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Approfondimento sul tema
Le società a partecipazione pubblica sono regolamentate dal D.lgs. 175/2016 (Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica). Una PA ha il potere di costituire delle società di tipo privatistico interamente o in parte partecipate da loro stesse, oppure possono acquisire partecipazioni in società private che già sono esistenti. Tuttavia, il Testo Unico pone delle limitazioni a questa possibilità delle pubbliche amministrazioni -> art.4 del Testo Unico esplicita due vincoli in particolare:
- Limite di scopo (al comma 1): "Le amministrazioni pubbliche non possono costituire società che abbiano per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali attività."
- Limite di attività (al comma 2): "Nei limiti di cui al"
di buon andamento dicui all'art.97/Cost).Come viene rispettata la concorrenza in caso di partenariato pubblico-privatoistituzionale?Le società in house e le società di partenariato pubblico-privato istituzionale(entrambe puntualmente definite all'art.2 del Testo Unico) sono due categorie di società apartecipazione pubblica, e in quanto tali devono soggiacere ai limiti esposti dall'art.4. Inoltre,sono previsti ulteriori vincoli alla loro attività per poter garantire una certa concorrenza.Le società a partecipazione mista pubblico-privata sono disciplinate all'art.17 del Testo Unico.Anche queste devono sottostare a delle regole: "Nelle società a partecipazione mista pubblico-privata, la quota di partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al 30%. Equesto soggetto deve essere scelto in esito a gara pubblica. (...) La durata della partecipazioneprivata nella società non può essere
"superiore alla durata dall'appalto che gli viene concesso".
Quando la PA vuole affidare l'espletamento di un servizio pubblico secondo il modello della società mista può farlo ma a certe condizioni. In particolare, dovrà fare una gara pubblica c.d. "a doppio oggetto": una gara che abbia cioè contestualmente ad oggetto l'individuazione del privato partner e l'affidamento del servizio (il soggetto privato dovrà quindi dimostrare di essere idoneo sotto due profili: 1. dimostrare di avere i requisiti per poter essere socio dell'amministrazione 2. dimostrare di poter espletare tale servizio secondo i principi a cui un'attività di servizio pubblico deve necessariamente sottostare). La concorrenza (PER il mercato) viene dunque garantita attraverso questa gara a doppio oggetto (se non fosse a doppio oggetto vi sarebbe comunque un deficit di effettiva concorrenza, in quanto non ci si preoccuperebbe del meccanismo
concorrenziale sotto il secondo profilo). Come viene rispettata la concorrenza in caso di società in house? Le società in house sono poco distinguibili dall'ente pubblico che le partecipa interamente e agiscono di fatto come fossero un ufficio interno dello stesso ente pubblico, che quindi è come se stesse affidando direttamente il servizio pubblico ad una sua articolazione. L'art.16 del Testo Unico, che disciplina specificatamente le società in house, pone però dei limiti: "Gli statuti delle società devono prevedere che oltre l'80% del fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti affidati dall'ente pubblico. E se vi è ulteriore fatturato questo può essere rivolto anche a finalità diverse ma a condizione che ciò permetta di garantire l'efficace ed efficiente svolgimento della parte maggioritaria delle attività". Attraverso l'affidamento in house la PA può
affidare l'esecuzione di un appalto pubblico (di lavori, di servizi o di forniture) oppure la gestione di un servizio pubblico.
Quando viene affidato un servizio pubblico ad una società in house si parla di "autoproduzione del servizio", proprio perché sostanzialmente la società in house è interamente partecipata dalla PA e difficilmente distinguibile da essa. Al contrario, quando il servizio si affida ad un soggetto privato terzo si parla di "esternalizzazione del servizio".
La concorrenza in caso di affidamento in house parrebbe non sussistere, MA in realtà alla luce del principio della libertà organizzativa della pubblica amministrazione questa modalità è prevista. Vi è dunque una contraddizione nel diritto europeo, che promuove la concorrenza ma non esclude la possibilità dell'autoproduzione?
