteriormente cambiata: compensazione avviene per queste

due situazioni:

- Assoluta novità;

- Mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti.

Con sentenza 77/2018, corte costituzionale ha dichiarato illegittimità

costituzionale norma nella parte in cui non autorizza il giudice a

compensare spese tra parti anche qualora sussistano altre analoghe

eccezionali ragioni: ha ripreso formula precedente.

Art. 93: DISTRAZIONE DELLE SPESE.

Principio: quando giudice accoglie domanda di una parte, condanna l’altra oltre che

nel merito anche alle spese di lite. Questo capo relativo a spese riguarda SEMPRE

DIRETTAMENTE LA PARTE: è la parte che ha diritto a ottenere rimborso

spese, e poi la parte vincitrice dovrà autonomamente “vedersela” con avvocato.

Ci possono essere casi in cui avvocato ottenga che pronuncia finale di condanna alle

spese venga emanata DIRETTAMENTE IN SUO FAVORE, pronuncia spese venga

DISTRATTA IN SUO FAVORE. Questo possibile se difensore dimostra di non aver

ottenuto alcun tipo di compenso. Bisogna fare apposita istanza a tal fine.

Secondo comma: una volta emanata sentenza in cui difensore ottiene distrazione dalle

spese,

ottiene un capo di condanna direttamente in suo favore: a quel punto

direttamente lui può metterlo in esecuzione e nella parte relativa a distrazione

avvocato è come se diventasse PARTE dello stesso processo, seppur in

chiusura.

Art. 96: RESPONSABILITA’ AGGRAVATA

Casi in cui strumento processuale venga utilizzato non correttamente: casi di LITE

TEMERARIA, o abuso del processo, per finalità strumentali.

Questa norma introduce tema: in caso di abuso, parte soccombente non solo

condannata a spese di lite, ma deve sopportare DANNI che controparte ha

sostenuto. Primo comma: responsabilità aggravata MERAMENTE PROCESSUALE.

Ma norma scarsamente applicata, perché presupponeva:

1) ISTANZA DI PARTE, ma il fatto che giurisprudenza lo concedesse poco aveva

portato le parti a non chiederlo più;

2) Parte doveva dimostrare ELEMENTO SOGGETTIVO, non facile

3) Liquidazione avveniva d’ufficio, ma PROVA DEL DANNO doveva darla parte

richiedente.

Così nel 2009 legislatore ha voluto rafforzare tema di correttezza utilizzo strumento, e

ha introdotto terzo comma: norma più ampia e generica, senza richiesta di condizioni

particolari. Anche d’ufficio giudice poteva condannare soccombente al pagamento di

una somma equitativamente determinata.

Dunque, scompare iniziativa su istanza di parte; scompare elemento soggettivo

(si può basare solo su fatti oggettivi che riscontra) e scompare prova del danno.

Quali sono comportamenti sanzionabili secondo 96.3? due scuole di pensiero:

1) Una più restrittiva: Art. debba comunque fare riferimento a

comportamenti esclusivamente processuali;

2) Tesi più ampia, prevede possibilità di sanzionare anche comportamenti delle

par

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
88 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/15 Diritto processuale civile

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ali95msc_kiss di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Danovi Filippo.