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VINCOLI DI SCOPO

Il contratto aziendale può esercitare questi suoi poteri straordinari se lo fa per:

1) Mantenere livelli occupazionali.

2) Migliorare competitività dell’impresa.

3) Consentire o incentivare investimenti sull’impresa. Es. Marchionne decide di investire su un’azienda

ma voleva una resa dell’investimento cambiando i ritmi di lavoro, ecc. 26

4) Evitare riduzione di personale.

Il vincolo di scopo è molto blando perché tutti questi contratti che modificano le disposizioni del contratto

nazionale potranno sempre dimostrare che quelle modifiche garantiscono all’impresa una maggiore facilità

di movimento. Riducendo le garanzie si riduce il costo del lavoro.

ELENCO DI MATERIE

Questi poteri possono essere esercitati solo in certi ambiti molto estesi.

1) Modalità di assunzione del personale: se il datore di lavoro vuole assumere in un determinato

modo particolare (contratto a progetto, part time, ecc), tutti questi contratti sono regolati da una

legge ad hoc e prevedono una serie di requisiti. Il contratto a termine non è libero perché ha il

contratto a forma scritta ad substantiam e deve indicare la ragione dell’assunzione. Se essa non è

indicata o è indicata a modo generico il giudice converte il contratto a tempo determinato in un

contratto a tempo indeterminato. Il contratto aziendale può derogare in materia di legge nel senso

che può facilitare delle assunzioni.

2) Gestione della forza lavoro con riguardo allo ius variandi: spostamento dei lavoratori da una

mansione ad un'altra (anche in peius).

3) Conseguenze derivanti dal licenziamento illegittimo. C’è una legge che determina queste

conseguenze che si producono se il licenziamento è illegittimo. L’art. 8 dice che in sede aziendale il

sindacato può neutralizzare quelle conseguenze.

4) Installazione di impianti con finalità di controllo, anche a distanza, dei lavoratori. La materia dei

controlli dell’attività lavorativa è molto delicata, perché prima ci voleva l’autorizzazione dei

sindacati, mentre ora si decide tutto dentro l’azienda.

5) Tante altre materie.

RISPETTO DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI, COMUNITARI ED INTERNAZIONALI

Visto che l’ampiezza delle materie ha fatto molto discutere in sede di conversione è stata introdotta una

parte che dice che cmq il contratto aziendale, pur esercitando la facoltà di deroga, non può violare i

principi costituzionali in materia di lavoro, comunitari ed internazionali.

Le norme costituzionali in materia di lavoro sono:

Art. 35: la repubblica tutela il lavoro in tutte le sue organizzazioni.

Art. 36: il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata e sufficiente.

La voce retributiva che nel tempo è stata ritenuta l’unica in grado di soddisfare questo principio è quella

dei minimi tariffari. I minimi in questo modo dovrebbero essere protetti ma ci sono dei soggetti che dicono

che i minimi non sono quelli indicati dai contratti collettivi, che non necessariamente sono gli unici a

garantire il principio sancito dall’art. 36. Inoltre l’art. 36 prevede l’irrinunciabilità delle ferie ed il massimo

di orario: devono essere stabiliti orari massimi al di là dei quali la prestazione lavorativa non può andare

relativamente (se ne fai di più sono straordinari) o assoluti (non può proprio fare più di tot ore). I massimi

non sono massimi rigidi ma sono delle medie che possono valere in una settimana o in periodi più vasti.

Art. 37: è la norma da cui scaturisce il diritto di parità tra uomini, donne e minori.

Sono principi di grande significato per i quali però è difficile capire quando si può lamentare una violazione.

Per quanto riguarda il diritto internazionale è contenuto nella convenzione OIL che contiene istituti

riguardanti le ferie, ecc. In materia di retribuzione e gestione del personale non ce ne sono.

A livello comunitario ancora meno perché come limite alla propria competenza si è data questi limiti: la

retribuzione non si tocca. Cerca di armonizzare il diritto pubblico del lavoro. L’UE cerca di dare una

disciplina minima armonica alle discipline flessibili. L’Italia è stata sempre molto avanzata in diritto del

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lavoro per cui quasi tutte le garanzie italiane sono più favorevoli delle norme comunitarie. Es. in materia di

tutela della maternità in Italia ci sono 5 mesi di astensione obbligatoria che sono circa 20 settimane ma

possono essere anche di più perché i mesi successivi la parto vengono considerati dal momento effettivo del

parto e non da quello presunto. Per armonizzare l’UE è partita dal basso ed infatti prevede come minimo

comunitario come 16 settimane. Quindi possiamo dire che la norma comunitaria ci fa da cornice però è

una cornice peggiorativa. Quando il legislatore italiano attua una direttiva di armonizzazione sui minimi di

lavoro prevede una clausola di non regresso perché con la clausola di attuare la direttiva il legislatore

potrebbe ridurre i minimi previsti dalla legge interna peggiorando la situazione effettiva dei lavoratori.

Quindi questi principi internazionali, costituzionali e comunitari possono essere usati ma non sono molto

affidabili.

