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Il problema dell'appello camerale nelle riforme del 2006
Uno dei problemi più rilevanti che si sono avuti nell'ambito della riforma introdotta nel 2006 è certamente dato dall'esperimento dell'appello camerale avverso le sentenze pronunciate a norma degli artt. 4, comma 15 L. 898/1970 per il giudizio di divorzio e art. 709 bis c.p.c., per quanto concerne il processo di separazione.
Quest'ultima norma prevede che "nel caso in cui il processo debba continuare per la richiesta di addebito, per l'affidamento dei figli o per le questioni economiche, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa alla separazione. Avverso tale sentenza è ammesso soltanto appello immediato che è deciso in camera di consiglio".
L'altra norma, invece, in modo più sintetico afferma che "nel caso in cui il processo debba continuare per la determinazione dell'assegno, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti".
civili del matrimonio. Avverso tale sentenza è ammesso solo appello immediato".
Il primo presupposto per la pronuncia di una sentenza non definitiva di separazione e divorzio è dunque costituito da un processo cumulato, cioè nel quale vi sono più oggetti di decisione, il che di solito è la conseguenza della avvenuta proposizione di più domande. È chiaro, infatti, che se l'unico oggetto del processo è costituito dalla domanda di separazione o di divorzio, l'unica pronuncia possibile è appunto quella che accoglie o rigetta l'unica domanda proposta, e che dunque è necessariamente una sentenza definitiva. Nel caso di specie, poi, occorre tener conto del fatto che le pronunce relative ai figli minori debbono essere prese dal giudice ex officio: dunque, in materia di separazione e divorzio, ben vi può essere un processo cumulato pur in assenza di una pluralità di domande. La novellazione dell'art.
709-bis c.p.c. ha definitivamente chiarito che quella di addebito costituisce una "autonoma domanda" nell'ambito del processo di separazione, e non costituisce invece il profilo interno di un'unica domanda. La questione era già stata risolta nello stesso senso dalla giurisprudenza della Cassazione, mentre in precedenza si riteneva prevalentemente che la decisione sulla richiesta di addebito non potesse essere separata dalla sentenza sulla separazione. Pertanto, ove la sentenza di separazione sia impugnata limitatamente al solo addebito, si verifica il passaggio in giudicato della pronuncia di separazione. Nonostante l'art. 4, comma 12 della L. 898/1970, anch'esso modificato, come l'art. 709-bis c.p.c., dalle riforme del 2006, continui a riportare la precedente restrittiva dizione che fa riferimento unicamente alla determinazione dell'assegno,
decreto di separazione o divorzio.Definizione di alcune soltanto della domande cumulate. Nel nostro caso, invece, la sussistenza di tale interesse non è oggetto di valutazione da parte del giudice, in quanto sia l'art. 709-bis c.p.c. sia l'art. 4, comma 12 della L. 898/1970 lo danno per esistente ope legis (rectius, non subordinano la pronuncia della sentenza non definitiva alla esistenza di un tale interesse, ed alla sua verifica da parte del giudice). Inoltre, mentre l'art. 279, comma 2, c.p.c. richiede un'istanza di parte, gli 104 Cfr., Cass. 3 dicembre 2001 n. 15248, in Giust. civ. 2001, I, p. 2905 e 2002, I, p. 341; in Foro it. 2002, I, 383; ed in Giur. it. 2002, p. 921; nonché Cass., sez. I civ., 22 giugno 2005, n. 13442 in Riv.dir. proc., 2006, 61, p. 1091-1092; Cass., sez. I civ., 10 giugno 2005, n. 12284 in Riv. dir. proc., 2006, p. 1115. 67 artt. 709-bis c.p.c. e 4, comma 12 della L. 898/1970 non ne fanno menzione: dunque, la sentenza non definitiva deve essere pronunciata anche
se nessuna delle parti la105richiede espressamente . Come nell’ipotesi prevista dagli artt. 277, comma 2, c.p.c.e 279, comma 2, nn. 4 e 5 c.p.c., è peraltro necessario che la domanda di separazioneo divorzio sia matura per essere decisa: è evidente, infatti, che se per essa si rendessenecessario lo svolgimento di attività istruttoria, il collegio, al quale la causa fosserimessa dal giudice istruttore, non potrebbe pronunciare una sentenza, ma dovrebbepronunciare l’ordinanza prevista dall’art. 279, comma 1, c.p.c.Quanto sopra esposto richiede un’importante precisazione: la sentenza non definitivadisciplinata dagli artt. 709 bis c.p.c. e art. 4, comma 12 della L. 898/1970 nonriguarda la sentenza non definitiva pronunciata a norma dell’art. 279 comma 2, nn. 4e 5 c.p.c.; ne consegue pertanto che, la sentenza non definitiva di separazione edivorzio è perfettamente equiparabile alla sentenza parzialmente definitiva, di cuiall’art.277, comma 2, c.p.c., dalla quale differisce, come già detto, solo per la diversità di condizioni per la sua pronuncia: il collegio, se la domanda di separazione o divorzio è matura per la decisione, deve deciderla immediatamente, senza valutare se la sua decisione immediata risponde ad un apprezzabile interesse della parte, e senza che l'istanza di questa sia necessaria. Sotto ogni altro profilo, invece, vi è perfetta analogia fra la sentenza parzialmente definitiva e la sentenza non definitiva di separazione e divorzio.
