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INDICE:
1. Premessa
2. Libertà di stampa e diritto all'oblio
3. Proposta di Regolamento sulla protezione dei dati personali, Commissione
Europea
4. Dibattito sul diritto all'oblio
5. La sentenza Wegrzynowski e Smolczewskyi, eliminazione o modifica
6. La giurisprudenza della Corte di Strasburgo
7. Caso Google Spain SL, responsabilità dei motori di ricerca
8. La Corte di Cassazione, riconoscimento del diritto all'oblio
9. Conclusione
Carlo Pasquali 2
Facoltà di Economia “Giorgio Fuà” anno accademico 2013/1014
1) Premessa
L'evoluzione tecnologica ha portato rapidi cambiamenti nelle tematiche relative alla
protezione dei dati personali, come diretta conseguenza della capacità del web di
conservare per molto tempo informazioni facilmente accessibili a tutti. Lo sviluppo della
comunicazione ha richiamato quindi le forze politiche e giudiziarie a revisionare tale
campo.
Attualmente la materia che riguarda la protezione dei dati personali è disciplinata a
livello europeo dalla Direttiva 95/46/EC del Parlamento europeo e del Consiglio del
24.10.1995.
2) Libertà di stampa e diritto all'oblio
Il diritto all'oblio, di derivazione giurisprudenziale, consiste nel diritto a non restare
indeterminatamente esposti ai danni che la reiterata pubblicazione di una notizia può
arrecare all'onore e alla reputazione, salvo che, per eventi sopravvenuti, il fatto precedente
ritorni di attualità e rinasca un nuovo interesse pubblico all'informazione. Essendo
integrato nel diritto all'identità personale, esso rientra tra i diritti fondamentali garantiti
dall'articolo 2 della Costituzione.
In maniera indiretta esso favorirebbe anche la funzione rieducativa della pena,
espressa nell'articolo 27, c. 3 Costituzione.
In Italia la libertà di stampa è sancita dall'articolo 21 della Costituzione, e lo Stato si
è impegnato a rispettare lo stesso principio presente anche nella Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione, che riconosce la libertà di espressione e d'informazione.
3) Proposta di Regolamento sulla protezione dei dati personali, Commissione
Europea
Viviane Reading, Commissaria UE per la Giustizia e i Diritti fondamentali, ha
proposto il 25 gennaio 2012 una riforma globale per la tutela della privacy degli utenti web
che dovrebbe essere trasformata in legge da tutti gli stati membri entro il 2015. I fornitori di
servizi online sarebbero obbligati a passare dalla regola dell'opt-out (i dati dell’utente, a
meno di una sua esplicita richiesta, appartengono al fornitore) a quella dell’opt-in (i dati
appartengono solo all’utente, è lui a decidere come usarli) , consentendo agli utenti di
sentirsi più sicuri nell'utilizzare il web.
La riforma proposta verte su quattro punti:
Possibilità di chiedere “che i propri dati personali siano cancellati o trasferiti altrove
• e non siano più processati laddove non siano più necessari in relazione alle finalità
per cui erano stati raccolti”.
Maggiore trasparenza e controllo sui dati: obbligo di tenere aggiornato ogni
• cittadino sul trattamento e la gestione dei propri dati da parte di aziende con sede
locale in Europa. I gestori dovranno indicare il tipo di dati che posseggono, gli scopi
per cui verranno usati, l'eventuale trasferimento a terzi e il periodo di conservazione
all'interno del database. Inoltre ogni utente dovrà fornire un consenso esplicito
all'utilizzo dei propri dati da parte delle aziende.
Obbligo dei Social Network di provare che la conservazione di una certa
• informazione è necessaria, e di avvertire tempestivamente l'utente (entro 24 ore)
qualora le sue informazioni vengano rubate.
Carlo Pasquali 3
Facoltà di Economia “Giorgio Fuà” anno accademico 2013/1014
Impossibilità di richiesta da parte dei cittadini europei di rimozione di dati che li
• riguardano dai database delle testate giornalistiche.
4) Dibattito sul diritto all'oblio
Vinton Gray Cerf, noto come Vint Cerf è, insieme a Bob Kahn, uno dei padri della
Rete. Insieme inventarono il protocollo TCP/IP, cioè il linguaggio comune con cui i
computer connessi a internet sono interconnessi e comunicano tra loro. Da questa
invenzione è nata quindi la rete internet, e la possibilità di scambiare facilmente e
velocemente informazioni.
Vint Cerf sostiene che le normative sul diritto all'oblio, al vaglio dell'Unione Europea,
costituiscono una pericolosa minaccia per la libertà di espressione su cui si fonda il mondo
di Internet. Esso ormai è divenuto un enorme archivio di informazione, unico nel suo
genere, in cui tutto si conserva e nulla si dimentica. Consentendo a questa nuova forma di
diritto di eliminare voci o notizie dai database, verrebbe così distrutto il motivo
dell'esistenza di Internet.
