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LA SCIA
Parzialmente diverso è la c.d. SCIA (segnalazione certificata di inizio attività), introdotta all'art 19.
E' un istituto di semplificazione ancora più accentuato del silenzio assenso per l'agire
amministrativo. Perché se nel silenzio assenso il procedimento è eventuale, nella SCIA non è
necessario.
Quando sia necessaria un'autorizzazione e il rilascio di questo atto dipenda da esclusivamente da
accertamenti i requisiti e presupposti e non sia previsto alcun contingentamento per il rilascio di
questi atti allora questo atto di assenso è sostituito da una segnalazione del privato.
In questo caso non occorre il decorso del termine il privato certifica il possesso di requisiti e può
iniziare fin da subito la sua attività. Mentre nel caso del silenzio assenso si necessita il decorso del
termine.
Campo in cui la SCIA è utilizzata è in materia edile per alcune piccole modifiche, sollecitando
l'autoresponsabilità del privato, per costruire un recinto nel proprio giardino effettuo una
segnalazione certificata di inizio attività. Quindi l'amministrazione attua un potere di controllo di
vigilanza in un tempo circoscritto, entro 60 giorni dalla SCIA la PA deve controllare il possesso dei
requisiti di legge. E se non vi sono o chiederà una regolarizzazione ed ove questa non sia
possibile chiederà l'inibizione dell'attività e l'abbattimento degli effetti. E' un potere ex post della
PA.
Anche decorso il termine, se la PA si accorge per alcuni interessi super rafforzati che non vi sono i
requisiti autocertificati può comunque attuare il proprio potere di inibizione, regolarizzazione e
abbattimento degli effetti.
La SCIA dovrebbe venire in contro al privato, fin da subito inizia l'attività che desidera
intraprendere senza chiedere alcunché alla PA. Ritorna al vantaggio di un solo singolo, e quindi si
pone il problema della tutela del c.d. terzo, che sarebbe maggiormente tutelato dalla presenza di
un provvedimento piuttosto che da un meccanismo come la scia, se c'è un provvedimento
amministrativo il terzo che può essere un concorrente o vicino di casa, se ritiene che non sia stato
rispettato un paradigma normativo può impugnare l'atto di fronte all'autorità giudiziaria. Nel caso di
segnalazione certificata di inizio attività questo non è possibile perché manca il provvedimento.
Allora è stata la giurisprudenza a costruire delle tecniche di tutela per il terzo. Visto il numero di
proposte è intervenuta prima l'adunanza plenaria, subito dopo il legislatore in via d'urgenza, con lo
strumento della sollecitazione del terzo verso la PA che svolga la sua attività di controllo. Si mette
in mora la PA affinché vigili sulla sussistenza dei requisiti autocertificati. Se la PA rimane inerte e
non si attiva, la tutela sarà quella avverso il silenzio inadempimento.
Quindi la dinamica non è mai privato vs privato, ma terzo vs la PA.
Ciò detto sulla SCIA precedentemente chiamata DIA o super DIA, col meccanismo medesimo.
LA VALIDITÀ DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO
E' una figura di teoria generale del diritto, significa conformità ad un paradigma normativo,
l'aggettivo normativo ha un significato preciso: conformità non solo a un paradigma legislativo ma
in relazione ad un paradigma normativo, la norma è concetto piu' ampio della legge.
Nel diritto amministrativo tutto il tema validità è attraversato dai principi generali del diritto.
L'invalidità è quindi la non conformità del paradigma normativo che si divide in due forme: nullità e
annullabilità, con diversi regimi e conseguenze.
Il regime differente, dai legittimati attivi della nullità ovverosia chiunque ne abbia interesse, a quelli
dell'annullabilità, dagli effetti, dai termini di decadenza.
La nullità è sicuramente l'ipotesi piu' eclatanti di distonia tra l'atto e il paradigma normativo.
Per lungo tempo si è ritenuto che non poteva essere applicato il regime della nullità nel diritto
amministrativo. Esistevano solo provvedimenti annullabili. Per ragioni di supremazia della PA,
perché si diceva che l'amministrazione emette atti che producono sempre effetti salvo che
successivamente siano annullabili o dal giudice o dalla PA.
I provvedimenti amministrativi nascevano come legittimi in via amministrativa, con la presunzione
di legittimità conferme al paradigma normativo. Perché la PA persegue il pubblico interesse e
conseguentemente i suoi provvedimenti producono effetti ab origine.
Poi ci si accorge che questo paradigma deve essere rivisto, con la sempre piu' parificazione tra PA
e privati. Con relazioni piu' paritarie. Inizialmente è la giurisprudenza ad introdurre del tutto in
modo pretorio la categoria dei provvedimenti amministrativi nulle per talune specie di
provvedimenti.
Il legislatore si prende carico e introduce la categoria dei provvedimenti amministrativi nulli, con la
novella 15/2005. Ha introdotto nella legge 241 un articolo specifico il 21 septies che per la prima
volta disciplina i provvedimenti amministrativi nulli. Le ipotesi che prevede il legislatore sono a
numero chiuso, non sono suscettibili da parte della giurisprudenza, sono un mix di fattispecie
privatistica e proprie del diritto pubblico.
