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Estratto del documento

La formula è composta da 4 parti: intentio, demonstratio, condemnatio, adiudicatio;

prima di queste si trova la nomina del giudice scelto dalle parti.

Lʼ ʻintentioʼ esprime la pretesa vantata dallʼattore: consente di stabilire se si tratta di

unʼactio in rem o in personam, civile o pretoria. Può essere: certa, se la pretesa è

determinata (es.: se risulta che Tizio mi deve 100), o incerta, se questo non avviene. La

conseguenza principale è che in caso di intentio certa, si rischia di cadere in pluris petitio,

ossia di chiedere più di quanto spetti (es.: chiedere 100, invece ci spetta solo 90): se

dovesse capitare, per il principio ʻbis de eadem re ne sit actioʼ, lʼattore non potrebbe più

agire per chiedere 90. Con unʼintentio incerta, invece, non cʼè questo rischio.

La demonstratio indica la causa, ossia la fonte, della pretesa vantata dallʼattore (es.:

poichè Tizio ha comprato il fondo..).

La condemnatio è la parte della formula con la quale si invita il giudice a condannare il

convenuto se sussistono le condizioni appena indicate, o ad assolverlo in caso contrario,

indicando anche la somma espressa in denaro in certi casi.

Lʼadiudicatio si trova solo nelle azioni divisorie o nelle azioni per il regolamento dei confini,

e autorizza il giudice ad aggiudicare ai partecipanti parti definite di quanto era oggetto

della divisione o del terreno a confine.

Parti accessorie alla formula sono la praescriptio e la exceptio.

Sapendo che la litis contestatio ha effetto preclusivo, il creditore non potrebbe più ripetere

lʼazione per lo stesso credito. Vi sono casi in cui questo principio vincola eccessivamente il

creditore: ad esempio, in una stipulatio avente ad oggetto un pagamento rateale, il

creditore che agisse dopo la prima rata, non potrebbe più farlo per la seconda o per le

successive. La praescriptio è un rimedio che giova allʼattore, è posta prima della iudicis

nominatio, e consente quindi una deroga allʼeffetto preclusivo della litis contestatio.

Lʼexceptio è invece un mezzo di difesa del convenuto, il quale oltre a negare i fatti esposti

dallʼattore nellʼintentio, può contrastarli mediante altri fatti o situazioni di diritto che

possono portare alla propria assoluzione. La exceptio è quindi condizione negativa della

condanna: lʼattore dovrà dimostrare sia la veridicità dellʼintentio, che la falsità dellʼexceptio

inserita nella formula dal convenuto. Eʼ un rimedio di creazione pretoria, volto a correggere

il ius civile quando la sua applicazione appaia iniqua.

Allʼexceptio del convenuto, lʼattore può replicare mediante replicatio.

79. Tutela muliebre

Particolare forma di tutela, è quella a cui la donna sui iuris è soggetta per tutta la

durata della sua vita: mentre infatti le donne impuber sono soggette alla comune tutela

impuberum, le donne puberi sono sottoposte in perpetuo a quella mulieris. Deroga a

questo principio fondamentale è data da una lex Iulia che stabilisce lo ius liberorum alla

donna che genera 3 figli se ingenua, o 4 figli se liberta (incentivo alla procreazione).

La mulier può amministrare da sola il suo patrimonio, ma per gli atti di straordinaria

amministrazione si richiede lʼauctoritas del tutore: rientrano in questa categoria

lʼalienazione di res mancipi, gli atti per aes et libram, la costituzione di obbligazioni, la

partecipazione in processi per legis actiones e per formulas, la remissione di debiti e le

manomissioni; di fatto ha la libertà di alienare res nec mancipi e di compiere ogni atto di

acquisto. Tutor legitimus è lʼagnato prossimo per la donna ingenua, mentre il patronus per

la liberta; lʼesercizio della tutela può però essere trasferito ad altri mediante ʻin iure cessio

tutelaeʼ. Oltre alla tutela legittima, esiste quella testamentaria, nella quale la scelta del

tutore può essere lasciata dal pater familias alla stessa donna. Eʼ tra il resto in uso, al fine

di scegliersi autonomamente il tutore, la pratica di assoggettarsi alla manus di una

persona di fiducia tramite coemptio, la quale persona si impegna poi ad emanciparla

divenendo automaticamente tutore fiduciario.

80. Manumissione del servo dellʼusufruttuario e del condomino

Riguardo alla manomissione del servo in condominio, bisogna partire dallʼetà arcaica

in cui il problema si poneva riguardo al consortium (che si costituiva automaticamente alla

morte del pater familias tra più heredes sui): in questo istituto, ognuno dei partecipanti è

proprietario dellʼintero, per cui la manumissione del servo da parte di uno degli eredi, lo

libera immediatamente (salvo la possibilità degli altri eredi di porre tempestivamente un

veto). Il regime giuridico della ʻcommunioʼ è invece diverso, poichè ciascun partecipante

alla comunione è titolare di una pars pro indiviso, ossia una quota, non dellʼintero. Di

conseguenza, la manumissione di uno dei comproprietari non rende libero lo schiavo, ma

dà luogo ad accrescimento in favore degli altri: il servo acquista la libertà quando tutti i

comproprietari compiono lʼatto di affrancazione. Giustiniano modifica ulteriormente la

disciplina in questo campo, imponendo ai comproprietari che non intendano rinunziare al

servo di vendere la propria quota al contitolare che vuole procedere alla manumissione.

