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Al crescere della cricca, al fine di mantenere costante il ΔK, si diminuisce
progressivamente la tensione applicata, questa operazione si effettua con un
controllo in ciclo chiuso della macchina che effettua il test.
Regioni di crescita della cricca per fatica − ∆,
Per ora nei grafici sopra illustrati abbiamo visto solo una regione della curva
altre prove hanno evidenziato la presenza di due asintoti uno a sinistra per valori di
∆ piccoli tali da non fare crescere la cricca e uno a destra per valori più grandi tali da
raggiungere il valore critico della tenacità a frattura del materiale K e dunque portarlo
c
a rottura.
Questi sono rappresentati nel seguente grafico: 7
− ∆
Riportando la curva in scala logaritmica si possono individuare 3 regioni,
come si vede dalla figura precedente:
Regione del ΔK di soglia
Regione di Paris
Regione di rottura
Regione del ΔK di soglia
Il ΔK di soglia si riferisce a cricche che sono cresciute fino dimensioni macroscopiche
oltre il ΔK di soglia, ma che diminuendo il ΔK sotto il valore di soglia non crescono più.
Per determinare tale limite di soglia, si diminuisce il ΔK fino a quando non si misura
più crescita rilevante della cricca.
Questo può essere fatto in 3 modi, come rappresentato nella seguente figura: 8
Si va a diminuire il valore di K in step, ad ogni step si applica un numero di cicli per
verificare se la cricca continua a crescere, nel momento in cui questa non cresce più
si registra il valore di K.
Nella figura (a) si va a diminuire il valore di lasciando costante la tensione
minima, questo processo non è consigliato, in quanto una riduzione della tensione
massima nei cicli successivi può causare deli effetti di ritardo sulla crescita della cricca,
in quanto il materiale è stato snervato.
Nella figura (b) si fa esattamente l’opposto, ovvero andiamo a diminuire ad ogni step
la tensione minima, qui non sia hanno effetti di ritardo e se la cricca si arresta
possiamo calcolarci il rapporto R.
Nella figura (c) invece teniamo costante il rapporto tra le tensioni minima e massima
R, dunque si vanno a variare le tensioni opportunamente.
Il fattore di intensità delle tensioni di soglia comunque dipende da R, raccomandazioni
per la sua determinazione sono date nelle normative ASTM.
Ma come decidiamo se la cricca si è fermata?
In ASTM si considera la cricca ferma, quando questa si estende di 1 mm ogni 10^7
cicli.
Di seguito si mostra una curva reale ottenuta come best-fit, in cui si riporta
l’avanzamento della cricca per ciclo in funzione del fattore di intensità delle tensioni:
9
Osservazione
Nella figura sono riportati anche i dati riguardanti le microcricche, e queste crescono
anche per livelli di K al di sotto del livello di soglia, al contrario delle macrocricche.
Questo si verifica poiché gli scorrimenti dei piani cristallini avvengono più facilmente
nella superficie del materiale, infatti qui ci sono condizioni più favorevoli per la
nucleazione e crescita delle microcricche.
Inoltre il fattore di intensità delle tensioni, non ha significato nella fase di nucleazione
ma qui chi comanda il fenomeno è il fattore di concentrazione delle tensioni.
Il fattore di intensità delle tensioni è infatti usato per determinare la distribuzione di
tensione in prossimità dell’estremità di una cricca, ove vi si è formata una piccola zona
plastica. 10
Tale discrepanza nel grafico crea problemi nel definire i piani di ispezione.
Regione di Paris
Nella regione di Paris, la relazione tra avanzamento della cricca per ciclo e l’escursione
del fattore di intensità delle tensioni può essere descritta come segue:
= ∆
Dove le costanti C e m dipendono dal materiale, in un piano logaritmico tale relazione
diventa l’equazione di una retta:
= () + (∆)
( )
m diventa la pendenza di tale retta, come si poteva osservare nel grafico in cui si
distingueva le 3 regioni di crescita.
Questa relazione ha dei limiti, in primis non tiene conto dell’effetto di R sulla crescita
della cricca e non tiene conto del comportamento in prossimità degli asintoti nelle
regioni 1 e 3.
Si introduce dunque la seguente relazione:
Dove si è introdotto la tenacità del materiale, una volta che K tende al valore K , il
c
provino arriva a rottura, ovvero si verifica un aumento brusco dell’avanzamento della
cricca in pochissimi cicli, fino ad arrivare all’asintoto della regione 3.
E si tiene conto anche dell’effetto di R. 11
Chiusura di una cricca
Applicando una tensione ad un provino criccato, si provoca l’apertura di tale cricca,
dunque uno spostamento delle sue pareti.
In accordo con le equazioni costitutive che ci danno gli spostamenti in funzione della
tensione applicata, se rimuoviamo la tensione, lo spostamento torna a zero.
Elber scopri che una cricca su di un provino sottoposto ad un carico di trazione si
richiudeva durante lo scarico ancora prima che la tensione tornasse a zero.