La prima ipotesi di provvedimenti amministrativi nulli è
1) la carenza degli elementi essenziali del provvedimento, questi però non sono disciplinati da
nessuna norma, ciò crea un problema di applicazione. Allora si è ragionato per somiglianze
con gli elementi essenziali del contratto. Il soggetto come elemento essenziale per mancanza è
una contraddizioni in termini, la mancanza della PA che emana l'atto è contraddittorio. La
mancanza dell'oggetto ha invece trovato luogo in giurisprudenza che ad esempio una
pronuncia recente ha affermato la nullità di un ordinanza di ingiunzione per mancanza
dell'oggetto. Gli elementi essenziali sono ipotesi di scuola, rare, perché la sistematica non è
sufficiente adeguata.
2) anche la seconda ipotesi è di derivazione civilistica è la c.d. nullità testuale, ossia il
provvedimento è nullo nei casi stabiliti dalla legge. LE ipotesi piu' frequenti sono in materia del
pubblico impiego. Ossia se non vi è il concorso le assunzioni saranno nullo.
3) la terza ipotesi è puramente pubblicistica, ossia è nullo per difetto assoluto di attribuzione
quando la PA emette un provvedimento amministrativo senza che vi sia alcuna legge a
legittimarla, ossia la violazione del principio di legalità. Prevalentemente ipotesi di scuola. E' un
tipo di incompetenza assoluta. L'aggettivo assoluta è indispensabile per qualificare questa
fattispecie. Perché l'incompetenza relativa genera annullabilità e non nullità. ES quando la
competenza spettava al singolo invece che al dirigente comunale.
4) La quarta ipotesi è la violazione ed elusione del giudicato, è una figura di nullità creata dalla
giurisprudenza di fronte ad un malcostume della PA che poggia sul dato dell'inesauribilità della
PA. E' l'ipotesi in cui la PA non rispetta quello che è sancito in una sentenza che fa risultare
soccombente la PA. Allora vi è un problema di giustizia del privato. I provvedimenti
amministrativi elusivi o in violazione di sentenze passate in giudicato siano da considerare
nulli, non siano produttivi di effetti, perché riaccertare giurisdizionalmente la violazione è
antieconomico. Quindi non tramite il giudizio di ottemperanza (ossia il giudizio di cognizione in
ambito amministrativo) ma sono nulli ab origine.
MA nell'ipotesi di un provvedimento in contrasto ad un diritto dell'UE? Secondo una parte della
dottrina e giurisprudenza minoritaria la conseguenza di un mancato rispetto diritto dell'UE è
l'invalidità più grave ossia la nullità.
Il consiglio di stato in maniera monolitica ha ritenuto che i provvedimenti amministrativi in contrasto
con l'UE siano da ritenere non nulli ma annullabili e quindi da ritenere in maniera provvisoria i suoi
effetti.
Allora bisogna considerare le ipotesi annullabili e non nulle.
Questa categoria è la più risalente nel tempo. Sono tre le ipotesi di annullabilità del provvedimento,
che si riscontrano sia nella legge 241 del 90 ma ancor prima in tutte le leggi processuali. Dal 89 si
ha una tipizzazione tripartitica dei vizi. In particolare per moltissimo tempo due nozioni sono stati
considerati sinonimi, l'annullabilità e l'illegittimità.
I vizi di legittimità davano sempre luogo all'annullamento del provvedimento, e dal 1989 per la
prima volta compaiono i tre vizi di legittimità:
1) l'incompetenza relativa
2) la violazione di legge
3) l'eccesso di potere
Questa è stata elaborata e poi ereditata dall'ordinamento francese. I vizi di legittimità non
colpiscono necessariamente tutti i provvedimenti amministrativi, nel senso che i primi due possono
riguardare indistintamente tutti i provvedimenti amministrativi, ma non l'eccesso di potere che non
può riguardare tutti i provvedimenti amministrativi. L'eccesso di potere riguarda tutti i provvedimenti
amministrativi a carattere eccezionale.
L'incompetenza relativa (vedi sopra) è meno grave dell'incompetenza assoluta. Per quella relativa,
il provvedimento è emanato da una PA titolare del potere, non difetta dell'attribuzione del potere,
ma all'interno di questa pubblica amministrazione il potere è emanato da un singolo organo privo di
competenza. E' una sorta di violazione di legge, perché le partizioni di competenza all'interno di
una PA sono oggetto di riserva di legge.
E' a garanzia del privato sapere che cosa possono fare determinati organi.
La violazione di legge, per la quale l'incompetenza è una sua specificazione, è la categoria di vizio
che ha subito un'evoluzione più profonda.
Si ha violazione di legge quando l'amministrazione emette un provvedimento senza aver rispettato
le norme di legge.
A partire dal 2005 si introduce nella 241 una disposizione che è l'art 21 octies della legge 241/1990
che al primo comma ripete i vizi di legittimità. Al 2° comma separa la nozione di legittimità da
quella di annullabilità e introduce una categoria di vizi finora inesistenti, sono i vizi formali,
contrapposti ai vizi sostanziali.
E' una disposizioni complessa con due periodi diversi alinea. LA prima linea sancisce che non è
sempre annullabile il provvedimento illegittimo ossia viziato per