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• MATERIALI DUTTILI: K ∙C
01
La forza che provoca lo snervamento, e quindi l’inizio della plasticizzazione, è ; il
=
hE j
2
componente può sopportare sollecitazioni ulteriori, e come condizione limite ha
l’estensione della plasticizzazione a tutta la sezione utile del componente, ovvero
V9> hE hE
" ( )
= ∙ − ∙ ℎ = ∙ → = =1→≤ =
hE hE h
V9> "
∙
h
V9>
Durante questo processo viene raggiunto il limite di snervamento nelle sezioni intagliate, e
a seguito della rimozione del carico ciò comporta degli stati di sforzi residui (autotensioni):
la rimozione del carico consiste quindi
nell’applicazione di –F (con modulo
uguale a quello del carico) e quindi
uno sforzo lineare elastico di ,
−
hE
che implica che ogni fibra, prima di
plasticizzare a compressione, può
sopportare uno sforzo di .
−2
hE
CAPITOLO 9: CRITERI DI RESISTENZA STATICA
La condizione limite per i materiali si distingue per:
Materiali fragili: raggiungimento del carico di rottura R ;
Ø m
Materiali duttili: raggiungimento del carico di snervamento R .
Ø sn
• MATERIALI FRAGILI:
In questi materiali la rottura avviene sui piani normali alla
direzione della massima sollecitazione, e, a causa del
mancato snervamento che li caratterizza, in questi materiali
la rottura avviene all’improvviso. I materiali fragili sono
molto più sensibili agli intagli a causa della loro
deformazione plastica nulla, per questo di questi
materiali è molto alto (≈ 3).
CRITERIO DI GALILEO-RANKINE-NAVIER:
Secondo questo criterio il cedimento si
verifica quando uno degli sforzi principali è
uguale allo sforzo a rottura a trazione o a
>
compressione .
; | |
> ;
| |
→ ≤ & ≤
4 ;
Condizione limite per stato di sforzo piano ( = 0)
!!!
• MATERIALI DUTTILI:
Questi materiali sono caratterizzati da snervamento,
strizione e allungamento plastico; il loro comportamento è
simmetrico in trazione e compressione. Viene usato un
parametro di sicurezza inferiore a quello per i materiali
( 1,5)
fragili poiché la condizione limite è lo
≈
snervamento, e il cedimento sono le grandi deformazioni,
quindi c’è più margine di sicurezza.
CRITERIO DI GUEST-TRESCA:
Secondo questo criterio lo snervamento avviene per scorrimento, ovvero quando uno
sforzo tangenziale uguaglia il massimo valore di sforzo tangenziale ottenuto dalla prova di
trazione a snervamento. −
V9>9+g 4 444 hE
≤ = = = =
>Y) Y>>9hh9^9Vg >Y) V9>9+g hE
2 2
hE
∗
→ = − ≤
4 444
R@
Rappresentazione della condizione limite
per stato di sforzo piano ( = 0).
444
Per condizioni di torsione pura le sollecitazioni principali sono = , = 0 = −
à 4 4 444
hE
∗
→ = 2 =
hE
R@ 2
CRITERIO DI HUBER – HENCKY – VON MISES:
Secondo questo criterio la grandezza indice del pericolo è l’energia specifica (per unità di
volume) elastica di deformazione relativa alla variazione di forma, associata quindi al
tensore deviatorico, o energia di distorsione (lavoro di distorsione): G
1 1
hE
G GG IG
[ ( )]
= + + − 2 + + = → =
$ : : G G I I : 44 44
2 2 3
J∗ 4G 44G G
‡
→ = + + − − −
4 44 44 444 444 4
444
Rappresentazione della condizione limite per stato
di sforzo piano ( = 0)
444
4G 44G G
→ − + =
4 44 hE
K
01
Per condizioni di torsione pura = = 0,58
à hE hE
√I
CONFRONTO TRA GUEST-TRESCA E HUBER-HENCKY-VON MISES:
Il criterio di Huber-Hencky-Von Mises viene
supportato dall’evidenza sperimentale, ma
nessuno dei due può essere utilizzato per
descrivere uno stato di sforzo puramente
idrostatico.