Diversa disciplina si trova invece nel caso in cui un servo sia dato in usufrutto, nel

momento in cui lʼusufruttuario scelga di manometterlo. Dal momento che lʼusufruttuario

non ha il dominium sul servo, la sua affrancazione non può essere pienamente liberatoria:

lo schiavo si trova in una situazione di libertà temporanea, nel senso che fino al termine

del diritto di usufrutto, egli non dovrà prestare alcun servizio. Alla scadenza del diritto di

usufrutto, però, la proprietà su di lui si ri-espanderà e tornerà verso il suo dominus in

situazione di servitù piena. Da questa caratteristica, si capisce che è inutile la

manomissione del servo da parte dellʼusufruttuario se fatta mortis causa: dal momento che

lʼusufrutto si estingue con la morte dellʼusufruttuario, il servo non ne trarrebbe alcun

vantaggio.

81. Duplicità delle azioni spettanti al commodante e ragioni

Il comodato è un contratto reale bilaterale imperfetto con cui il comodante consegna

al comodatario una o pià cose mobili con lʼimpegno del comodatario di restituire le stesse

cose: la differenza rispetto al deposito sta nel fatto che il comodatario può utilizzare le

cose in oggetto. Privo di protezione giuridica nel diritto antico, al comodato dà tutela

giuridica il pretore con unʼactio commodati in factum in simplum; nella prima età classica a

questa si affianca unʼactio commodati in ius ex fide bona alternativa rispetta a quella in

factum. Da ciò la qualifica del contratto quale istituto del ius civile e insieme del ius

gentium. Le due azioni sono esperibili dal comodante fondamentalmente per la

restituzione della cosa, ma lʼazione di buona fede serve prevalentemente a valutare i

danni arrecati alla cosa data in commodato. Viene poi introdoto un iudicium contrarium

commodati spettante al comodatario soprattutto per spese e danni, a fronte del quale

lʼactio commodati cui è legittimato il comodante viene comunemente detta actio directa.

82. Errore ostativo

Lʼerrore ostativo si verifica quando, per una svista, per cattiva conoscenza della

lingua o più spesso per ignoranza del modo di esprimersi e di comportarsi, un soggetto

manifesta una volontà diversa dal suo intimo volere (ad esempio, dice di voler donare a

Tizio quando in realtà vuole donare a Caio). Nel diritto romano, i giureconsulti tendono a

non dare rilievo a questo tipo di errore, considerando pertanto valido ed efficace il negozio

concluso. Con il tempo, si decide però di dare rilievo alle discordanze tra manifestazione e

volontà, negando che il negozio concluso in questa maniera sia valido e produttivo di

effetti, purché siano presenti alcuni requisiti: 1. ci sia una prova certa della discordanza; 2.

la vittima della discordanza abbia tenuto, per parte sua, un comportamento scusabile; 3.

non siano stati lesi diritti di terzi estranei al negozio.

Diverso dallʼerrore ostativo è il cosiddetto errore vizio, che incide sul processo formativo

della volontà, e non sulla sua trasmissione alla controparte.

83. Fatti costitutivi e estintivi, modificativi e impeditivi nel processo

Il processo per legis actiones è suddiviso in due fasi: in iure (davanti al magistrato,

avente lo scopo di fissare con precisione i termini della controversia) e apud iudicem

(davanti ad un giudice privato nominato dalle parti, che ha il ruolo di emanare la

sentenza). Elemento necessario allʼinizio del processo è la partecipazione delle parti:

lʼattore deve assicurarsi la presenza del convenuto, utilizzando la forza se necessario, e il

convenuto aveva lʼobbligo di difendersi. Nel caso in cui il convenuto si rifiutasse di

difendersi, incomberebbe in ʻindefensioʼ: in questo caso il pretore può autorizzare lʼattore a

immettersi nel possesso di tutti i beni dellʼindifensus (per le azioni in personam), o può

consegnare la res contestata direttamente allʼattore (per le azioni in rem). Risultato

analogo si ottiene se nella fase apud iudicem, il convenuto non si presenta entro

mezzogiorno: la lite viene decisa ipso iure a favore dellʼattore. Nel caso ci sia un

impedimento per una delle parti che non permetta la partecipazione al processo, è

permesso che vengano sostituite da un procurator, ma fondamentale rimane la presenza

(diretta o indiretta) di entrambe le parti. Nel processo per formulas, il processo si

costituisce per intero con la fase della litis contestatio, ossia quando la formula viene letta

da attore e convenuto e accettata dal pretore; la fase precedente è dibattimentale, e se in

quella sede il convenuto sceglie di adempiere al suo obbligo o di consegnare lʼoggetto in

questione, non si arriva ad alcuna sentenza di condanna. Stesso risultato si può ottenere

inserendo nella formula una particolare clausola arbitraria per cui il giudice, prima di

pronunziare la condanna, deve invitare il convenuto a restituire, e condannarlo solo in

caso di mancata restituzione.

84. Elencazione delle cinque legis actiones

Le legis actiones possono dividersi in due gruppi: l. a. dichiarative (sacramenti, per

iudicis arbitrive postulationem, per condictionem) e l. a. esecutive (per manus iniectionem

e per pignoris capionem).

La legis actio sacramenti consiste in una sorta di scommessa fatta dalle parti in lite,

seguita da un giuramento solenne di pagare allʼerario quella determinata somma in caso

di soccombenza. La l. a. sacramenti in rem è utilizzata per la tutela di posizioni giuridiche

soggettive assolute, cioè per far valere un diritto reale su una cosa. Il bene contestato

viene p

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A.A. 2012-2013
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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher nicola.berardi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Zuccotti Ferdinando.