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SISTEMA VERBALE: il sistema verbale delle lingue romanze è ancora più diverso dal latino di quello nominale. Il
latino possedeva 4 coniugazioni, tre tempi principali, tre modi e due aspetti, perfettivo e imperfettivo. Inoltre
possedeva tre persone al singolare e tre al plurale, tre infiniti, participi, un supino, gerundio e gerundivo. Il
sistema delle lingue romanze ha totalmente ricostruito lo schema verbale latina attraverso la perifrasi. In latino ad
esempio era possibile esprimere un’azione con il verbo “habere” e il participio passato (hanno occupato) che in
latino aveva valore di perfettivo, diverso dal verbo temporale. Oggi la forma perfettiva rappresenta il passato
prossimo e quella temporale il passato remoto. Il futuro del latino classico ha invece forme diverse nelle diverse
coniugazioni e infatti il futuro latino non si è continuato: una delle soluzioni per creare questo tempo era quella di
inserire il presente accompagnato da un avverbio di tempo (domani vengo), oppure attraverso una perifrasi creare
il futuro con “velle” utilizzato molto in rumeno; “debere” che ritroviamo in sardo o in tutte le altre lingue con
“infinito + habere”. Ritroviamo ad esempio “cantare habeo che inizialmente assumeva un senso di obbligo, devo
cantare ma a poco a poco prevale il valore di azione futura (canterò). Il futuro prossimo in alcune lingue invece si
forma con la perifrasi vado, più l’infinito oppure vado ad con l’infinito: portoghese “vou cantar”, francese “je vais
chanter” e spagnolo “voy a cantar”. Un’altra perifrasi poteva essere formata con l’imperfetto di “habere”: “amare
habui” diventa in italiano “amerei”. Quindi in questo caso la perifrasi ha assunto il valore di condizionale che il latino
non possedeva, un nuovo tempo verbale che esiste in tutte le lingue romanze.
ORDINE DELLE PAROLE: l’ordine delle parole in latino non ha mai avuto una grande importanza: la funzione
sintattica inserita nelle desinenze delle parole permetteva perfino di allontanare un aggettivo dal sostantivo a cui
si riferiva. Altrettanto libera era la posizione del verbo, anche se il latino classico lo preferisce in terza posizione,
e dei complementi. Tutto ciò non avviene però nelle lingue romanze: la posizione dell’articolo ad esempio, è fissa e
precede sempre il nome ad esclusione del romeno. L’aggettivo non è più separato dal nome, ma lo segue
generalmente. I quantificatori precedono sempre il nome (si dirà sempre 44 gatti e non viceversa); l’oggetto segue
il verbo nei composti verbali (ho mangiato la torta) e lo stesso accade anche con gli altri complementi. Quanto alla
posizione del verbo, generalmente questo segue il soggetto e precede l’oggetto, sequenza che in francese è
diventata obbligatoria.
LA SUBORDINAZIONE: in latino la subordinazione veniva fatta con il soggetto in accusativo invece del
nominativo, e il verbo all’infinito: si diceva quindi “credo te una regina essere”. Questo tipo di frase viene chiamata
oggettiva, perché “una regina essere” costituisce l’oggetto di “credo”. Nelle lingue romanze questo tipo di
costruzione è stata sostituita da “quod” (che), seguito dal congiuntivo o indicativo (credo che tu sia una regina).
IL CAMBIAMENTO DEL FRANCESE E DELLO SPAGNOLO: nel corso della loro storia, le lingue romanze non
sono rimaste immutate: il francese e lo spagnolo soprattutto, sono molto diversi da quella che era la loro lingua
medioevale a differenza dell’italiano. Infatti se un italiano può leggere Dante, in Francia solo chi ha studiato il
francese arcaico non avrà problemi di comprensione nel leggere opere letterarie medioevali. In particolare il
francese ha visto il dileguamento delle uscite consonantiche in “t”, in “s” e in “nt” le quali avevano importanti
funzioni morfologiche. Perdendo la “s” inoltre, è difficile distinguere i singolari, soprattutto nel parlato. La
distinzione di numero è stata poi recuperata inserendo un prefisso al sostantivo, l’articolo che lo precede infatti
viene pronunciato in modo diverso: diremo “le champ” e “les champs”. La perdita della “s” ha gravi conseguenze
anche nella coniugazione dei verbi al presente, poiché in molti casi 4 delle persone del tempo, verranno pronunciate
in modo uguale: il verbo chantare viene coniugato “je chante tu chantes il chants, ils chantant”, il suono quindi è lo
stesso, e anche questa volta il problema è stato risolto inserendo un elemento a sinistra, il pronome personale
obbligatorio. Altra differenza che riscontriamo se leggiamo un testo francese del XII secolo, è la posizione del
verbo: il francese aveva infatti lo schema O V S, il cosiddetto verb second, che viene a perdersi man mano che il
soggetto diventa obbligatorio e deve quindi sempre precedere il verbo, ma anche il soggetto può essere preceduto
da un avverbio o da un complemento. Lo spagnolo invece cambiò di meno rispetto al francese: questo possedeva la
sorda e la sonora non soltanto nelle occlusive ma anche nelle fricative e nelle affricate (ts e dz affricate e s z
fricative). Il sistema entra in crisi quando nella pronuncia non vi è più tanta differenza tra queste consonanti,
l’elemento sonoro viene immerso in quello sordo: passar e oso venivano pronunciati entrambi con la s, creando così
un gran numero di omofoni. In epoca moderna, la conseguenza di tale fenomeno emerge nel fatto che lo spagnolo ha
un sistema consonantico molto semplice, che finisce per utilizzare l’opposizione tra sordo e sonoro solo per le
occlusive e ha una sola affricata scritta (ch), per un totale di appena 17 fonemi consonantici.