Il nostro ordinamento presenta un trend che tende a relegare a casistiche eccezionali la
modalità dell'affidamento in house, cioè soltanto quando non fosse possibile espletare altre modalità più pro-concorrenziali: esiste quindi in concreto un limite alla libertà organizzativa dell'amministrazione, la quale dovrà prima di tutto misurarsi con i valori della concorrenza e solamente dopo potrà pensare di utilizzare la modalità in house. Questi limiti sono esplicitati dell'affidamento nel Codice dei Contratti pubblici (D.lgs. 50/2016) all'art. 192 c.2 "Ai fini in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità dell'offerta all'oggetto economica dei soggetti in house, avuto riguardo e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per lacollettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche". Con queste righe il nostro ordinamento prevede un "onere motivazionale rafforzato" per poter giustificare un affidamento in house (di fatto andando a scoraggiare il ricorso a tale modalità), in quanto la PA deve spiegare le ragioni del mancato ricorso al mercato e il motivo per cui la collettività avrebbe un beneficio affidando quello specifico servizio ad una società in house piuttosto che ad un soggetto operante nel mercato. Il principio di libertà organizzativa è dunque fortemente condizionato. Nel 2019 il Consiglio di Stato (organo giurisdizionale di appello, dopo la prima istanza al TAR, nei processi amministrativi) si è rivolto alla Corte di Giustizia europea per avererisposte sulla questione della necessità di coniugare il principio di libertà organizzativo con il principio di concorrenza. Ci si è domandati cioè se l'onere di motivazione rafforzato previsto dall'art.192c.2/Codice dei Contratti pubblici, che di fatto scoraggia la modalità di affidamento in house, fosse in linea con il principio di libertà organizzativa. La questione è emersa da un contenzioso: un Comune ha affidato un servizio di igiene urbana ad una società in house del Comune stesso, ma una ditta di pulizia privata ha contestato davanti al giudice amministrativo questa scelta. In virtù proprio della disciplina posta dall'art.192c.2/Codice dei Contratti pubblici la ditta lamentava che non fossero stati motivati adeguatamente i benefici della scelta dell'autoproduzione in house piuttosto che dell'esternalizzazione del servizio. Il Consiglio di Stato nell'istanza presentata alla Corte di Giustizia.La Corte europea afferma: "<<Questo giudice dubita che le disposizioni del diritto interno (cioè l'art.192), nel subordinare gli affidamenti in house ad una motivazione rafforzata rispetto alle altre modalità di affidamento, siano autenticamente compatibili con le disposizioni del diritto dell'UE ed in particolare con il principio della libertà organizzativa delle amministrazioni pubbliche (...) Il principio di concorrenza sembrerebbe avere una rilevanza sussidiaria rispetto al principio di libertà organizzativa dell'amministrazione, infatti, la prima scelta che una PA deve compiere quando decide di affidare un servizio è quella di scegliere se optare per l'autoproduzione o la esternalizzazione: modelli che l'ordinamento europeo pone sullo stesso piano e quindi l'affidamento in house sarebbe non una eccezione, una scelta subordinata ma una normale opzione al pari dell'affidamento a terzi tramite mercato (...) Il diritto dell'UE,
In particolare il principio di libertà organizzativa, è compatibile con una norma interna, l'art.192, che di fatto subordina il modello dell'affidamento in house?>>. La Corte di Giustizia europea ha risposto nella sua sentenza:<<È vero che il diritto europeo tutela la libertà organizzativa della amministrazione in ordine alle modalità di affidamento del servizio. Tuttavia, (Punto 37 della sentenza) la libertà degli Stati membri di scegliere il metodo di gestione che ritengono più appropriato per la prestazione dei servizi non può essere illimitata, essa deve al contrario essere esercitata nel rispetto delle regole fondamentali del TFUE, tra le quali anche il principio di concorrenza, il principio di parità di trattamento, divieto di discriminazione ecc... Di conseguenza, una norma come l'art.192/Codice dei Contratti pubblici che subordina la modalità dell'affidamento in house a un rilevante e
grave onere motivazionale non è in contrasto con il diritto dell'UE, e in particolare con il diritto di libertà organizzativa dell'amministrazione. Questo perché tale libertà