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PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO
Modo fisiologico attraverso il quale si conclude il procedimento amministrativo, altri modi sono: gli
accordi sostitutivi, ma l'amministrazione è restia ad utilizzarli; il silenzio assenso; il silenzio
inadempimento. Il procedimento serve al provvedimento, è la sintesi di quanto accaduto in sede
procedimentale.
Non abbiamo una definizione di provvedimento, ma è frutto di una elaborazione dottrinale.
Inizialmente il provvedimento è stato tratteggiato avendo come punto di riferimento imprescindibile
il diritto privato, quindi avendo in mente il negozio giuridico. Massimo Severo Giannini si rese
conto che il provvedimento era diverso da un negozio giuridico (il contratto diverso dalla
concessione; il matrimonio è diverso da un decreto di esproprio). Sia la struttura sia la funzione
sono divergenti da quelle del negozio giuridico perché ciò che conta nel caso del provvedimento è
la cura in concreto dell'interesse pubblico aspetto che è considerato irrilevante per il diritto privato.
Il provvedimento ha natura pubblica e questo ha delle conseguenze soprattutto sulla tematica
dell'invalidità del provvedimento amministrativo che segue regole diverse rispetto all'invalidità dei
negozi giuridici.
Si cerca di individuare i caratteri minimi necessari per considerare il provvedimento un atto
giuridico. Elementi imprescindibili:
• provenienza da parte di una pubblica amministrazione, anche detta unilateralità del
provvedimento amministrativo perché solo la pubblica amministrazione può emettere
provvedimenti. Ci sono dei soggetti che hanno la veste formale di diritto privato, le S.p.A.
ma che assolvono funzioni che l'ordinamento giuridico ritiene di rilevanza pubblicistica e a
cui la legge 241 del 90 impone l'osservanza dei requisiti pubblicistici. Costoro non
emaneranno provvedimenti, ma atti giuridici e sotto taluni profili possono essere assimilati
al provvedimento il quale però sarà di provenienza della sola pubblica amministrazione,
anche se possono cooperare altri soggetti come i privati che intervengono al procedimento.
• Il provvedimento amministrativo è espressione di imperatività, emblema del rapporto
sperequato tra pubblica amministrazione e privato perché produce effetti nella sfera
giuridica altrui costituendo, modificando o estinguendo situazioni giuridiche senza il
consenso degli interessati (il decreto di esproprio produce i suoi effetti a prescindere dalla
volontà del titolare del terreno). I provvedimenti amministrativi sono una categoria
eterogenea, la sua somma distinzione è tra provvedimenti amministrativi favorevoli o
ampliativi e provvedimenti amministrativi sfavorevoli o restrittivi. Ai primi corrisponde un
interesse legittimo pretensivo in cui il titolare pretende un provvedimento per svolgere una
determinata attività; ai secondi corrisponde un interesse legittimo oppositivo in cui il titolare
resiste a un potere amministrativo. I provvedimenti sono diversi, ma si caratterizzano
entrambi dall'imperatività. Nei provvedimenti amministrativi sfavorevoli si coglie
immediatamente il carattere di imperatività, più difficile è il discorso avendo riguardo agli
atti amministrativi ampliativi in cui permane il carattere di imperatività anche se parte della
dottrina non lo ritiene sussistente. Parte della dottrina, infatti, cerca di attenuare i caratteri
imperativi ritenendo che i provvedimenti ampliativi siano qualcosa di diverso, non sarebbero
neppure provvedimenti quindi si tratta di diritti soggettivi. È vero che il privato aspira al
provvedimento, ma ciò che produce effetti è sempre il provvedimento stesso in quanto il
consenso non ha alcuna rilevanza. Gli effetti sono di tipo costitutivo e sono riconducibili
solo ed esclusivamente alla pubblica amministrazione. Da qui la definizione di imperatività:
produzione degli effetti indipendentemente dal consenso del destinatario.
• Tipicità e nominatività del provvedimento amministrativo: sono espressione del principio di
legalità in funzione di garanzia del privato. Nominatività significa che l'amministrazione
non può inventare i provvedimenti essendo questi sono quelli previsti dal legislatore e ciò a
garanzia del privato. Tipicità significa che è lo stesso legislatore che stabilisce il contenuto
del provvedimento, i presupposti per l'emanazione, gli effetti. Un'eccezione a questo è
rappresentato dalle ordinanze contingibili ed urgenti perché la funzione che assolvono è far
fronte a eventi imprevedibili che impediscono una tipizzazione.
• Obbligo di motivazione sancito per la prima volta in via generale all'articolo 3. Prima del
1990 era stata la giurisprudenza, seppur con interventi circoscritti, a introdurre per talune
tipologie di provvedimenti un obbligo di motivazione, in particolare con riguardo ai
provvedimenti afflittivi tra cui le sanzioni. Obbligo introdotto con due eccezioni espresse
contenute all'articolo tre: la motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a
contenuto generale. Varie sono le ragioni, sta di fatto che questa esclusione è circoscritta a
garanzia dei privati, in particolare qualora la pubblica amministrazione sia un'autorità
amministrativa indipendente. Gli atti generali delle autorità indipendenti sono accompagnati
da motivazione, relazioni in cui si spiega in modo dettagliato le ragioni del decidere per cui
a fini di garanzia si supera l'eccezione prevista all'articolo 3 perché la motivazione è
strumento di garanzia per il singolo e attraverso essa l'amministrazione che emette il
provvedimento deve spiegare le ragioni della sua decisione: ragioni di diritto (norme su cui
poggia il provvedimento) e ragioni di fatto (circostanze concrete che conducono a una
decisione) sono i presupposti del suo agire e dipendono dalle risultanze istruttorie. Per
questo ad esempio nel caso di preavviso di rigetto dell'istanza vi è una motivazione
rafforzata perché nell'istruttoria è avvenuto un dialogo rinforzato.
