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NARRAZIONE, ESPERIENZA E MONDI MORALI LOCALI

Il concetto di incorporazione è cominciato ad essere utilizzato a partire dagli anni 90 nell’antropologia medica.

Keinman e Good si sono concentrati nel trattare il tema della sofferenza, utilizzando un approccio

fenomenologico, volto a mettere in luce il significato della malattia e della sofferenza in quanto esperienze

esistenziali; e hanno parlato dell’esperienza come elemento di mediazione tra i processi storico­ sociali e

dimensioni personali. In particolare, Kleinman si concentra prevalentemente sul concetto di sofferenza e

sull’influenza che su di essa hanno i sistemi di costruzione di significato.

Good si concentra sul corpo in quanto attore di esperienza, e adotta un approccio narrativo pe studiare la

sofferenza, la quale viene vista come una dimensione in cui viene attaccato il normale andamento dell’esistenza.

La narrazione viene vista come dispositivo per dare senso all’esperienza e viene visto come occasione per

lavorare alla ricostruzione di un mondo sovvertito dall’irruzione di una presenza inedita, quale la malattia e la

sofferenza stessa.

6 LA SOFFERENZA E LA SUA TRASFORMAZIONE PROFESSIONALE: verso un’etnografia dell’esperienza

interpersonale

Interpretazione ed esperienza

In antropologia medica, le descrizioni dei disturbi e le spiegazioni riguardo la malattia di una persona, si pensi

rispecchino un particolare ordine morale. Attraverso archetipi manifesti e processi sociali invisibili, si mette in

luce come il dolore e le modalità in cui si configura la ricerca di aiuto riproducano un universo culturale che

l’antropologo può interpretare.

Attraverso questa strategia interpretativa, l’antropologo mette in evidenza come il clinico rielabora la prospettiva

del paziente giungendo ad una diagnosi e prescrivendo cure che riproducono l’ordine del discorso della

professione medica e che ne rispecchiano i presupposti economici e politici. Quando uno psichiatra spiega

condizioni oggettive di vita­ come la logorante quotidianità della povertà nei ghetti urbani­ con una diagnosi di

disturbo depressivo o post traumatico da stresso, delegittima le dimensioni morali e politiche della sofferenza del

paziente.

Tuttavia anche gli antropologi possono cadere nello stesso errore di ridurre l’esperienza in categorie se la malattia

viene interamente reinterpretata in termini di ruoli sociali, strategie sociali, simboli sociali. Le analisi

antropologiche, se lontane dall’esperienza, rischiano di delegittimare le condizioni umane del soggetto in

questione.

Categorie per una etnografia dell’esperienza

Un’etnografia dell’esperienza ,interessata allo studio della malattia e della sofferenza in generale, per resistere alla

decostruzione professionale de­umanizzante e diventare più autoriflessiva circa la specificità umana

dell’esperienza, cosa dovrebbe fare? Intanto è bene parlare dell’esperienza come il prodotto di categorie culturali

e strutture sociali che interagiscono con processi psicofisiologici; come il flusso vissuto di quel medium

intersoggettivo. Bourdieu la vede coma la matrice sociale da cui si struttura l’habitus, e dove gli stati mentali/

corporei condivisi strutturano le relazioni sociali. C’è da mettere in evidenza secondo Kleinman, che la

preservazione della vita, dell’ambizione, del prestigio ecc, possono essere considerate strutture di pertinenza per

le condizioni umane condivise nelle società; ciò che è in ballo nelle dimensioni quotidiane della vita differisce

,tuttavia, in base alla cultura, alla personalità, alla storia, e alla specifica situazione, pertanto, ciò che conta nei

contesti di vita è generalmente indeterminato. Il fatto che queste strutture delle condizioni umane siano discutibili,

indeterminate e in continua trasformazione, implica che le descrizioni dell’etnografo riguardano sempre un

mondo morale locale che può essere conosciuto solo in modo parziale. L’etnografia, pertanto, dovrebbe

interpretare ciò che è in gioco in particolari situazioni specifiche.

Fare riferimento ad una lista di categorie etnopsicologiche in sé può fornire il terreno adeguato per comprendere

ciò che viene condiviso nelle condizioni umane e quali processi psicologici e sociali mediano l’esperienza; ma

l’etnografo deve continuamente cambiare le proprie lenti; da un lato deve interpretare i modelli di significato in

situazioni specifiche grazie a categorie prossime all’esperienza, dall’altro lato deve essere distante proprio per

queste categorie vicine all’esperienza; pertanto utilizzare le categorie etnopsicologiche è essenziale ma non

sufficiente.

La sofferenza umana

Kleinman ha mostrato come il significato culturale è uno dei disparati significati della malattia, e come vi sono

anche significati personali e interpersonali di questa; pertanto creare archetipi culturali per interpretare la

sofferenza è poco sufficiente come lo è la biomedicina quando cerca di spiegare il dolore soltanto in termini

biologici.

La sofferenza può essere definita in una prospettiva storica, transculturale, come un aspetto universale

dell’esperienza umana, in cui gli individui e i gruppi devono subire o sopportare specifici problemi, lesioni fisiche

o spiritali. Ci sono varie forme di sofferenza; ordinarie, come la malattia cronica o la morte, o legate ad esperienze

di deprivazione e sfruttamento, degradazione e oppressione, cui sono esposte alcune categorie di individui,

sofferenze legate a esperienze estreme come l’Olocausto, la bomba atomica. Il significato culturale della

sofferenza può essere elaborato in modo diverso, ma l’esperienza intersoggettiva della sofferenza è parte

integrante della condizione umana, a prescindere dal tipo di società.

