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COSTRUZIONE DI MACCHINE II
1. LA VERIFICA PROBABILISTICA
1.1 LA VERIFICA DETERMINISTICA
Si procede con il dimensionamento
- IMPONGO η = 2
- CALCOLO σmax = Mf / Wf = 8Fℓ / πd3 = 8Fℓ / πd3 / 32
- TROVO d imponendo η = 2 → 8Fℓ / πd3 ≤ Rs / η → d
- verifico che σmax ≤ Rs / η → ricavo η
che deve essere maggiore di 1,5
Nella verifica deterministica η = Rs / σmax. Nell'imposizione di η, nella verifica, ignoriamo la variabilità delle grandezze.
1.2 VERIFICA PROBABILISTICA
L'obiettivo della verifica probabilistica è quello di poter abbassare con sicurezza il coefficiente di sicurezza. In questo modo si possono ridurre i costi, però ecco... tutto in completa sicurezza.
In generale si può definire la variabilità del carico e della resistenza nel seguente modo:
RS = RS̄ ± μRS
σmx = σ̄mx ± μσmx
dove μ è la deviazione standard della gaussiana.
Considerando ad esempio σmx esso può essere espressa in funzione di:
σmx = f(d, l, P)
dove anche le variabili sono a loro volta grandezze statistiche:
d = d̄ ± μd
l = l̄ ± μl
P = P̄ ± μP
Nella verifica deterministica chiameremo η il carico (load) e S la resistenza:
η = RS/σmx = S̄/L̄ dove
La variabilità del carico applicato (L) può essere descritto da una gaussiana:
C(L) = 1/√2π * μL e - (L - L̄)²/2 * μL²
funzione di densità di probabilità
La curva rappresenta il campo di variabilità degli sforzi applicati.
Per definizione sappiamo che l'area sottesa alla curva rappresenta le probabilità che il carico, o qualsiasi altro variabile, assuma un certo valore.
La gaussiana C(Z) = 1/√2π μz e- (z - Ẑ)² / 2 μz²
Bisogna dunque trovare μz e Ẑ
Ẑ = S̅ - L̅ poi μz
μz = √ [(∂Ẑ/∂S̅1)² μS² + (∂Ẑ/∂L̅1)² μL²] = √ μS² + μL²
nel caso del perno
σ̅max = √8PL̅/πd³
μσmax = √ [(∂σmax/∂P1)P,L̅,d MP]² + [(∂σmax/∂L̅1)P,L̅,d μL̅]² + [(∂σmax/∂d1)P,L̅,d μd]²
trovati Ẑ e μz, definiamo il margine di sicurezza probabilistico:
ZR = Ẑ/μz = S̅ - L̅/√μS² + μL²
ZR ha le seguenti proprietà:
- Non dipende dalla posizione delle curve C(S) e C(L) lungo l'asse delle ascisse, cioè che conta è la posizione RELATIVA tra le curve
- dipende dalla dispersione di C(S) e C(L) tramite μz dipendente da μS e μL
gruppo α :
Pα = PM PFS
Rα = 1 - Pα
gruppo β :
Rβ = RR RG RA RP RF RC RFC
Pβ = 1 - Rβ
gruppo γ :
Rγ = RPA RLV RGV
Pγ = 1 - Rγ
Rαβ = Rα Rβ
Pαβ = 1 - Rαβ
PTOTALE = Pγ Pαβ
RTOTALE = 1 - PTOTALE
affidabilità dell'intero sistema
Schema d’impianto
IMPIANTO FUNIVIARIO
Si possono ottenere caratteristiche di tipo progressivo combinando opportunamente pacchi di molle in parallelo composti da numeri differenti di molle.
- andamento approssimato
- progressivo
(NB si può ottenere lo stesso effetto usando molle di diverso spessore al posto di ogni pacco)
2.4 INSTABILITÀ A SCATTO
La deformazione di una molla a torsione può essere descritta come un fenomeno unidimensionale di inversione di forma di un anello circolare a sezione rettangolare. Alla sollecitazione dovuta all'inversione, si sovrappone una sollecitazione di flessione, generata dalla variazione dell'angolo conico.
F0 carico che porta a
pacco la molla
ha altezza molla scarica
A.
- 1
B.
C.
rimanendo comunque circolari.
4. Si instaurano tensioni circonferenziali
5. Lo stato di tensione è da considerarsi monoassiale.
2.6.3 TENSIONE CIRCONFERENZIALE
Hp: 1. Consideriamo C il punto di rotazione della sezione. Distante R dall'asse.
2. Supponiamo che C stia sulla stessa retta di G. Lo verificheremo poi.
3. Supponiamo che la sezione ruoti di un angolo α e che P finisca in P'.
PC = ρ
P: {X = ρcosβ, Y = ρsinβ}
Cosa succede alla fibra che passa per P e poi per P'? La fibra si potrà accorciare o allungare.
P → 2πr
P' → 2πr'
→ Abbiamo una variazione di lunghezza la deformazione circonferenziale è:
Eθ = (2πr' - 2πr) / 2πr
(Non abbiamo deformazione radiale)
Consideriamo ora una piastra a mensola. La mensola può essere vista come l'insieme di travi uno affiancato all'altro.
Se accada quello che abbiamo visto prima tra una trave e l'altra si andrebbero a creare dei vuoti. Le travi però devono essere pensate come saldate tra di loro e quindi esse collaborano lateralmente. Ad impedire la deformazione plastica e quindi la creazione dei vuoti si viene ad instaurare un momento detto anticlastico (Mx).
In questo caso σz = 0 σx ≠ 0 e σy ≠ 0
allora:
εx = &frac{1}{E} [σx + νσy]
εy = &frac{1}{E} [σy - νσx]
εz = &frac{-ν}{E} [σx + σy]
Così
σx = &frac{E}{1 - ν2} [εx + νεy]
σy = &frac{E}{1 - ν2} [εy + &D;εx]
dove &frac{E}{1 - ν2} = E* modulo elastico di una piastra
3. GIUNTI
3.1 GIUNTI
Vengono definiti giunti quegli elementi di macchina atti a collegare organi di trasmissione in modo stabile, tali cioè da effettuare un collegamento fisso o difficilmente scioglibile.
Esistono diversi tipi di giunti a secondo dei gradi di libertà che consentono agli elementi accoppiati. Essi sono classificabili in:
-
Giunti rigidi: essi non consentono alcun grado di libertà fra gli elementi accoppiati. Possono essere usati quando gli alberi sono perfettamente allineati ed i supporti non cedevoli, altrimenti il disassamento produce un forzamento e di conseguenza, delle sovrasollecitazioni che potrebbero rompere l'albero, il giunto o rovinare i supporti.
-
Giunti torsionalmente rigidi: essi permettono il disassamento (angolare, parallelo) o spostamenti relativi di modesta entità. Solo quelli articolati accettano spostamenti relativi più ampi.
-
Giunti elastici: essi permettono disassamenti paralleli ed angolari, spostamenti assiali e rotazioni relative di modesta entità.