Dunque la cricca risultava chiusa ad una tensione positiva.
Questa osservazione fu importante in quanto ha conseguenze sulla crescita della
cricca.
Consideriamo un provino CCT, applichiamo un ciclo di carico, durante questo ciclo
andando da si verificano zone plastiche in prossimità delle stremità della
cricca, dalla definizione di fattore di intensità delle tensioni, siamo anche in grado di
determinare le dimensioni di tale zona plastica.
La zona plastica è allungata nella direzione di carico, è più lunga di quanto fosse prima,
di conseguenza durante lo scarico la zona è compressa e si forma una zona plastica
più piccola (reversed plastic zone).
Ci sono tensioni in direzione opposta di intensità tale da superare il carico di
snervamento del materiale.
Le zone plastiche sono raffigurate ella seguente figura: 12
La zona di plasticità in prossimità della estremità della cricca si forma ad ogni ciclo, e
la cricca cresce lungo le zone di plasticità lasciate ad ogni ciclo precedente. La
deformazione plastica è lasciata nella scia della cricca.
Il materiale nella zona di scia deformata plasticamente è esteso plasticamente in
direzione del carico, questo spiega perché la cricca può chiudersi ancor prima che la
tensione diventi nulla.
Elber osservò la chiusura della cricca misurando lo spostamento di apertura della
cricca (COD CRACK OPENING DISPLACEMENT), tra due punti A e B, come si può vedere
nella prossima figura. 13
Ha misurato COD come funzione della tensione applicata S, la misura del COD inizia
con una parte non lineare fino ad una certa tensione, denominata tensione di
apertura , al di sopra di questo livello si ha una relazione lineare fino alla tensione
massima, lo scarico avviene sulla stessa curva.
Nella parte non lineare il provino si comporta come se la cricca fosse piccola, qui si ha
elevata rigidezza, nella parte lineare la cricca è aperta, aumenta la cedevolezza del
materiale.
La tensione di chiusura approssimativamente è uguale a quella di apertura.
Il fattore di intensità delle tensioni ha significato fin quando la cricca è completamente
aperta, Elber propose che le variazioni di tensione contribuivano alla estensione della
cricca solo se si poteva definire il fattore di intensità delle tensioni, quindi definì un
range di tensione effettiva: ∆ = −
E dunque il corrispondente range del fattore di intensità delle tensioni:
∆ = ∆ √
14
∆
Secondo Elber l’avanzamento della cricca per ciclo dipende solamente da :
Questa relazione include anche l’effetto del rapporto tra le tensioni, poiché la zona
plastica denominata reversed plasticity dipende dalla tensione minima.
Le tensioni di apertura in cicli di carico ad ampiezza costante (CA) sono circa costanti,
sembra che le tensioni di apertura siano indipendenti dalla lunghezza di fessura.
In carichi di ampiezza variabile le tensioni di apertura non sono costanti.
Si può definire U come la percentuale di K in cui la cricca è aperta:
∆
Si può legare con ΔK tramite una relazione e dunque riportare l’avanzamento
∆
della cricca per ciclo in funzione di , ciò che si ottiene è che le curve a differenti
valori di R collassano in una, questo comporta un vantaggio poiché dati sulla crescita
di una cricca ad un certo valore di R possono essere usati per calcolare altri dati di
crescita della cricca a differenti valori di R (vedi figura sotto). 15
Stato di deformazione piano o di tensione piano
Componenti sottili in materiale di leghe duttili sono meglio descritti con lo stato di
tensione piano e presentano zone con deformazioni plastiche maggiori, mentre in
componenti spessi con cricche domina lo stato di deformazione piano si hanno zone
con minor deformazione plastica.
La chiusura delle cricche avviene più facilmente in corrispondenza della superficie del
materiale dove prevale più uno stato di tensione piano, a metà dello spessore del
materiale prevale invece uno stato di deformazione piano, qui la chiusura di una cricca
è più difficile.
La dimensione della zona plastica r è importante per la scia di deformazione plastica,
p
un raggio plastico piccolo favorisce uno stato di deformazione piano, ricordando che
il raggio plastico è proporzionale al rapporto tra fattore di intensità degli sforzi e
tensione di snervamento: 2
∞ ( )
0.2 16
Si giunge alla conclusione che materiali con tensioni di snervamento elevate
presentano deformazioni plastiche inferiori, dunque è favorito lo stato di
deformazione piano, la cricca tende a propagarsi più velocemente.
In particolare lo stato piano di deformazione ha una tensione di apertura inferiore
rispetto allo stato piano di tensione, per stesse storie di carico.
Un esperimento interessante è stato fatto su di una piastra di lega di alluminio 2024-
T3 alclad, con spessore di 10.2 mm larghezza di 100 mm, a cui si è applicata un
= 97
tensione massima con un rapporto tra tensione minima e tensione
massima applicata di R=0.1. = 34
Durante la prova si è registrata una tensione di apertura