Per neutralizzare le possibilità eversive dell’art. 8 il 21 settembre le confederazioni si sono incontrate per

sottoscrivere definitivamente l’accordo 28 giugno 2011 e nell’occasione hanno introdotto una postilla nella

quale assumevano l’obbligo reciproco di influire sui sindacati di categoria (sindacati nazionali) affinché

stabilissero regolamentazioni di carattere soprattutto procedurale per la stipulazione dei contratti collettivi

nazionali di categoria e per il coordinamento tra i livelli. Invitavano i sindacati di categoria ad introdurre

quei limiti e condizioni alla contrattazione collettiva aziendale per poterla guidare nelle eventuali

esperienze derogatorie. Abbiamo già detto che è un vincolo molto fragile perché l’obbligo è assunto dalle

confederazioni nei confronti delle confederazioni. Questo è un obbligo che viene ricavato dal lato dei

rapporti soggettivi tra i sindacati nazionali, i quali devono introdurre delle regole che introducano delle

condizioni per i sindacati federali. Questa è la trasmissione di un obbligo contrattuale e che quindi può solo

generare effetti di carattere risarcitorio, ma mai degli effetti di carattere reale (effetto invalidante del

contratto). Già prima dell’art 8 il contratto collettivo era perfettamente valido, perché un contratto non

può invalidare un altro contratto, solo la legge ha effetti reali. Però oggi l’art. 8 ha rafforzato il contratto

aziendale perché l’art. 8 è sostenuto da una norma di legge che attribuisce l’effetto erga omnes sulla base

di una norma di legge. Questa postilla fino ad oggi ha funzionato perché comunque le RSA ed RSU sanno di

non poter essere completamente indipendenti dai sindacati che cmq possono condurre una pressione

indiretta.

Nel luglio 2013, a seguito delle vicende FIAT , la corte costituzionale si è pronunciata per l’ennesima volta

sull’art. 19 e per la prima volta l’ha dichiarato costituzionalmente illegittimo nella misura in cui la lettera b)

prevede l’accesso ai diritti sindacali solo ai sindacati firmatari di contratto collettivo applicato all’unità

produttiva.

Alla lettera b) dell’art. 19 è stata aggiunta la parte che dice che non è giusto che una norma finalizzata a

introdurre un criterio di riconoscimento della rappresentatività sindacale lo faccia con un meccanismo che

nega la rappresentatività sindacale a chi ce l’ha senz’altro.

Si tratta di rappresentatività sopravvenuta: una volta lo era, però oggi non lo è più perché è stata usata

per togliere i diritti sindacali ad un sindacato senza dubbio rappresentativo.

Con la lettera b) precedente il datore poteva dire che se non viene firmato il contratto non si è firmatari

per cui non deve concedere i diritti sindacali.

La sentenza con cui la corte ha dichiarato l’incostituzionalità della lettera b) dell’art. 19 è una sentenza di

accoglimento additiva. Ora la corte dice che è possibile fare le RSA se si ha partecipato alla stipulazione

della contrattazione in azienda per il contratto collettivo. In questo modo però il filtro ha perso selettività.

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LE FONTI DEL DIRITTO

Dove troviamo le regole che disciplinano il rapporto di lavoro subordinato e l’attività dei soggetti collettivi?

C’è una grande tripartizione:

la fonte eteronoma legislativa: vi possiamo trovare dalla costituzione, ordinamento comunitario,

regolamenti, leggi, ecc.

il contratto collettivo: è la fonte caratterizzante il diritto del lavoro. E’ subordinata gerarchicamente alle

fonti eteronome legislative.

Il contratto individuale di lavoro.

Noi studiamo i rapporti tra queste tre fonti.

All’interno della fonte contrattuale collettiva autonoma possiamo trovare diverse articolazioni date dai

livelli di contrattazione collettiva i quali assumono al loro volta una diversa denominazione a seconda che si

parli di settore privato o settore pubblico.

Fonti del settore privato:

1) Contratto collettivo federale.

2) CCNL: contratto collettivo nazionale di categoria.

3) Contratto collettivo aziendale.

Fonti nel settore pubblico:

1) CCNQ: contratto collettivo nazionale quadro.

2) Contratto collettivo nazionale di comparto..

3) Contratto individuale

Il contratto individuale è di importanza fondamentale per l’esistenza del rapporto di lavoro. Il rapporto di

lavoro è la stessa cosa di contratto di lavoro perché sono la stessa cosa in quanto il rapporto nasce da un

contratto. Dal punto di vista della disciplina il contratto individuale è considerato la cenerentola del diritto

del lavoro perché limita e comprime l’autonomia contrattuale per quanto riguarda l’introduzione delle

clausole peggiorative.

Come si rapportano queste fonti?

RAPPORTO TRA LEGGE E CONTRATTO COLLETTIVO

Ci sono 3 modelli che convivono:

modello classico: la legge costituisce il minimo inderogabile che può essere sempre modificato in meius dal

contratto collettivo.

modello dei tetti massimi legislativi: in un materia importante come la materia della contingenza, per

problematiche collegate al contenimento dell’inflazione, negli anni ‘70 il legislatore è intervenuto con dei

provvedimenti che impedivano al contratto collettivo di derogare sia in peius che in meius.

modello de regolativo: in base a questo modello il contratto collettivo viene autorizzato dalla legge a

introdurre deroghe alla di

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
70 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Fabbo92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Lunardon Fiorella.