Esposizione del caso

In questo caso si tratta l’esperienza del disagio personale e politico attraverso la somatizzazione. Huang Zhenyi è

un lavoratore cinese che soffre di depressione da quando aveva trent’anni, egli attribuisce il suo mal di testa

cronico, le sue vertigini, all’esperienza infantile traumatica, durante la Rivoluzione Culturale. Una volta a scuola,

qualcuno aveva attaccato un pezzo di carta con scritto “Abbasso il presidente Mao”. Non sapendo cosa fare di

questo, corse da un suo amico per dirglielo, e questi gli disse di comunicarlo ai capi della comune. Huang lo fece,

ma venne accusato dagli stessi che cominciarono a minacciarlo dicendogli che non lo avrebbero fatto tornare a

casa se non gli avesse detto da chi era stato scritto quello slogan. Huang, non sapendolo, non parlò e venne

rilasciato soltanto la sera del giorno stesso, tornando dalla mamma che era molto preoccupata. La mattina dopo gli

stessi agenti si recarono a casa di Huang , lo portarono nell’ufficio della pubblica sicurezza e gli assicurarono che

non avrebbe lasciato la stanza se non avesse confessato; Huang allora si assunse la responsabilità per aver scritto il

cartello. Quando tornò a casa, disse a sua madre di aver scritto lui il cartello, per paura che la madre potesse

creare ulteriori problemi ,se avesse saputo la verità. La madre pianse e imprecò contro di lui. Un’altra esperienza

molto toccante di Huang risale ai suoi 8 anni. Era andato con diversi compagni a pescare e ritarò a lezione.

L’insegnante li punì chiudendoli in una stanza con i muri di fango, dalla quale riuscirono a scappare. Il giorno

dopo Huang venne punito dall’insegnante, la quale, dapprima, gli ordinò di pulire la scuola invece di studiare, ma,

poiché Huang rifiutò, l’insegnante lo umiliò davanti gli altri insegnanti: venne costretto a marciare per la cittadina

indossando un berretto con le orecchie da somaro; poi fu mandato a lavorare come contadino invece di studiare,

facendo un lavoro da adulto. Ogni giorno doveva fare autocritica ad alta voce, e, sebbene volesse urlare a tutti la

verità, non riusciva a rompere il silenzio. Dopo un anno i suoi compagni di lavoro lo elogiarono per avere svolto il

mestiere di un adulto e per avere supportato la sua punizione in silenzio. Furono loro a supplicare le autorità locali

affinchè gli fosse permesso di tornare a scuola; e così fu. Haung da più grande lasciò il suo villaggio e si trasferì

in un villaggio rurale di un’altra provincia, portò a termine gli studi in questo luogo in cui la sua storia era

sconosciuta. Diventò un grande lavoratore e si associò al Partito Comunista. La Madre di Huang morì senza

sapere della reale innocenza del figlio; a ciò Huang attribuisce la causa dei suoi sentimenti di disperata vergogna e

odio per se stesso. Huang i stente depresso e disperato, arrabbiato nei confronti dei tre poliziotti e del suo

compagno; bricia dentro per il forte senso di ingiustizie, ed è terrorizzato che qualcuno, nel partito, possa venire a

sapere del suo passato e non espellerlo. Huang crede che non si riprenderà mai da tutto questo, che ciò abbia

condizionato il suo carattere, rendendolo introverso e incapace di fidarsi degli altri, lasciandogli dentro un forse

senso di sconfitta che lo rende apatico e che gli procura vertigini e senso di inutilità.

Ciò che si vuole evidenziare attraverso questo caso, è che l’evento della Rivoluzione Culturale ha profondamente

condizionato la vita di intere generazioni di cinesi; tuttavia, a differenza di altri individui, Huang non ha dovuto

affrontare la perdita fisica dei suoi parenti, ma la perdita della sua autostima, della fiducia in se stesso, del

rapporto con i membri della sua famiglia, la speranza nel futuro e in quello della sua società. L’angoscia e la

demoralizzazione di Huang sono forse più grandi di quelle di altri, a causa della sua personale vulnerabilità, e ciò

ha fatto sì che sviluppare un disturbo maggiore rispetto agli altri. Tuttavia, sebbene siamo sicuri di quanto la

Rivoluzione Culturale abbia lasciato molti segni nelle varie generazioni, non posiamo affermare che essa abbia

avuto gli stessi effetti che ha avuto su Huang.

I disturbi di Huang, inoltre, richiamano ad una metafora fondamentale della medicina cinese tradizionale: quella

dell’equilibrio, dell’armonia tra macrocosmo e microcosmo. La disarmonia di Huang dovuta alle sue esperienze

passate, disarmonizza le sue emozioni e genera in lui la malattia. Pertanto questa storia racchiude molto più di una

semiotica culturale dei sintomi e della malattia; non possiamo non considerare il significato morale che la malattia

ha avuto per lui; né possiamo interpretare questa storia solo in termini psicodinamici o politici; ci sono delle

componenti diverse in quanto, come esperienza di sofferenza, racchiude molteplici significati divergenti.

La sofferenza nella cultura cinese: i limiti di un’analisi culturale

Heins Potter, un antr

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A.A. 2014-2015
41 pagine
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SSD Scienze mediche MED/04 Patologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alibaba2 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicopatologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Profita Gabriele.