RAPPORTI CON ALTRE LINGUE: le lingue romanze sono state, durante la loro storia, a stretto contatto con
altre lingue, innanzitutto con la lingua madre, il latino, che non solo le ha “generate” ma continuava ad influenzarle,
in quanto era la lingua della chiesa, della cultura e della scuola. Solo il rumeno resta al margine di tale rapporto, in
quanto la lingua della chiesa ortodosse è stata il greco. L’effetto più evidente di questo rapporto con il latino, è la
presenza di prestiti lessicali nelle lingue romanze: le parole originate dal latino, che nel corso del tempo hanno
subito evoluzioni e modifiche vengono dette patrimoniali, quelle invece che sono state reintrodotte dal latino, da
chi il latino lo conosceva bene, vengono detti prestiti. “Orecchio” ad esempio, deriva dal latino “auricola”, quindi è
una parola che è derivata dal latino, è patrimoniale; ma “auricolare” non presenta variazioni, ciò vuol dire che esso è
un prestito dal latino. In francese tale rapporto si riflette nel fatto che la lingua tende ad eliminare le vecchie “s”
latine quando precedono una consonante: “schola” ad esempio è diventata “ecole”. Ma sempre in francese ritroviamo
altre parole di uso colto in cui la “s” non si è dileguata “da spiritum” abbiamo “esprit”. Solo una piccola parte dei
prestiti latini però,vengono mantenuti così come sono, senza alcun adattamento alla lingua corrente, e solitamente
si tratta di termini religiosi e scientifici: pancreas, credo. La possibilità di prendere a prestito delle parole dal
latino ha dato origine a una vasta quantità di coppie di parole, le quali derivano dalla stessa origine, ma oltre ad
indicare due significati diversi, sono di formazione diversa: una è patrimoniale l’altra un prestito. Ad esempio:
angoscia è di origine patrimoniale ma angustia è un prestito. Lo stesso meccanismo accade anche nella flessione: è
un latinismo il superlativo “issimu” in “bravissimo” o gli avverbi che terminano in “mente” come “nobilmente”. Anche
la sintassi è stata fortemente influenzata dal latino, basti pensare ad un fenomeno in particolare: il verbo alla fine
della frase “come Dio vuole” ad esempio. Tutto ciò ovviamente ha permesso alle diverse lingue, influenzate chi più e
chi meno dal latino, di accrescere la somiglianza tra loro. Il latino aveva avuto per secoli, rapporti stretti con il
greco, da cui ha ereditato una vasta gamma di parole, che sono state importate anche nelle lingue romanze. Le
cause di questo tipo di rapporto vanno ricercate nell’enorme prestigio che aveva Bisanzio (odierna Instambul
Turchia), infatti parliamo di un greco bizantino, della presenza politica dei greci a Venezia, senza parlare poi del
rumeno che ha subito l’influenza bizantina sia prima che dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi
ottomani. I termini greci bizantini, hanno ritrovato riscontro in tutte le lingue romanze: “protocollum” ad esempio
lo ritroviamo in italiano come “protocollo”; in francese come “protocol” e in spagnolo e portoghese come “protocolo”.
Anche nell’ambito ecclesiastico e politico ritroviamo parole bizantine quali: monaco, paradisus, catasto, schiavo. La
marineria bizantina fu a lungo la più potente del Mediterraneo: per questo abbiamo gondola, pilota, sandalo. Il
greco però è stato anche un importante sostrato per l’Italia meridionale e la Sicilia, non abbiamo quindi solo termini
che sono stati assimilati e penetrati dal latino. In queste zone ad esempio ritroviamo l’infinito debole o del tutto
assente, sostituito da “mu o mi” al presente indicativo: voglio mangiare in Calabria si dirà “vogghiu mu”. Molti testi
latini inoltre, sono stati scritti in alfabeto greco: abbiamo un esempio di traslitterazione. “Ager” ad esempio, in
latino non viene distinta la pronuncia della “g” da quella della “gh”,che magari poteva essere trovata in greco. I
progressi della scienza hanno favorito la nascita di nuovi termini, molti dei quali sono nati ricorrendo al greco
antico: i suffissi come grafia, logia, mania ad esempio. Per molti anni, l’impero romano latino, venne occupato in
alcune aree, e in particolare in Spagna e in Sicilia, dalle popolazioni arabe. Quest’occupazione favorì moltissime
conversioni e tante furono le province che man mano si arabizzarono, basti pensare al fatto che Siviglia restò sotto
il controllo musulmano per ben 536 anni. Al momento della riconquista erano in pochi ad aver mantenuto la varietà
romanza. L’influsso arabo sul latino, avvenne anche per un’altra ragione: l’importanza dei traffici commerciali tra i
paesi arabi e quelli romanzi. L’arano pre-coranico, e cioè quello diffuso prima di Maometto, aveva ricevuto qualche
latinismo, ritornato poi alle lingue romanze con la forma e con il significato arabo: “castrum” è diventato “qasr” in
arabo