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Modelli di mortalità con frailty
Pertanto, perché nelle curve marginali (calcolate sul complesso della generazione) si osserva un rallentamento dell'età con a volte anche una stabilizzazione della crescita dei rischi di morte. Teoricamente, se i rischi di morte fossero costanti per età o quasi, si potrebbe addirittura osservare un declino con l'età nella curva marginale.
PROBLEMA: come tenere allora conto della frailty individuale?
I primi ad affrontare in modo esplicito il problema sono stati Vaupel, Manton e Stallard nel 1979 (anche se il problema era stato messo in luce già dal modello di Perks nel 1932). Un modello base per mortalità con frailty è h(x, z) = z h0(x) dove (z) è la specifica realizzazione della variabile Z (che segue una data distribuzione, da specificare):
- Rappresenta il rischio all'età x dell'individuo con frailty Z=zh(x, z)
- Rappresenta il rischio di base
livelloindividuale il rischio, h0(x), cresce secondo la legge di Gompertz, il rischio osservato a livello digenerazione (rischio marginale), h(x), cresce più lentamente (perché è il prodotto di h0(x)moltiplicato per una quantità che diminuisce al crescere di x).Sul fatto che i rischi individuali di morte alle età anziane, ed in particolare quelle dei grandi anziani(dopo gli 80 anni, ed ancor più dopo i 100) crescano a ritmi costanti (legge Gompertz), oppure a ritmiaccelerati, oppure rallentino, o raggiungano un plateau (logistica), o addirittura possano diminuirecon l’età non c’è ancora definitivo consenso in letteratura. Il riferimento principale continua ad essereil modello di Gompertz, ma altre traiettorie sono possibili.
Processo riproduttivo elementi di base (Slide 8)
La capacità di crescita di una popolazione può essere espressa in funzione di due parametrifondamentali:
- l’intensità della fecondità ("numero medio di figli per donna") e della durata di sopravvivenza. Vedremo più avanti i modelli di popolazione, che avranno alla base le dinamiche di fecondità e sopravvivenza. Ci soffermiamo ora invece sulla misura e lo studio di tali due comportamenti (sopravvivere e riprodursi). I modelli di mortalità/sopravvivenza li abbiamo già visti, passiamo adesso a trattare aspetti del processo riproduttivo. Per tutta la storia dell'umanità fino sostanzialmente agli ultimi decenni del XIX secolo (inizio della Transizione "riproduttiva"), nascevano in una famiglia semplicemente tanti figli quanti ne arrivavano. Ovvero l'attività riproduttiva non era in generale soggetta ad alcun controllo deliberato e intenzionale (le coppie non si ponevano il problema di quanti figli desideravano avere). La fecondità in modo "naturale" veniva comunemente.
- Lunghezza del periodo fertile (menarca e menopausa)
- Fecondabilità
- Mortalità intrauterina
- "Tempo morto" negli intervalli tra le nascite
- (Allattamento)
- Età alla formazione della famiglia (matrimonio/convivenza)
- Frequenza rapporti
- Contraccezione, IVG
- Fattori biologici (A)
- Per la donna (+ che per l'uomo) la riproduzione può essere esercitata in un periodo limitato della propria vita. Il limite inferiore: menarca (o pubertà). Limite superiore: menopausa.
- Età al menarca: è l'età alle prime mestruazioni, ingresso femminile nella vita riproduttiva. In realtà le capacità piene di concepimento si raggiungono 1-2 anni dopo le prime mestruazioni (tempo necessario all'organismo per "imparare" a ovulare regolarmente). L'età al menarca varia da persona a persona all'interno della stessa popolazione, in media da una popolazione all'altra e in media nella stessa popolazione nel corso del tempo. È l'esito di un processo di sviluppo corporeo che rende atto l'organismo a generare. Vari fattori possono agire su tale processo, accelerandolo o ritardandolo. Ad esempio,
- l'evento finale,
- Fecondabilità
- Fecondabilità (totale) prob. di concepimento (in un ciclo ovulatorio)
- Fecondabilità riconoscibile: probabilità di un concepimento identificabile dal non arrivo delle mestruazioni a fine del ciclo, dove u è la probabilità che l'ovulo fecondato non si impianti FR = (1-u) FT (si abbiano un aborto spontaneo nelle primissime fasi).
- Fecondabilità effettiva: probabilità di un concepimento che porti a un nato vivo FE = (1-v) FR, dove v è la probabilità di aborto spontaneo tardivo o di natimortalità.
Definizione del demografo francese Louis Henry intendendo con ciò un comportamento riproduttivo che non muta in funzione dei figli via via avuti (ovvero per quanti bambini si aveva non si faceva nulla per ridurre il potenziale arrivo di altri figli). Il termine "naturale" non deve però trarre in inganno. Non significa infatti che i livelli complessivi di fecondità non variassero nel tempo e da una popolazione ad un'altra. La fecondità (il "fare figli") dipende da
Cosa sta alla base di tale forte variabilità della fecondità?
Fattori sia biologici che socio-culturali.
Fattori biologici (A)
Fattori socio-culturali (B)
Il periodo della menopausa termina comunque qualche anno prima della menopausa. L'età alla menopausa tende a variare sia da donna a donna (ancor più rispetto all'età al menarca) sia, in media, da una popolazione all'altra. Una povera alimentazione tende ad anticiparla, scendendo anche vicino ai 44-45 anni. Anche il fumo tende a ridurla di 1-2 anni. Vi sono evidenze di un aumento nel tempo nei paesi occidentali, fino ad arrivare anche oltre i 50-51 anni. Ancora maggiore, ovviamente, la variabilità a livello individuale. In alcuni soggetti può avvenire anche prima dei 40 anni, in altri verso i 55. Le cause di una così elevata variabilità individuale non sono ancora ben note. Non ci sono evidenze empiriche di una relazione con l'età al menarca (a parità di altri fattori).
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