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FINE DI RELIGIONE E DI CULTO: SIGNIFICATO
Quando nelle intese e nell’accordo dell’84 il legislatore ha scritto questo fine di religione e di culto,
ha deciso con una legge bilaterale di definire che cosa si intendesse per fine di religione e di culto.
Soprattutto nella legge 222/1985 (attuazione dell’accordo dell’'84) e nelle intese con confessioni
non cattoliche sono previste elenchi di materie escluse dal fine di religione e di culto.
Dato che sono fonti bilaterali, l’elencazione non è sempre identica. Ci sono differenze tra le varie
intese e con la legge 222/1985. Differenze però piccole e collegate alla specificità della
confessione.
Legge 222/1985: attuazione dell’accordo dell’'84. Articolo 16. Legge che esegue una parte del
concordato, legata al riconoscimento degli enti ecclesiastici.
“16. Agli effetti delle leggi civili si considerano comunque: a) attività di religione o di culto quelle
dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi
missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana; b) attività diverse da quelle di religione o di
culto quelle di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attività
commerciali o a scopo di lucro.”
L’interpretazione CIVILE del fine di religione e di culto è restrittiva. Esclude tutte le ricadute
mondane dell’attività di religione e di culto (assistenza e beneficienza, istruzione, cultura), e
restringe le attività con fine di religione e di culto ad ambiti strettamente religiosi (catechesi, cura
delle anime, ecc ecc). Questo è per quanto riguarda la religione cattolica.
“26. 1. La Repubblica italiana prende atto che secondo la tradizione ebraica le esigenze religiose
comprendono quelle di culto, assistenziali e culturali. 2. Agli effetti delle leggi civili si considerano
peraltro: a) attività di religione o di culto, quelle dirette all'espletamento del magistero rabbinico,
all'esercizio del culto, alla prestazione di servizi rituali, alla formazione dei rabbini, allo studio
dell'ebraismo e all'educazione ebraica; b) attività diverse da quelle di religione o di culto, quelle di
assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura, e, comunque, le attività commerciali o
a scopo di lucro.”
Si dà conto della specificità di questa confessione. La Repubblica prende atto delle esigenze
religiose dell’Ebraismo: di conseguenza le materie comprese saranno condizionate da questa
presa d’atto.
L’elencazione comunque è molto simile. Nelle intenzioni del costituente il fine di religione e di culto
è un fine orientato verso il culto che porta a una restrizione delle materie coinvolte. Lo speciale
regime di autonomia degli enti ecclesiastici doveva essere espressamente collegato allo
svolgimento dei riti del culto, farlo rientrare nell’ambito proprio della confessione e non dello Stato.
I soggetti tutelati dall’articolo 20 sono tutti quegli enti riconosciuti come tali ai sensi della normativa
pre-intese (culti ammessi e patto lateranense) e siano riconosciuti tali ai sensi della nuova
normativa e che indipendentemente da qualsiasi riconoscimento perseguono un fine di religione e
di culto.
La norma vuole evitare che in futuro si creino situazioni spiacevoli. Voleva evitare trattamenti
pregiudizievoli.
AMBITO OGGETTIVO: COSA TUTELA: Questa norma è stata ritenuta completamente inutile per
molto tempo. Perché è pleonastica. È una mera applicazione del principio di uguaglianza alla
realtà dei principi ecclesiastici. Si poteva non scrivere perché secondo la maggior parte della
dottrina l’articolo 3, destinato fondamentalmente alle persone fisiche, però è anche vero che la
dottrina sostiene che sia un canone che limita il legislatore e regola tutta la vita dell’ordinamento,
indipendentemente da persone fisiche o giuridiche.
È vero che l’articolo 3 non si applica direttamente alle persone giuridiche, però se si discrimina tra
persona giuridica e persona giuridica creando trattamenti deteriori si discriminano le persone che
fanno parte delle persone giuridiche. Ad ogni modo si applica.
L’art. 20 è un’applicazione specifica del principio di uguaglianza agli enti ecclesiastici.
Per certi versi completa il microcosmo delle norme costituzionali regolanti il fenomeno religioso.
PARAMETRO DI COMPARAZIONE: L’art. 20 è tutto in negativo: non possono essere fatti speciali
gravi fiscali ecc ecc. Presuppone nella sua struttura una comparazione ma non inserisce il
parametro di comparazione. Speciale rispetto a cosa? Rispetto agli enti che non sono religiosi.
Speciale rispetto a enti senza scopo di religione e senza carattere ecclesiastico. Ma comunque
quali? Persone giuridiche di diritto privato o di diritto pubblico? In questo momento storico questo
art. 20 non ha più significato, perché molto difficile vedere nell’ordinamento situazioni normative
deteriori solo per gli enti con fini di religione e di culto. È più facile prevedere situazioni di favore
per questi enti. Anche se il fine di assistenza e beneficienza è espressamente escusso dai fini di
religione e di culto (es: la CARITAS, astrattamente non ricompresa tra gli enti ecclesiastici), esiste
però un canone generale del diritto tributario per cui il fine di religione e di culto è accomunato a
fini fiscali ai fini di assistenza e beneficienza. Le normative fiscali e tributarie italiane accomunano il
fine di assistenza e beneficienza al fine di religione e di culto. È un favore proposto
dall’ordinamento.
