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LA DETERMINAZIONE DEL REDDITO NAZIONALE
Il reddito di un’economia
Il prodotto (o reddito) di un’economia è dato dal valore di tutti i beni e servizi finali prodotti dall’economia
considerata in un dato periodo di tempo. L’economia e i suoi soggetti possono essere individuati secondo
due criteri:
Territorialità: vi fanno parte tutti gli individui residenti in un particolare territorio. In tal caso si ottiene
il PIL (Prodotto Interno Lordo)
Nazionalità: in tal caso si ottiene il PNL (Prodotto Nazionale Lordo)
Ad esempio, in Italia: il prodotto dello straniero che lavora in Italia rientra nel PIL ma non nel PNL (per il
criterio della territorialità). Il prodotto dell’italiano all’estero rientra nel PNL ma non nel PIL (per il criterio
della nazionalità).
Se l’economia produce n prodotti finali, la cui quantità è rappresentata da q e il cui prezzo è rappresentato
da p, il prodotto dell’economia (Y) risulta essere:
= + + ⋯+ =
Possiamo dire che il reddito di un’economia può essere calcolato:
Sommando il valore di tutti i beni finali prodotti dall’economia
Adottando il metodo del valore aggiunto (la differenza tra il valore del bene alla fine e all’inizio del
processo produttivo): si sommano i valori aggiunti relativi a ogni stadio produttivo
Una variazione del reddito può essere dovuta a:
Una variazione dei prezzi
Una variazione delle quantità prodotte
Misurare il PIL con il metodo basato sulla spesa.
Il PIL è composto da beni e servizi e ha quattro categorie di utenti che ne fanno utilizzo:
Famiglie
Imprese
Settore pubblico
Settore estero
Gli economisti ipotizzano che tutti i beni e servizi finali prodotti dall’interno di un paese in un certo anno
verranno acquistati e utilizzati da soggetti economici appartenenti a uno o più di questi quattro gruppi. La
relazione tra PIL e spesa in beni e servizi finali può essere espressa da: Y = C + I + G + NX. Dove C è la spesa in
consumi, I è l’investimento, G sono gli acquisti pubblici e NX sono le esportazioni nette.
Le ipotesi fondamentali dell’analisi keynesiana.
Secondo il punto di vista dei keynesiani l’ipotesi di mercato dei beni di concorrenza imperfetta è più coerente
con la realtà economica, in quanto le imprese, variando la quantità prodotta, possono influire sul prezzo di
mercato. Una seconda importante ipotesi keynesiana
è che le imprese abbiano convenienza a tenere i prezzi
fissi a un dato livello . In sintesi, le due ipotesi
̅
dell’analisi keyonesiana sono:
Il mercato dei beni opera in concorrenza
imperfetta
Le imprese hanno convenienza a mantenere i
prezzi fissi.
In figura è rappresentato il mercato dei beni finali
visto dai keynesiani. Una riduzione della domanda
aggregata, a qualunque livello dei prezzi, porta a una
riduzione del prodotto di equilibrio di economia.
Questo risultato viene sintetizzato dal principio della
domanda effettiva: << è la domanda aggregata a determinare il livello di prodotto (di equilibrio)
dell’economia >>. Se l’economia non fosse in equilibrio, l’aggiustamento all’equilibrio non avverrebbe tramite
variazioni prezzo, ma attraverso la quantità prodotta l’offerta aggregata si adegua ai livelli di reddito
stabiliti dalla domanda, in particolare:
In caso di eccesso di offerta: parte della produzione viene immagazzinata e le scorte aumentano in
modo indesiderato la produzione diminuisce per ridurre le scorte al livello desiderato
In caso di eccesso di domanda: le imprese utilizzano le scorte di magazzino per far fronte alla
domanda questa variazione indesiderata spinge le imprese ad aumentare la produzione per
ricostituire le scorte
La funzione del consumo
Oltre al principio della domanda effettiva, una seconda
importante innovazione teorica di Keynes in materia di mercato
dei beni riguarda la funzione del consumo. La funzione del
consumo dipende dal reddito corrente (dal prodotto
dell’economia) in quanto le famiglie decidono quanto
consumare sulla base del proprio reddito corrente. Possiamo
0 0
dunque scrivere: C = C(Y ) dove Y sta a indicare l’offerta
dell’economia. Prendendo per semplicità una funzione
keynesiana del consumo lineare, possiamo scrivere:
= +
Dove: a rappresenta il consumo di sussistenza
dell’economia, vale a dire quanto l’economia deve
consumare per sopravvivere anche se non produce; b
rappresenta il rapporto incrementale tra consumo e
reddito ( ) che si chiama propensione
=
marginale al consumo (PMG ) e rappresenta la parte di
c
incremento unitario del reddito che viene consumata
esso è < 1 perché è ragionevole pensare che non tutto
l’aumento del reddito verrà consumato. Oltre alla
propensione marginale al consumo, definiamo la
propensione media al consumo (PME ) la parte di
c
reddito che viene consumata: PMG = C/Y che nel caso di una funzione lineare risulta:
c
= = +
Esso decresce all’aumentare del reddito dell’economia, in quanto al crescere di Y il consumo di sussistenza
medio (a/Y) si riduce, mentre il consumo variabile medio rimane costante.
Data la funzione del consumo possiamo anche ricavare la funzione del risparmio. Il risparmio è dato dal
reddito prodotto dall’economia al netto del consumo, quindi:
0 0
S = Y -C(Y ).
Le ipotesi del modello macroeconomico keynesiano.
Il mercato dei beni è indipendente da quello della moneta
Vale il principio della domanda effettiva
Prezzi costanti e pari a 1 (normalizzazione dei prezzi)
0 d
Y = Y = Y
Il reddito di piena occupazione Y è dato in quanto l’orizzonte temporale a cui ci riferiamo è troppo
p0
breve per consentire variazioni della produttività
C = a + bY
I = I (investimenti)
0
G = G (spesa pubblica)
0
La domanda aggregata è pari a d
Y = a + bY + I + G
0 0
o d
La condizione di equilibrio è Y =Y =Y Y = a + bY + I + G
0 0
∗ con Y*<Y
= ⋅ + + p0
Il livello del reddito di equilibrio è quindi dato dal prodotto tra la domanda aggregata esogena e il
moltiplicatore keynesiano (m > 1): Am dove A = a + I + G ed .
=
0 0
Il Principio del moltiplicatore.
Dato un livello (variazione) di domanda aggregata esogena A, il livello (variazione) del reddito di equilibrio
risulta più che proporzionale nella misura stabilita dal coefficiente m, a patto che vi siano sufficienti risorse
produttive inutilizzate. Tale principio può essere enunciato sulle variazioni piuttosto che sui livelli: data una