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CASI DI RESPONSABILITA’ OGGETTIVA “MISTA”: LA PRETERINTENZIONE
Dall’art. 42 si deduce che il legislatore considera la preterintenzione come un criterio autonomo di iscrizione di
responsabilità, diverso dal dolo, dalla colpa e dalla responsabilità oggettiva. Le ipotesi di preterintenzione nel nostro
codice sono 2:
1. OMICIDIO PRETERINTENZIONALE: (584 c.p.) quando un soggetto, con atti diretti a percuotere o ledere,
cagiona (involontariamente) la morte di un uomo.
2. ABORTO PRETERINTENZIONALE: (art. 18 legge 1978) quando, con azioni dirette a provocare lesioni, si
cagiona come effetto non voluto l’interruzione della gravidanza.
In realtà, il delitto preterintenzionale non delinea un nuovo modello di responsabilità, ma costituisce piuttosto un’ipotesi
di “dolo misto a responsabilità oggettiva”: secondo l’art. 43 comma 2 il delitto è “preterintenzionale o oltre l’intenzione,
quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente”.
L’azione diretta a provocare l’evento meno grave, in quanto tale evento è voluto, è certamente dolosa. Quanto all’evento
più grave non voluto, la legge si limita ad affermare che deve essere conseguenza della condotta, ma non richiede
espressamente che sia commesso con colpa: se ne deduce che l’evento più grave viene accollato sulla base del semplice
nesso di causalità materiale e dunque c’è responsabilità oggettiva (es. A dia una violenta spinta a B facendolo cadere per
le scale al solo fine di provocargli lesioni personali e che B, invece, muoia in seguito alle gravi ferite. Ora, secondo la
disposizione del 43 comma 2 c.p., basta ai fini della responsabilità, che l’evento morte sia causalmente riconducibile
alla spinta diretta a ledere). La opposta tesi che ravvisa nella preterintenzione un misto di dolo e colpa, fa leva
sull’argomento che nella specie si sia in presenza di un caso di colpa per inosservanza delle leggi: precisamente,
l’evento più grave non voluto conseguirebbe alla violazione della norma penale che vieta l’azione (dolosa) diretta a
commettere il reato meno grave. Obiezione: la colpa per inosservanza di leggi consegue alla violazione non di una legge
qualsiasi, ma soltanto di quelle a finalità precauzionale, aventi specificamente per scopo l’impedimento di eventi del
tipo di quello che si verifica. Proprio sulla scorta di tali obiezioni critiche non sorprende che, nell’ambito del più recente
progetto di riforma del codice, si preveda l’abrogazione della preterintenzione.
I REATI AGGRAVATI DALL’EVENTO
Si definiscono “aggravati dall’evento” i reati che subiscono un aumento di pena per il verificarsi di un evento ulteriore
rispetto ad un fatto base che già costituisce reato. Il fenomeno dei reati aggravati dall’evento è riscontrabile soprattutto
nell’ambito dei reati commissivi dolosi (es. il reato di avvelenamento di acque o sostanze alimentari è punito più
gravemente, se dal fatto deriva la morte di qualcuno). L’evento aggravatore viene accollato al’agente in base al mero 53
nesso causale, e perciò a prescindere da qualsiasi requisito di colpevolezza. Tradizionalmente si distinguono due gruppi
di reati aggravati dall’evento a seconda che:
- E’ INDIFFERENTE CHE L’EVENTO AGGRAVANTE SIA VOLUTO O NO: (es. delitti di falsità in
valori pubblici, rimangono tali a prescindere dalla volizione o meno dell’evento aggravatore:
diminuzione del prezzo della valuta).
- LA VOLONTA’ DELL’EVENTO PIU’ GRAVE COMPORTA L’APPLICABILITA’ DI UNA
DIVERSA FATTISPECIE PENALE: (es. maltrattamenti in famiglia).
Nonostante tutto, il vero problema è costituito dalla dibattuta questione della natura giuridica dei reati in esame. Al
momento dell’emanazione del codice (’30), era fuori discussione che tutte le ipotesi di delitti aggravati dall’evento
rientrassero nel paradigma della responsabilità oggettiva: si riteneva che l’evento aggravatore fosse da attribuire al
soggetto in base al semplice nesso di causalità materiale. A seguito della riforma del ’90, il regime di imputazione delle
circostanze aggravatrici non risponde più alla logica della responsabilità oggettiva, ma presuppone qualcosa di simile
alla colpa come coefficiente minimo di responsabilità, sottoforma di conoscenza o conoscibilità del fatto aggravato
dall’evento. Così, a questo nuovo regime di imputazione soggettiva non si sottraggono neppure le circostanze che
investono i delitti aggravati dall’evento. Precisiamo che rispetto a questi eventi, dovrà richiedersi come requisito
soggettivo di imputazione la rappresentanza o rappresentabilità, o previsione o prevedibilità.