21-05-14
L'obbligo di motivazione del provvedimento come carattere indefettibile del provvedimento
medesimo che taglia trasversalmente tutti i provvedimenti amministrativi e quindi riguarda anche
atti di organizzazione amministrativa, atti di pubblico concorso, e non riguarda per eccezione
espressa, sempre in base all'articolo 3 della legge 241 /90, gli atti normativi e gli atti amministrativi
generali i quali però a seconda dell'autorità di appartenenza, in particolare che riguarda le autorità
amministrative indipendenti, vengono solitamente arricchiti di un contenuto motivazionale e quindi
superano quanto stabilito all'articolo 3 della legge 241/90.
Sempre il legislatore introduce una modalità semplificata di motivazione, l'articolo 3 consente in
particolare la cosiddetta "motivazione per relationem".
Cosa significa "per relationem"?
Significa che la motivazione, l'esplicitazione delle ragioni di fatto e di diritto alla base della
decisione, non è contenuta nell'atto, ma in un altro distinto provvedimento, parere, cui l'atto stesso
fa riferimento. Quindi l'atto stesso si richiama a quanto stabilito in altra sede.
Ad esempio: il provvedimento che impone un vincolo archeologico ad un determinato bene si
richiama al parere di una sovrintendenza; la motivazione, le ragioni di fatto che impongono un
vincolo di inedificabilità ad un determinato bene non sono contenute in questo provvedimento ma in
un atto distinto cui però bisogna fare richiamo.
Questa la "motivazione per relationem". Il provvedimento dice: come il parere della sovrintendenza
afferma,così io impongo a tutti una determinata decisione.
La motivazione poi è diversa a seconda del tipo di provvedimento che viene in rilievo.
Provvedimenti afflittivi necessitano di una motivazione analitica, ma per alcuni tipi di
provvedimento si pone un problema derivante dal fatto che occorre conciliare opposte esigenze:
l'esigenza di trasparenza, pubblicità, imparzialità, garanzia del privato da un lato, che hanno tutte la
stessa radice, e dall'altro lato invece esigenze di efficacia, buon andamento, rapidità dell'agire
amministrativo. I due snodi indicati dall'articolo 97 della costituzione.
In particolare, questo problema si pone per atti in materia concorsuale, in materia di gare pubbliche.
Il numero dei partecipanti alle gare pubbliche, il numero dei partecipanti ai concorsi, è strettamente
elevato e l'amministrazione per motivi di rapidità suole ritenere sufficiente come motivazione un
mero punteggio numerico.
Così se io non sono ammesso agli esami di avvocato perché ho sbagliato la terza prova ho scritto un
parere di diritto amministrativo e ho meritato zero, mi chiedo io privato che subisco questa scelta
della pubblica amministrazione se questo zero soddisfi l'obbligo di motivazione che l'atto di diniego
all'accesso alle prove orali comporta.
Il ragionamento che svolge la pubblica amministrazione è logicamente di ritenere sufficiente,
adeguato, esaustivo il punteggio numerico, il voto, per poter soddisfare l'obbligo di motivazione.
Questo vale per l'esame di avvocato, di notaio e via dicendo.
Su questo il contenzioso è tantissimo.
Così si impugna questo atto negativo estrinsecante il diniego, il punteggio, ritenendo non rispettato
l'obbligo di motivazione stesso e quindi la parola è passata alla giurisprudenza per valutare il punto
di equilibrio fra le opposte esigenze:
il privato, l'aspirante avvocato nel caso di specie, vuole sapere perché ha preso zero avendo studiato
così bene diritto amministrativo; l'amministrazione se dovesse fornire una motivazione analitica di
tutti gli aspetti negativi, i difetti, le mancanze di 300, 800, 900 elaborati non finirebbe mai, non
consentirebbe la chiusura della procedura.
Vi sono alcuni giudici di primo grado, in particolar modo il Tar Lombardia, che hanno mostrato una
maggiore sensibilità per le esigenze di garanzia, ritenendo in ogni caso che l'obbligo ex articolo 3
della legge 241/90 è un obbligo imprescindibile, non può essere bilanciato con alcunché e quindi
occorre una esplicitazione delle ragioni di fatto, analitica, uguale, precisa, espressa.
Il giudice d'appello, il Consiglio di Stato, ha cercato invece di adottare una soluzione concreta,
pratica, che tenesse insieme i due opposti, ritenendo come esito finale che il punteggio numerico
soddisfa l'obbligo di motivazione del provvedimento, ma non isolatamente, deve essere sempre
corredato, accompagnato, preceduto dalla predeterminazione dei criteri del decidere; quindi ci deve
essere una determinazione e p