Molto più immediato e utile cambiare il parametro di comparazione. Leggere l’articolo 20 dal punto
di vista del contenuto in combinato disposto con tutte le altre norme costituzionali regolanti il
fenomeno religioso e soprattutto con l’articolo 8.1. Il parametro di comparazione si trova in un’altra
categoria: enti con fini di religione e di culto appartenenti a confessioni diverse.
Questo articolo infine assume importanza notevolissima leggendolo sotto questo nuovo aspetto.
Diventa importante perché fondamentalmente diventa un canone essenziale in un ambito che
fuoriesce completamente dal diritto speciale delle intese. Finisce per intaccare da vicino tutto il
mondo confessionale che non si è organizzato in confessione religiosa apicale e vive di
associazioni e istituzioni (es: islam).
L’articolo 20 a queste organizzazioni dice che si applicherà un canone di ragionevolezza e che il
loro trattamento sarà equidistante nei confronti di associazioni e istituzioni indipendentemente dalla
confessione di appartenenza (o eventuale appartenenza: possono non appartenere a nessuna
religione). Se viene interpretato in quest’ottica, questo articolo è la norma più violata della
costituzione. Sono infinite le norme che violano questo canone di ragionevolezza. Gli enti di
confessioni con intesa sono riconosciute con decreto del ministro dell’interno. Gli enti di
confessioni senza intesa c’è il decreto del presidente del consiglio dei ministri, parere dei ministri e
del consiglio di stato: tutti organi politici. Queste sono violazioni palesi dell’articolo 20. Altra
violazione: la legge sui culti ammessi prevede che la vita dell’ente morale riconosciuti con
procedimento aggravato sono sottoposti a controlli amministrativi periodici e possono anche
essere soppressi nell’eventuale caso in cui l’autorità amministrativa riscontrasse irregolarità nei
controlli.
Perdita della personalità giuridica o revoca della stessa come ente ecclesiastico tutte le volte il fine
di religione e di culto smette di essere costitutivo o prevalente: previsto dall’accordo dell’'84.
Giurisprudenza costante del Consiglio di Stato non riconoscere agli enti con fini di religione e di
culto la strada dell’associazione privata perché esiste una legge speciale (culti ammessi). La legge
speciale dovrebbe prevalere sulla legge generale (codice civile e sue modifiche) e quindi questi
enti religiosi qualora aspirassero al riconoscimento dovrebbero farlo nel rispetto della legge sui
culti ammessi. Quindi utilizzando la procedura aggravata. Non è consentito agli enti religiosi quindi
di seguire la strada che è consentita agli altri enti con qualsiasi altro fine. Questa è una deriva
recente ed è una violazione dell’articolo 20, in cui il parametro è quello delle persone giuridiche
senza fine di religione e di culto.
Questo passaggio negli ultimi tempi sta cominciando ad avere una vita complicata. Dimostrato
dalla pluricitata legge regionale lombarda sull’edilizia di culto (nata nel 2005 e modificata nel 2015
l’ultima volta). In questa legge si nota una violazione dell’articolo 20 in relazione al fine di religione
e di culto. Tra tutte le varie modifiche subite dalla legge dal 2005 fino ad oggi (per restringere la
libertà di culto), tra questi interventi uno in particolare in relazione all’articolo 20 dice che se si
vuole chiedere un cambio di destinazione d’uso (uso un immobile come esercizio commerciale e lo
utilizzerò come abitazione privata: devo chiedere un cambio di destinazione d’uso). Un articolo di
questa legge dice che il cambio di destinazione d’uso è da non richiedere e nessuna modifica dello
stato dell’immobile io posso evitare il permesso di chiedere la costruzione. Però questo non vale
per i cambi di destinazione d’uso per immobili con fine di religione e di culto. Destinare un
immobile a attività di culto, anche se non devo fare un’opera all’interno devo chiedere un permesso
a costruire anche se l’immobile rimane identico. Normativa incostituzionale. Il tar e consiglio di
stato hanno detto che questa deroga ha un senso: per adibire un luogo a luogo di culto c’è impatto
ambientale di un certo tipo. L’ambiente verrà modificato in senso sostanziale. (Più persone
comportano necessità di parcheggi ulteriori ecc ecc). Essendoci motivazione sensata la regola non
viola l’articolo 20. Evidentemente c’è un controllo di altro tipo: controllare in modo capillare ogni
movimento delle confessioni.
11/11/15
Matrimoni trascritti nascono del 1929
Matrimonio concordatario è il matrimonio religioso trascritto che nasce nel 1929 con una propria
specificità, ontologicamente diverso. Caratteristiche che verranno progressivamente meno con
l'entrata in vigore della Costituzione, poi con l'Accordo, poi ancora meno con sentenze giure
giurisprudenziali. L'unica sostanziale differenza con le altre confessioni è la possibilità di
riconoscere agli effetti civili le sentenze di nullità canoniche. Regolato dall'art. 3