CONDIZIONI OBIETTIVE DI PUNIBILITA’
Secondo l’art. 44 c.p., quando per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole
risponde del reato, anche se l’evento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non è da lui voluto. La presenza
della responsabilità oggettiva è dovuta alla circostanza che l’evento-condizione può verificarsi a prescindere da
qualsiasi relazione psicologica col soggetto. Le condizioni di punibilità si distinguono in “intrinseche” ed “estrinseche”,
a seconda che contribuiscono o no ad approfondire la lesione dell’interesse protetto. Orbene, il secondo presupposto
perché sorga un problema di responsabilità oggettiva è che si tratti di condizione di punibilità non estrinseca, ma che
appunto incide sulla lesione del bene protetto. Ciò premesso, è da ritenere che anche l’attribuzione a titolo puramente
oggettivo delle condizioni intrinseche di punibilità finisca col contrastare col principio della responsabilità personale
colpevole ex art. 27 comma 1 Cost..
PARTE VI – CONCORSO DI REATI E DI NORME
CAPITOLO 1 – CONCORSO DI REATI
Normalmente ad una condotta umana corrisponde un reato; a più condotte, più reati. Può anche accadere, tuttavia, che
nei confronti di una stessa condotta confluiscano più norme incriminatrici: così si potrà avere concorso di reati o
concorso apparente di norme. Il concorso di reati si distingue in:
- MATERIALE: quando uno stesso soggetto, con più azioni od omissioni, realizza più reati. In tal caso
si applicano tante pene quanti sono i reati.
- FORMALE: quando uno stesso soggetto commette più reati, con una sola azione od omissione. In tal
caso si applica la pena prevista per la violazione più grave aumentata fino al triplo (art. 81 c.p.).
Il concorso apparente di norme ricorre quando una medesima condotta soltanto in apparenza risulta riconducibile a più
fattispecie incriminatrici, ma in realtà integra un solo reato.
UNITA’ E PLURALITA’ DI AZIONE
Punto di partenza della teoria del concorso di reati è la distinzione tra unità e pluralità di azione. Ma quando si è in
presenza di un’unica azione? Si ha una azione quando si realizzano i presupposti minimi che integrano la fattispecie
incriminatrice, anche se la condotta tipica (in senso naturalistico) risulta dal compimento di più atti (es. azione omicida
che rimane unitaria anche se commessa con pluralità di colpi di pugnale). Unità di azione si ha pure quando già la stessa
fattispecie astratta richiede la realizzazione di più atti ai fini della sussistenza del reato (es. rapina, che per definizione è
accompagnata da violenza o minaccia). Unità di azione si ha anche nei “delitti di durata” (es. sequestro di persona,
realizzato mediante reiterazione di comportamenti per impedire la libertà del sequestrato). Ma vi possono essere delle
difficoltà: un ladro che con molteplici e successivi atti di sottrazione, si impossessi di tutti gli oggetti di un magazzino;
siamo in presenza di un’azione furtiva unica o di più azioni furtive? Così, per determinare il carattere unitario
dell’azione si richiede il duplice requisito della “contestualità degli atti” e “dell’unicità del fine”. Così, più azioni in
senso naturalistico si ricompongono in un’azione giuridicamente unitaria se unico è lo scopo che le sorregge e se si
susseguono nel tempo senza apprezzabile interruzione. La considerazione dell’unicità sia di scopo che di contesto non
va, però, disgiunta dalla contemporanea ricognizione del significato normativo delle fattispecie che vengono di volta in
volta in questione, così come si può ricostruire in sede interpretativa (es. se Tizio ruba un’arma per utilizzarla per
costringere subito dopo una donna ad avere rapporti carnali, si avranno non un’unica azione, ma distinte azioni di furto
e violenza carnale). Nei “reati colposi” sussiste unità d’azione se, nonostante la violazione di più obblighi di diligenza,
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l’evento tipico si è verificato una sola volta. Laddove si siano verificati più eventi tipici o lo stesso evento si sia
verificato più volte, bisognerà stabilire se l’autore, tra un evento e l’altro, fosse o no in grado di adempiere all’obbligo
di diligenza, nel primo caso si avrà “pluralità”, nel secondo “unità d’azione”. Nell’”illecito omissivo improprio”, è da
ritenere che sussista una sola omissione se il garante poteva impedire i diversi eventi solo attivandosi
contemporaneamente; si configurano, invece, diverse omissioni se, dopo il verificarsi del primo evento, gli altri
potevano ancora essere impediti. Nell’ambito dei “reati omissivi propri”, si verifica una pluralità di omissioni, se
l’omittente viola contemporaneamente più obblighi di condotta, ma i diversi obblighi potevano essere adempiuti uno
dopo l’altro.
CONCORSO MATERIALE
Si ha concorso materiale quando un soggetto realizza, con più azioni od omissioni, più violazioni della stessa (concorso
materiale “omogeneo”) o di diverse norme incriminatrici (concorso materiale “eterogeneo”). Ad es. B in un primo
momento uccide Tizio e dopo qualche tempo uccide Caio. Al concorso materiale di riferiscono due norme del c.p.: l’art.
71, ipotesi in cui con una sola sentenza o con un solo decreto si deve pronunciare condanna per più reati contro la stessa
persona; l’art. 80, ipotesi in cui, dopo una sentenza o decreto di condanna, si deve giudicare la stessa persona per un
altro reato commesso anteriormente o posteriormente alla condanna. Il Codice Rocco, abbandonando il regime del
“cumulo giuridico&rdq