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I BENI PUBBLICI

1. INTRODUZIONE. BENI PUBBLICI E PROPRIETA’

Le amministrazioni pubbliche dispongono di beni che appartengono ad esse a titolo proprietario. Ed

utilizzano tali beni come strumenti materiali per il proprio funzionamento o a proprio uso esclusivo;

ovvero, li destinano a fruizione di un’intera collettività (come le spiagge o le strade), o alle gestione di un

servizio pubblico. Inoltre, possono utilizzare, per il proprio funzionamento, beni privati, ad esempio

prendendo in locazione immobili per i loro uffici. Ed esercitano poteri pubblici su proprietà private, che

vanno dall’imposizione di limitazione amministrative (come le servitù) a conformazioni di facoltà del

proprietario privato, ad es, di beni in zone di bonifica.

La materia dei beni pubblici è stata sempre ampiamente influenzata dal diritto privato.

La dottrina italiana è partita, nel XIX secolo, dall’opinione più antica sostenuta in Francia, secondo cui non vi

è proprietà dei pubblici poteri sui loro beni riconducibili al domaine public ma sussiste su quei beni un

insieme di poteri che si possono ricondurre alla sovranità, alla conservazione, all’amministrazione. Di

proprietà dei soggetti pubblici può parlarsi solo in relazione ai beni patrimoniali. La dottrina italiana ha poi

cambiato rotta ed è giunta a sostenere che anche il diritto dei pubblici poteri sul demanio pubblico ha la

natura propria del diritto di proprietà.

Tra la fine dell’800 e gli esordi del XX secolo, la dottrina e la giurisprudenza in Italia hanno aperto la via

della pubblicizzazione del diritto amministrativo. L’idea della autoritatività, dell’atto amministrativo

unilaterale, ha dubitato perfino dell’utilizzabilità del concetto di contratto nei casi in cui vi fosse una più

forte inerenza del pubblico interesse allo svolgimento dell’attività amministrativa.

Il concetto di proprietà è stato considerato concetto generale. E si è ritenuto che esso potesse valere anche

per spiegare i poteri delle autorità pubbliche sui beni demaniali, più strettamente legati all’utilità pubblica.

Le ragioni di questa differenza sta probabilmente nel fatto che la logica pubblicistica ha finito per dominare

nell’attività amministrativa.

Il rapporto tra l’amministrazione pubblica e i suoi beni, invece, non sembrò potersi ricostruire in base alla

logica della supremazia, e più in generale della sovranità: le facoltà insite nel diritto dei soggetti pubblici

sulle cose loro appartenenti, anche se demaniali, non potevano che fondersi sulla logica della proprietà.

Ciò non escludeva che il regime di alcuni beni dei soggetti pubblici, in particolare dei beni demaniali, si

componesse di norme pubblicistiche. In definitiva, il diritto dello stato e degli altri pubblici poteri sui beni di

loro appartenenza è un vero e proprio diritto di proprietà, che in taluni casi può essere regolato da norme

derogatorie rispetto alla disciplina privatistica.

2. IL QUADRO NORMATIVO

In Italia le norme generali sui beni pubblici sono state dettate dal codice civile. Prima dal codice del 1865,

modellato sul codice Napoleone, poi dal codice del 1942. Quest’ultimo regola i “beni appartenenti allo Stato,

agli enti pubblici e agli enti ecclesiastici” (art 810) e li distingue in beni demaniali e beni patrimoniali,

disponibili e indisponibili.

Dal 1942 ad oggi molti cambiamenti sono intervenuti. La costituzione ha stabilito che “la proprietà è

pubblica e privata”(art 42), confermando quella costruzione concettuale secondo cui il diritto dei pubblici

poteri sui loro beni è riconducibile alla proprietà. Hanno poi assunto sempre maggiore importanza i beni

immateriali.

La crisi della finanza pubblica ha reso indispensabili scelte di dismissione di beni pubblici. Tali

cambiamenti, incidenti sul piano tecnologico ed economico, hanno portato con sé la necessità di nuove

regolazioni giuridiche. Alcune di queste sono intervenute in apposite leggi speciali: è stato cosi per il codice

dei beni culturali e del passaggio per le norme in materia ambientale.

Ne consegue che oggi la regolazione dei beni pubblici si compone di tanti corpi normativi diversi

rispondenti a logiche differenti, che vanno dalla maggior protezione di alcuni beni a fruizione collettiva

all’ampiamento delle ipotesi di cessione di beni pubblici ai privati.

3. LA DISCIPLINA DEL CODICE CIVILE

il codice civile non definisce i beni pubblici, si limita a elencarne alcune categorie e a dettarne il relativo

regime giuridico. Le due categorie maggiori sono quelle dei beni demaniali e dei beni patrimoniali; questi

ultimi si distinguono in patrimoniali disponibili e indisponibili.

I beni demaniali sono esclusivamente in titolarità di enti territoriali. Appartengono allo stato e fanno parte

del demanio pubblico: ad es il lido e la spiaggia. Questi non possono non appartenere allo stato. Vi sono poi

beni che si qualificano come demaniali solo se appartengono allo stato o ad altri enti territoriali, lasciando

intendere che la loro appartenenza può anche essere privata: è il demanio cosiddetto eventuale. Vi

rientrano ad es le strade e le autostrade.