6.2 IL PASSAGGIO IN GIUDICATO DELLA SENTENZA NEL PROCESSO DI SEPARAZIONE.
Il passaggio in giudicato della sentenza di separazione avviene secondo le regole generali, con riferimento agli artt. 324 c.p.c., 2909 c.c. e 124 disp. att. cod. proc. civ.
La sentenza definisce gli status personali dei coniugi e regolamenta in modo definitivo le questioni patrimoniali assorbendo i precedenti provvedimenti provvisori. Si veda a tal fine F. TOMMASEO, Lo
2scioglimento del matrimonio, Bonilini e Tommaseo, (acura di) 2° ed., Milano 2004, p. 401. 68 106che non saranno revocati, stante la diversità delle funzioni riconosciute ad essi . Conil passaggio in giudicato della sentenza di separazione si determina altresì ai sensidell’art. 3, n. 2 let. b) della L. 898/70, l’insorgenza di uno dei presupposti costitutividella sentenza di divorzio in quanto il definitivo scioglimento del matrimonio si ha(oltre alle altre cause previste) con l’esperimento di un doppio grado di giudizio nelcui periodo intermedio di svolgimento i soggetti dovranno attraversare un periodo di107separazione .Un effetto tipico del passaggio in giudicato della sentenza si ricollega alloscioglimento della comunione e la cessazione del regime patrimoniale fra i coniugidisciplinato dagli art. 177 e ss. c.c., senza però procurare una divisione dei beni che108sarà oggetto di eventuali pattuizioni fra i coniugi ; allo stesso modo,con la sentenza definitivamente passata in giudicato le parti potranno chiedere una modifica delle condizioni previste avvalendosi della disciplina prevista dall'art. 710 c.p.c. La pronuncia della separazione può essere oggetto di giudicato parziale, ossia può passare in giudicato limitatamente alle questioni di fatto e di diritto non interessate da eventuali impugnazioni connesse a provvedimenti di carattere personale o106 Si veda Cass. 10 maggio 1984 n. 2864 in Giust., Civ., Mass., 1984.107 Cfr., Cass 20 novembre 1987 n. 8552 in Giust., Civ., Mass., 1987 nonché Cass. 9 marzo 1995, n.2725 in Fam. Dir., 1995, p. 219.108 Si vedano a tal proposito Cass 8 novembre 1997 n. 11031 in Fam. Dir., 1998, p. 347; Cass. S.U. 27 luglio 1993 n. 8389 in Foro It., 1994, I, p. 724; Cass. Sezione I, sentenza 24 maggio 2005 n. 10896 in Guida al Diritto, Ed. n. 29 del 23 luglio 2005, p. 65; Cass. Sezione I, 27 aprile 2005 n. 8758 in Guida al Diritto, Ed. n. 25 del 25 giugno 2005, p.42; Trib. Bologna, sezione I, sentenza 21 giugno 2004 n. 1895 in Guida al Diritto, Edizione n. 2 del 15 gennaio 2005, p. 78
In dottrina si vedano M. DOGLIOTTI, Scioglimento della comunione legale e poteri del coniuge, in Giurisprudenza di merito, 1984, p. 1138; G. GABRIELLI, Scioglimento parziale della comunione legale fra coniugi, esclusione dalla comunione di singoli beni e rifiuto preventivo del coacquisto, in Rivista dir. civile, 1988, I, p. 314 e ss.; E. RUSSO, Nuove considerazioni sull'oggetto della comunione legale, in Riv. dir civ., 1997, p. 671 e ss.
69 patrimoniale che siano stati oggetto di una sentenza definitiva oppure di una sentenza unica ma contenente più capi.
Occorre infine sottolineare un'importante questione oggetto di dibattiti in seno alla giurisprudenza riguardante l'insufficienza legata al passaggio in giudicato di una sentenza nel caso di separazione legale ai fini della successiva proposizione della domanda di divorzio. La soluzione al problema
si basa essenzialmente sull'assunto mediante il quale anche un semplice decreto di omologazione relativo alla separazione consensuale non è pregiudiziale alla proposizione della domanda di divorzio poiché la legge ha riconosciuto una piena equiparazione fra la separazione consensuale e quella giudiziale quanto agli effetti promananti dai rispettivi provvedimenti definitivi. 6.3 L'IMPUGNAZIONE DELLE SENTENZE NON DEFINITIVE E DEGLI ALTRI PROVVEDIMENTI. SOGGETTI LEGITTIMATI. I provvedimenti del giudice (del giudice istruttore in corso di causa o del tribunale in sede di revisione) possono essere di tre tipi: 1) risolutivi di una controversia o 2) modificativi del regime vigente o, infine, 3) consistenti in una misura sanzionatoria. La legge prevede che contro i provvedimenti in questione possa essere presentata impugnazione "nei modi ordinari". Ora, dal testo della disposizione sembrerebbe che tutti i provvedimenti siano impugnabili e non soltanto quelli cheadottano una m