Parallelamente alle critiche mosse dai conservatori, l'estensione del diritto all'oblio
al mondo del web ha creato una serie di dibattiti su diversi punti, come:
a quanti anni di distanza dai fatti può essere esercitato il diritto dell'individuo ad
• ottenere la cancellazione dei propri dati;
quali sono gli elementi che, anche a distanza di tempo, potrebbero giustificare la
• persistenza di tali dati negli archivi online;
il centro di responsabilità, che può variare tra il proprietario del sito e il motore di
• ricerca.
5) La sentenza Wegrzynowski e Smolczewskyi, eliminazione o modifica
La Corte europea dei diritti dell'uomo si è pronunciata, con la sentenza 16 luglio
2013, sull'equilibrio tra libertà di stampa e diritto alla reputazione nei casi di diffusione di
articoli attraverso internet.
Il caso riguardava la pubblicazione di un articolo on-line, che secondo i ricorrenti,
due avvocati, era di carattere diffamatorio.
La problematica sorta durante il processo verteva sul web. I due avvocati, al
contrario della Corte, sostenevano che il termine archivio indicasse un insieme di
documenti che hanno perso di attualità, e che quindi non potessero essere applicate le
stesse regole al caso in questione, che invece riguardava il database del sito.
La Corte di Strasburgo non ha reputato fondata la violazione del diritto alla vita
privata, bilanciando la tutela di questo diritto con la libertà di espressione prevista
dall'art.10 della Convenzione.
La richiesta di rimozione dell'articolo di giornale on-line dal sito internet è stata
quindi respinta, ma si è intimato al proprietario del sito di aggiungere una nota nell'articolo
che informi il pubblico sulla pronuncia del tribunale con cui si è accertato il carattere
diffamatorio. In questo caso, vengono quindi inseriti nella tutela della libertà di espressione
gli archivi web dei giornali.
6) La giurisprudenza della Corte di Strasburgo
L'articolo 10 della Convezione europea, enuncia al comma 1: “Ogni persona ha
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diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di
ricevere o comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte
delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. Il presente articolo non
impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di
radiodiffusione, di cinema o di televisione.”
Nel ribadire tale principio la Corte di Strasburgo ha garantito la tutela di diversi
supporti utilizzati a tali fini, sottolineando che le restrizioni che concernono i mezzi di
comunicazione incidono anche sulla libertà di ricevere e comunicare informazioni.
A conoscenza dell'evoluzione tecnologica, è stata comunque riconosciuta la
diversità tra la stampa e la pubblicazione su internet, ribadendo la possibilità di prevedere
una diversa disciplina tra i due media.
La Corte ha riconosciuto l'importanza della funzione di archivio, evidenziando la
scelta di non imporre obblighi di rimozione di notizie diffamatorie dal sito web di un
giornale on-line (sentenza Wegrzynowski e Smolczewskyi).Ha considerato idoneo
l'inserimento nell'articolo conservato nell'archivio on-line di una nota che informasse
dell'avvenuta sentenza che ne ha accertato il carattere diffamatorio o dello svolgimento di
un procedimento volto a tale accertamento.
Questa misura tuttavia non viene applicata sempre, sia nella legislazione sia nella
giurisprudenza di altre Corti; a volte, infatti, si opta per la cancellazione dell'intero testo.
Altro argomento sul quale la Corte si è pronunciata è stata la responsabilità
continua. Storicamente era prassi usare la regola del common law, secondo cui ogni
pubblicazione diffamatoria dà luogo ad un autonomo motivo di azione, e rispettando tale
regola, la nuova consultazione di un articolo costituirebbe motivo per l'azione diffamatoria.
Essendo questo principio di origini antecedenti alle pubblicazioni di massa,
attualmente è stato sostituito dalla regola della singola pubblicazione, e per tutelare
ulteriormente la stampa, è stato fissato un tempo circoscritto entro il quale si può
esercitare l'azione diffamatoria, dando il tempo così ai giornali di potersi attivare senza
essere ostacolati dal passaggio del tempo.
7) Caso Google Spain SL, responsabilità dei motori di ricerca
L'Avvocato Generale della Corte di Giustizia Jääskinen ha reso, in data 25 giugno
2013, le proprie conclusioni con riferimento al caso Google Spain SL, che vedeva in
contrasto Google Inc. e l'Agencia Española de Protección de Datos.
La vicenda nacque dalla richiesta con la quale un cittadino spagnolo aveva cercato
di ottenere, prima dall'editore e poi da Google, la rimozione di alcuni dati personali
pubblicati su un articolo di giornale ritenuti non più attuali.
Su ricorso dell'interessato, l'Agenzia spagnola aveva ordinato a Google di
rimuovere i dati, ottenendo però un rifiuto, in quanto Google aveva rilevato che un
intervento del genere potesse configurare un'indebita compromissione della libertà di
espressione dei gestori di siti internet.
La Corte suprema spagnola solleva dunque, di fronte alla Corte di Giustizia,
questioni pregiudiziali relative all'applicabilità della Direttiva 95/46/CE, e al diritto all'oblio
del soggetto in questione.
In particolare l'Avvocato Generale ha distinto tre categorie in questione: il primo
attiene all'applicabilità territoriale della Direttiva; il secondo alla responsabilità di gestore di
un motore di ricerca come Google alla luce delle disposizioni della