I beni demaniali “sono inalienabili, e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi

e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano” (art 823 comma 1). I terzi possono acquistare diritti

parziali su tali beni usualmente mediante concessioni. Inoltre, l’autorità amministrativa è titolare di una

potestà pubblicistica di esecuzione coattiva nei confronti delle turbative o delle pretese dei terzi (art 823).

I beni patrimoniali sono categoria residuale, la quale ricomprende i beni appartenenti allo stato o ad altri

enti pubblici che non sono riconducibili ai beni demaniali (art 826). I beni patrimoniali indisponibili sono

elencati all’art 826. Vi rientrano ad es le foreste; le miniere; le cave e le caserme. Il regime giuridico dei beni

patrimoniali indisponibili si caratterizza per il fatto che essi non possono essere sottratti alla loro

destinazione, se non nei modi stabiliti dalla legge, la quale può prevedere procedimenti che rimuovono il

vincolo di destinazione (art 828).

Tutti gli altri beni appartenenti a pubblici poteri rientrano nel patrimonio disponibile. Questi beni, seguono,

la disciplina giuridica della proprietà privata. Il codice civile disciplina il passaggio dei beni del demanio al

patrimonio, stabilendo che tale passaggio “deve essere dichiarato dall’autorità amministrativa” 8art 829).

4. REGIMI SPECIALI RISPETTO AL CODICE CIVILE. I BENI CULTURALI E AMBIENTALI

Accanto alla disciplina codicistica, sussistono discipline giuridiche speciali relative a taluni beni pubblici.

Possono individuarsi almeno tre corpi normativi di particolare rilevanza. In primo luogo, l’ordinamento ha

previsto una tutela rafforzata di beni legati a interessi pubblici particolarmente qualificati: è quanto è

accaduto, ad es, per beni culturali e ambientali, già nella prima metà del 900. In secondo luogo, e in periodi

più recenti, sono state introdotte discipline speciali per la regolazione delle “reti” destinate allo svolgimento

di servizi pubblici nazionali e locali, come i servizi ferroviari, le telecomunicazioni, i servizi energetici. In

terzo luogo, il legislatore ha dettato regole finalizzate al trasferimento di alcuni beni pubblici dello stato ad

altri enti territoriali e norme per le dismissioni di beni pubblici.

Per quanto riguarda i beni culturali e ambientali: nel secondo 900 si sono progressivamente rafforzati gli

ammonimenti che studiosi di varie discipline scientifiche hanno indirizzato ai decisori politici affinché si

mettessero in campo rimedi efficaci per evitare o attenuare fenomeni di distruzione del paesaggio, derivanti

da uno sviluppo industriale, disattento al rispetto dell’ambiente e dei beni culturali. Si trattava di migliorare

normative che erano già state varate prima del codice civile del 1942 a tutela di questi valori.

In seguito, la costituzione ha affidato alla repubblica “la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e

artistico della nazione” confermando la stretta connessione tra protezione di alcuni beni ambientali di

rilevanza paesaggistica e dei beni aventi valore storico o artistico. Negli anni 60 del 900, l’istituzione di una

commissione di indagine per la tutela e la valorizzazione definì come “bene culturale” il bene che costituisca

testimonianza materiale avente valore di civiltà. La nozione ampia di bene culturale, veniva ad allargare i

confini del concetto ricavabile dalle leggi degli anni 30. Questa direzione è stata seguita nella normazione

successiva, fino al vigente codice dei beni culturali e del paesaggio. Secondo il codice, il “patrimonio

culturale” è costituito dai “beni culturali” e dai “beni paesaggistici”. Sono beni culturali le cose mobili e

immobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, e etnoantropologico, archivistico e

bibliografico e le altre cose individuate dalla legge, o in base alla legge, quali “testimonianze aventi valore di

civiltà”.

I beni culturali possono appartenere a soggetti pubblici, e in questa ipotesi sono beni pubblici, ma possono

anche appartenere a soggetti privati. Quando il titolare è un privato, il bene è da considerarsi culturale solo

se sia intervenuta una apposita dichiarazione ministeriale che accerti la sussistenza dell’interesse culturale.

La disciplina dei beni culturali è permeata dal ministero dei beni e delle attività culturali, finalizzati a

garantire la protezione e la conservazione di questi beni, che costituiscono l’aspetto essenziale della

“tutela”.

Quanto alla circolazione, il codice elenca i beni del demanio culturale inalienabili e quelli alienabili con

autorizzazione del ministero. L’autorizzazione ad alienare comporta la sdemanializzazione del bene, ma

esso resta comunque soggetto ai poteri amministrativi di vigilanza e di autorizzazione. Per i beni culturali

ad appartenenza privata, l’autorizzazione ad alienare è prevista per beni di cui siano titolari persone

giuridiche private senza fini di lucro. Per tutti i beni culturali ad appartenenza privata, il Ministero, o le

regioni, o gli altri enti pubblici interessati hanno facoltà di acquistare in via di prelazione i beni alienati a

titolo oneroso, al prezzo stabilito nell’atto di alienazione. Per quel che riguarda la circolazione in ambito

internazionale, è vietata l’uscita dal territorio della repubblica dei beni culturali mobili, salvi i casi in cui

l’uscita definitiva sia soggetta ad autorizzazione; può essere autorizzata l’uscita temporanea del bene dal

territo

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SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher IlLaureando di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Ca' Foscari di Venezia o del prof Benvenuti Luigi.