CRITERIO DI ROŠ-EICHINGER:
Secondo questo criterio l’indice di pericolo è la sollecitazione tangenziale ottaedrale:
1 √2
‡( G G G
= − ) + ( − ) ( − ) =
.++ 4 44 44 444 444 4 .++,hE hE
3 3
∗
∗ 4G 44G G
t
→ = + + − − − =
5O 4 44 44 444 444 4
444
FLESSIONE – TORSIONE:
In caso di azione di flessione e torsione appartenenti allo stesso piano:
Ø
G G
ˆ‰ ˆ‰
G G
= + Š + = 0 = − Š +
4 44 4
2 2 2 2
∗ J∗
‡ ‡
G G G G
= − = + 4 & = + 3
>Y) >9E
R@
In caso di azione di flessione e torsione non appartenenti allo stesso piano:
Ø = = = −
4 44 444
∗ ∗
> → = − = + < → = − = 2
>Y) >9E >Y) >9E
R@ R@
CAPITOLO 10: FATICA DEI MATERIALI
A seguito della rottura di componenti meccaniche sottoposte a carichi inferiori al limite di
rottura ma variabili nel tempo, si è notato in questi un danneggiamento microscopico che
si accumula nel materiale e si propaga con l’aumentare dei cicli al quale questo è
sottoposto: questo danneggiamento porta poi a cricche di fatica macroscopiche. Le cricche
possono essere originate da difetti già presenti nel materiale a seguito della produzione e
della lavorazione, oppure da danneggiamenti microscopici dovuti alla ripetizione dei cicli di
fatica; nei materiali con struttura cristallina si ha la propagazione della cricca sui piani in cui
vi è il massimo sforzo tangenziale (45° rispetto al massimo sforzo assiale), e questa
propaga per strisciamento fino a rottura, prima della quale si generano le linee di spiaggia
(corrispondeneti ai periodi di arresto delle sollecitazioni).
La fatica di un materiale è caratterizzata da: K LK
./) .31
Sforzo massimo , sforzo minimo e sforzo medio
= = 0;
Ø >Y) >9E >g$ G
K ?K
./) .31
Sforzo alternato ;
=
Ø Y G
K
.31
Rapporto di ciclo = = 1.
Ø K
./)
Il diagramma che caratterizza le prove a fatica per carichi alternati monoassiali è il
diagramma di Wöhler in scala logaritmica o bi-logaritmica, in cui si evidenziano:
Regione I: rottura per un numero di cicli molto basso e sollecitazioni molto elevate;
Ø Regione II: sforzi inferiori alla regione I che causano comunque rotture;
Ø Regione III: sforzi inferiori al limite di fatica no rotture.
Ø à
Le prove di fatica, effettuate per calcolare il su provini standard (d=10mm, Ra=0,3),
`C
si distinguono in assiale, torsionale e flessionale, che può essere alternata, quando l’asse
di sollecitazione del momento flettente è fisso rispetto al provino, o rotante, quando l’asse
di sollecitazione del momento flettente è rotante rispetto al provino (tutti i punti della
superficie esterna sono sollecitati con e ).
>Y) >9E
I risultati ai quali le prove portano si distinguono quindi in:
: (per acciai duttili e flessione rotante
Ø `C n
= , ÷ , );
: (per acciai duttili e fatica alternata
Ø `C Y
assiale ≅ , );
: (per acciai duttili e torsione alternata
Ø `C +
= , ÷ , ).
Le rotture per fatica dipendono da dimensioni, rugosità superficiali e intagli.
EFFETTO DI INTAGLIO A FATICA (K ):
f
1 1
#$
= < = 1 + ( − 1) = = 0 F = 1G < < 1 ( = )
" & " & " " &
%
C
1 +
#$ 1 +
"
In cui è il limite a fatica per provini lisci, è il limite a fatica per provini intagliati, q è
`C `C
la sensibilità all’intaglio a fatica, r è il raggio di raccordo, a (formula di Peterson) è un
parametro caratteristico del materiale e (formula di Neuber) è una caratteristica del
‡
materiale che dipende da . q aumenta all’aumentare del raggio di raccordo e al
>
diminuire della dimensione del grano del materiale (effetto gradiente).
La differenza che intercorre tra K , K e K è che K dipende dal tipo di intaglio, dal materiale
f t s f
e dallo sforzo medio sul grano cristallino più sollecitato, mentre K è il coefficiente di
t
intaglio statico che esprime i sovrasforzi dovuti agli intagli rispetto alla , e K ,
s
E.>
anch’esso di derivazione sperimentale come K , dipende dal tipo di intaglio e dal tipo di
f
cedimento del materiale (rottura duttile K = 1, rottura fragile K = K ).
s s t
EFFETTO DIMENSIONALE A FATICA (b ):
2
L’aumento delle dimensioni comporta una diminuzione del limite di fatica poiché c’è più
probabilità di trovare difetti superficiali dovuti alla produzione o alla lavorazione (effetto
scala) e poiché a pari sollecitazione massima il gradiente degli sforzi è minore e la
sollecitazione media sul grano più esterno risulta maggiore rispetto al caso di un elemento
di dimensioni minori (effetto gradiente). "
()
`C n
=
G
`C n
"
In cui è il limite di fa